sabato 13 dicembre 2014

documento storico

sabato 6 dicembre 2014

il superiore e l'inferiore

"Per il conseguimento e il mantenimento della disciplina sono determinate le posizioni reciproche del superiore e dell'inferiore, le loro funzioni, i loro compiti e le loro responsabilità. Da ciò discendono il principio di gerarchia e quindi il rapporto di subordinazione e il dovere dell'obbedienza". Avete mai pensato a cosa succede se il superiore non agisse solo per il mantenimento della disciplina . Pensa al feudalesimo . Provo orrore nello scrivere questo nell'anno 2014. Leggi tra le righe.Ti prego no credere alle bugie di qualche assassino in divisa . E' solo un assassino. questo vuol dire leggi tra le righe . Non farti imbrogliare . scappa finché sei in tempo . fuggi via.

domenica 30 novembre 2014

Luis Miguel Chiasso, il carabiniere trovato morto all’interno della caserma Salvo d’Acquisto a Tor di Quinto, a Roma 25 Novembre 2014

Suicidio tenente Claudia Racciatti in caserma: forse temeva azione disciplinare venerdì 29 ottobre 2010

Secondo indiscrezioni sembra che il tenente fosse rimasta sconvolta dai sospetti che si erano addensati su di lei in seguito alla denuncia di un furto subito da un commilitone. Secondo fonti qualificate il suicidio è avvenuto proprio durante un interrogatorio da parte dei responsabili della Scuola Alievi Carabinieri che avevano avviato un’inchiesta disciplinare. (…) Era stata avviata un’indagine interna. Il tenente era stata convocata ieri per essere ascoltata dai superiori che dirigono la Scuola di via Giulio Cesare e da un ufficiale del nucleo operativo della Compagnia dei carabinieri di San Pietro. Probabilmente era terrorizzata dall’eventualità di subire un’azione disciplinare, e non ha retto all’angoscia.

articolo stampa

riflessione

Uscire è l'unico modo per dare un senso alla svolta . Uscire vuol dire affidarsi al cielo , lasciarsi alle spalle tutto , ad ogni costo .

domenica 23 novembre 2014

CARABINIERI OGGI

CARABINIERI OGGI, MA E' TUTTO COME IERI. MITOLOGIA CHE TROVA LA SUA SMENTITA NELLA CRONACA . I DATI STATISTICI NON CORRISPONDONO CON LA SITUAZIONE REALE. NELL'ANNO 2014 PENSARE COME NEL 1814 ? PER FARE COSA . A SESSANTA ANNI UN UOMO NON E' LO STESSO CHE A VENTI. E' LA REALTÀ ,E ANCHE SE TI TRAVESTI DA GIOVANE SEI VECCHIO. COSI' QUESTE STRUTTURE SONO QUANTOMENO INATTUALI E ANDREBBERO RADICALMENTE RIFORMATE .

giovedì 22 maggio 2014

suicidi

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2013/03/20/Carabiniere-suicida-comando-provinciale-Udine_8431009.html Un carabiniere si suicida ad Udine, Poliziotto si toglie vita a Locri Bruno Luraghi, 57 anni, era Luogotenente comandante del Nucleo informativo di Udine. Alfredo Modica, di 48 anni, era agente della polizia di stato 21 marzo, 15:13 UDINE - Un carabiniere si è suicidato, sparandosi un colpo alla testa nel suo ufficio nella caserma di viale Trieste, a Udine, sede del Comando provinciale dell'Arma. Il militare si chiamava Bruno Luraghi, 57 anni, originario di Milano, ed era Luogotenente comandante del Nucleo informativo. Secondo una prima ricostruzione, Luraghi è entrato in caserma stamani, intorno alle ore 8.00 ed è andato nel suo ufficio, dove si è sparato con la pistola di ordinanza. Nessuno dei commilitoni ha sentito il rumore dello sparo. Il militare ha lasciato alcuni fogli scritti in cui chiederebbe scusa per il gesto, senza spiegare i motivi del gesto, chiedendo anche di venire cremato. Sul posto si sono recati il Procuratore Aggiunto della repubblica di Udine, Raffaele Tito, il pm di turno, Lucia Terzariol e il medico legale, Carlo Moreschi. Il corpo è stato portato nella cella mortuaria dell'ospedale, dove nel pomeriggio verrà effettuato un esame medico-legale esterno

giovedì 15 maggio 2014

Un caso aberrante, Antonio Cautillo

Un caso aberrante, Antonio Cautillo Scritto da Gilda. Posted in Notizie tratto da http://www.abusodipolizia.it/index.php/news/292-un-caso-aberrante-antonio-cautillo 1 Settembre 2012 Non luogo a procedere. Questa la formula con cui il Mar. dei CC Antonio Cautillo ha superato anche il 7° processo-bis a suo carico, celebratosi alla Corte Militare d’Appello, in Roma. Denunciato ed incriminato per “insubordinazione aggravata con violenza, minaccia ed ingiurie continuate” (p.p. 114/A/10 c/o Procura Militare di Roma), era stato assolto dal Tribunale Militare dall’accusa di ingiurie “perché il fatto non sussiste” e condannato per le restanti imputazioni ad 8 mesi e 15 giorni di carcere. Difesosi presenziando ad ogni udienza, dichiarandosi totalmente estraneo ai fatti presentò una querela per calunnia che il collegio di primo grado non acquisì. La Corte Militare d’Appello riformando però la sentenza di condanna ha sentenziato il 30.5.2012 che il Mar. non avrebbe dovuto essere processato. LA VICENDA È NOTORIA. Destinatario di collegiate “attenzioni” e di continuo “inquisito” è stato costretto a subire un continuo stato di tensione, apprensione ed umiliazione. Poiché attinto, contestualmente ai processi, da una quantità industriale di punizioni, minacce, giudizi offensivi, trasferimenti “coatti” e da ingiurie, nel tentativo di veder tutelata la propria dignità ed ottenere il riesame in autotutela di ogni singolo provvedimento ha presentato, nell’esercizio di un diritto (art.39 del Regolamento di Disciplina Militare, in relazione al D.M. 603/93), 18 istanze ai Ministri della Difesa pro-tempore. Ha accusato nomi e cognomi, circostanze puntualmente definite, ricostruzioni attentamente fatte di omissioni, abusi, illegalità vere e proprie, ottenendo, sinora, 18 silenzi istituzionali – guiness. Per legge ha diritto a provvedimenti espressi entro termini temporali “ordinatori”. Confida nelle Istituzioni, chiede giustizia nelle sedi preposte ma “urta” contro un “muro di gomma” costruito sui silenzi dei Ministri della Difesa e del Comandante CC, suo il dovere istituzionale di una risposta scritta. Difese il collega generale Ganzer dopo la sua condanna a 14 anni di carcere con interdizione perpetua dai pubblici uffici e lo fece immediatamente. Ha denunciato il mobbing ? E’ stato travolto, scientificamente ridicolizzato da una valanga di accuse, depistaggi della sua richiesta di giustizia. Nel frattempo ha perso anche la sua famiglia, il matrimonio è stato annullato con sentenza dello Stato Vaticano. Un caso aberrante: l’incarnazione, in una sola persona, d'una smisurata ingiustizia ed il trionfo dell’indifferenza. I precedenti processi: http://news.liberoreporter.eu/?p=14139 1) Il 30.8.97 viene denunciato ed incriminato (p.p. 855/97 Procura Militare) per “abbandono di posto”, “omessa esecuzione di un incarico”, “disobbedienza aggravata e continuata” ed “insubordinazione con ingiuria”. Cadono tutte le accuse: per “l’abbandono di posto” é assolto il 16.2.98 per “accertata insussistenza del fatto”; per“l’omessa esecuzione di un incarico” é assolto il 9.2.01, sentenza n.32/01, “per insussistenza del fatto”; per “la disobbedienza aggravata e continuata” e “l’insubordinazione con ingiuria” é assolto il 9.2.01, sentenza n.32/01 “perché i fatti non costituiscono reato”. 2) Il 25.10.97 dalla denuncia del 30.8.97 (cui a p.p. 855/97) é incriminato anche, per “abuso d’ufficio”, “falsità materiale commessa da p.u. in atti pubblici”, “falsità ideologica commessa da p.u. in atti pubblici (p.p. 654/97 Procura Ordinaria)”. E’ assolto da tutte le accuse l’11.10.99 per “infondatezza della notizia di reato”. 3) Il 10.6.02 viene denunciato dal Gen. Gasparri ed incriminato per “diffamazione aggravata” (p.p. 0576/02 Procura Militare). E’ assolto il 4.2.09, sentenza n. 13/03 “perché il fatto non sussiste”. 4) Il 27.11.03 é denunciato e incriminato per “disobbedienza aggravata” (p.p. 431/03 Procura Militare). E’ assolto il 10.12.04, sentenza n.35/04, “perché il fatto non sussiste”. 5) Il 29.4.04 viene denunciato e incriminato (p.p. 417/04 Procura Militare) per “diffamazione pluriaggravata”. E’ assolto il 15.7.06, sentenza n.16/05 “perché il fatto non costituisce reato”. 6) Il 15.9.08 viene denunciato e incriminato per “disobbedienza aggravata” (p.p. n. 344/08 Procura Militare Roma). É assolto il 17.11.08, sentenza n.448/08 per “insussistenza del fatto”, fatti per cui ha contro-querelato all’A.G. Nell’Arma vi è una eccessiva tensione disciplinare detenuta da poteri irresponsabili ?

DAL MOBBING AL SUICIDIO

DAL MOBBING AL SUICIDIO: IL CASO DELLA GUARDIA DI FINANZA di Gabriele Pezzano ed Andrea Sardo. Recenti episodi ripresi anche dai principali mass media hanno portato all’attenzione del grande pubblico un fenomeno che agli operatori professionali è noto da diversi anni: l’elevato rischio suicidario fra gli appartenenti alle Forze dell’Ordine ed alla Guardia di Finanza in particolare. Elementi epidemiologici del suicidio in generale. L’Italia è considerata un paese a basso rischio di suicidio rispetto ad altri paesi. Mentre la Scandinavia ha un tasso di suicidi del 25 per 100mila persone, l’Italia è ferma a 9 suicidi per 100mila persone. La prevalenza del suicidio fra maschi e femmine è di 4 maschi per 1 femmina, mentre se consideriamo il tentativo di suicidio la proporzione si inverte: 1 tentativo del maschio per 4 tentativi delle femmine. Considerando il modo utilizzato per togliersi la vita, le statistiche riportano che gli uomini utilizzano prevalentemente le armi da fuoco, mentre le donne si uccidono in genere per avvelenamento. Secondo la prevalenza dell’età si osserva che gli uomini commettono il suicidio intorno ai 45 anni, mentre le donne intorno ai 55 anni. In ogni caso, sia per i maschi che per le femmine si osserva in questi ultimi anni un incremento del suicidio nella fascia d’età che va dai 15 ai 24 anni. Si è osservato inoltre che la presenza di figli ed il matrimonio rappresentano dei fattori protettivi, mentre il celibato, la vedovanza e la separazione rappresentano dei fattori di rischio per l’ideazione suicidaria. Non infrequente è il suicidio in occasione di un anniversario della vedovanza o della separazione. È molto importante ai fini dell’incremento del rischio, infine, avere una storia familiare di suicidi. Per quanto riguarda la stagione, il suicidio è più frequente in primavera ed in autunno. Aumenta nei periodi di recessione economica e diminuisce nelle fasi di sviluppo economico. Durante le guerre ed i conflitti bellici o civili si è osservata una diminuzione del numero dei suicidi. Il lavoro in genere protegge dal rischio del suicidio: è prevalente nei disoccupati. Secondo degli studi pubblicati negli Stati Uniti, le occupazioni maggiormente a rischio di suicidio sono i medici (per avvelenamento), gli avvocati (per arma da fuoco), le forze di polizia (per arma da fuoco), i musicisti (per impiccagione), gli assicuratori (tramite arma da fuoco). Il suicidio nelle Istituzioni Diversi studi hanno messo in evidenza che è frequente il suicidio nelle Istituzioni caratterizzate da peculiarità come un elevato grado di controllo sul personale, un basso grado di autonomia decisionale ed un basso grado di libertà di movimento. Istituzioni di questo tipo sono le istituzioni militari, militarizzate o ad impronta simil militare, come possono essere le forze di polizia e la Guardia di Finanza in particolare. Nelle Istituzioni così rigidamente strutturate il suicidio non ha una valenza psicopatologica vera e propria, spesso rappresenta la rivendicazione del proprio status di uomo libero e autodeterminato di fronte alle coercizioni subite e ritenute ingiuste. Quando l’appartenenza ad una Istituzione militare e la rigida vita di caserma opprime la persona con costrizioni ambientali, pretende il dominio del rigore formale, esige il rispetto gerarchico prevalente sulla libera espressione della personalità, ecco che per una persona già in crisi di suo, il suicidio assume il significato di una fuga liberatoria. Le istituzioni totali, la caserma e la vita militare tuttavia possono solo funzionare da aumento del rischio, ma non sono una causa diretta in grado di condurre al suicidio. Considerando alcune peculiarità dell’ambiente e dell’attività operativa possiamo affermare che l’attività delle forze di polizia prevede un intervento professionale in situazioni ad intenso coinvolgimento emotivo, a contatto con persone in situazioni drammatiche (con intesi vissuti emotivi d’ansia, di paura o di disperazione). Intervenire sempre in situazioni ad alto contenuto emotivo conduce, a lungo andare, ad uno stress cronico ed un logoramento emotivo. Nei soggetti compaiono la critica continua su tutti e su tutto, un atteggiamento cinico verso gli altri ed una autovalutazione negativa del proprio lavoro. In queste condizioni psicologiche non può essere che di bassa qualità il servizio svolto, con aumento del turnover, dell’assenteismo per malattia ed un morale costantemente basso. Gli operatori di polizia arrivano in questo modo a sommare al proprio disagio personale ed esistenziale il contatto con situazioni fortemente problematiche e la partecipazione ad episodi drammatici. Segni di stress cronico nell’ambiente del lavoro Alta resistenza ad entrare in servizio ogni giorno Sentimenti di rabbia e risentimento Guardare frequentemente l’orologio Perdita di sentimenti positivi verso gli altri Rimandare il contatto con gli altri Negarsi al telefono Cinismo verso gli altri Atteggiamento colpevolizzante verso i problemi altrui Incapacità di ascoltare i problemi altrui Seguire procedure rigidamente standardizzate Problemi di insonnia Evitare le discussioni con i colleghi Preoccupazioni per sé Frequenti raffreddori ed influenze Frequenti mal di testa e disturbi intestinali Rigidità di pensiero e resistenze al cambiamento Conflitti coniugali e familiari Alto assenteismo Unendo ai problemi personali il contatto quotidiano con situazioni in grado di produrre un logoramento emotivo si innesca un percorso evolutivo critico che può condurre all’ideazione suicidaria1. Di questo percorso critico fanno parte le seguenti fasi: - fase dello stress lavorativo iniziale, con senso di inadeguatezza delle risorse disponibili rispetto alle richieste dell’ambiente lavorativo e sociale; - fase dello stress cronico, con eccessiva tensione emotiva, senso di fatica mentale e facile irritabilità; - fase della crisi personale, con distacco emotivo, ritiro dalle relazioni sociali, cinismo affettivo e rigidità di pensiero. Questo percorso evolutivo risente di alcuni fattori determinanti, come ad esempio l’atteggiamento psicologico verso il servizio svolto. Questo atteggiamento è il risultato della motivazione che ha condotto all’ingresso in servizio, accompagnato dalla formulazione interiore di un obiettivo specifico da conseguire. Si crea nella persona, da subito dopo l’incorporamento, una aspettativa personale, un obiettivo, e su quella aspettativa si investe una quota affettiva ed emotiva dei propri sentimenti. Se gli eventi del percorso del servizio inducono alla consapevolezza dell’impossibilità a raggiungere questo obiettivo personale, interiormente si vive una crisi personale, una ferita del sé. Gli obiettivi di carriera che vengono messi a fuoco con l’incorporamento riguardano sicuramente il conseguimento del grado più elevato possibile, l’avere degli incarichi desiderati e di prestigio, l’avere delle prerogative dell’impiego, come ad esempio le sedi di lavoro desiderate. Quanto più è alta l’aspettativa iniziale tanto più distruttive sono le frustrazioni vissute alla sua rinuncia, tanto più profondo è il vissuto di fallimento e di crisi personale. Se la professione, il servizio, la carriera arrivano a rappresentare il nucleo dell’identità personale ecco che il successo professionale, la carriera brillante, l’avanzamento di grado, gli incarichi di prestigio divengono l’unico simbolo della compiuta realizzazione. Per ottenere tutto questo la persona si gioca tutto. Sacrifica il proprio tempo, la propria salute, gli interessi extra-lavoro, gli affetti, la famiglia, gli amici, lo svago, un hobby personale. Se la professione rappresenta in modo esclusivo il proprio progetto di vita, possiamo dire che è troppo, che si rischia troppo. Il sociologo Durkeim ha studiato il fenomeno del suicidio nelle forze armate e nella polizia e lo ha suddiviso in due forme: - il suicidio egoistico, messo in atto in una situazione di crisi personale e per scarso interesse verso la comunità, come potrebbe avvenire in seguito a malattie, privazioni e lutti; - il suicidio altruistico, messo in atto per forte ed intenso legame con la comunità, segnato da un forte senso dell’onore, dello spirito di corpo e di formazione morale, per cui ci si sacrifica per il bene ed il successo del gruppo di appartenenza. fattori specifici di rischio - lo sradicamento forzato dall’ambiente abituale (famiglia, amici), che viene vissuto come una perdita della propria sicurezza; - la forzata convivenza con altri sancita da regole rigide, che prevedono la perdita della privacy e rendono difficile l’integrazione; - la riattivazione di dinamiche relazionali conflittuali, nei confronti dell’immagine paterna, riproposta dai superiori, e di quella dei fratelli, riproposta dai colleghi pari grado; - il negativo adattamento alla gerarchia, se eccessivamente autoritaria e poco sensibile ai problemi del singolo. I fattori di rischio riportati nella tabella precedente sono solo dei fattori che aumentano la probabilità del rischio del suicidio, ma non sono assolutamente delle cause di suicidio. Possono agire cioè come fattore di amplificazione di una crisi personale, ma di origine diversa. Rifacendoci a dei dati statistici sul fenomeno del suicidio nelle forze di polizia possiamo dire innanzi tutto che “il suicidio è sempre e comunque sottostimato nelle statistiche ufficiali” (secondo studi dell’OMS di Ginevra) per riserbo della famiglia, per errore con morti accidentali o incidenti e per errata causa di morte (“arresto cardiaco”) stilata da un sanitario poco attento. Il suicidio nelle Forze Armate Il tema non è nuovissimo, pare, infatti, che già dalla fine del secolo scorso un eminente neuropsichiatria italiano come Enrico Morselli abbia dedicato molta attenzione al suicidio tra i militari, arrivando ad alcune interessanti considerazioni. Innanzitutto esiste una correlazione tra attività lavorativa e suicidio, al punto che i dati epidemiologici evidenziano una frequenza nettamente superiore nelle professioni che più richiedono un impiego di energie mentali e negli appartenenti alla carriera militare. Per questi ultimi Morselli individua due determinanti del gesto suicida: da una parte la mobilità territoriale dei suoi appartenenti, dall'altra la disciplina dell'istituzione, spesso irrazionalmente perseguita. Ma lasciando da parte gli studi “classici” non mancano in tempi più recenti ricerche approfondite, studi epidemiologici ed analisi che hanno cercato di esplorare il fenomeno nei suoi aspetti più rilevanti.  Gli studi più recenti Gli operatori delle forze dell'ordine sono, secondo statistiche nazionali, demotivati, soli, oppressi dai mille rischi che quotidianamente si trovano ad affrontare. Così cadono più facilmente vittime di stati di stress distruttivi che, in casi estremi, portano addirittura al suicidio. I carabinieri e i finanzieri, in particolare, si suiciderebbero più degli altri tutori dell'ordine, tanto che il 66% dei casi di suicidio nelle Forze Armate ha riguardato i soli carabinieri. Secondo uno studio epidemiologico che ha monitorato l'andamento del fenomeno suicidario tra gli appartenenti alle Forze Armate italiane dal 1976 al 1991 è risultato che le morti per suicidio rappresentano la terza causa di decesso, con una frequenza percentuale del 7%, preceduta dai decessi causati da malattie e da quelli per incidenti automobilistici. Un ulteriore dato significativo riguarda una frequenza maggiore dei decessi fuori dalle strutture militari, durante permessi o licenze. Se però i dati vengono comparati ai suicidi tra la popolazione generale maschile tra i 18 e i 60 anni, risultano meno allarmanti. Le frequenze maggiori, infatti, sono a carico della popolazione generale, al punto che si può riscontrare una sostanziale omogeneità nelle linee di tendenza del comportamento suicidiario. Parlano chiaro del resto i numeri che riguardano le cause del gesto suicida fra i militari. Se per il 40,6% non è stato possibile individuare la causa del gesto suicida, la rimanente percentuale si divide tra problemi di ordine psichico e/o di disadattamento (34,3%), motivi affettivi o di rapporti con l'altro sesso (12,5%), problemi familiari (6,2%) e tossicodipendenze da droghe o alcool (6,2%). Motivazioni non molto dissimili da quelle della popolazione nazionale di riferimento.  La prevenzione Allo stato attuale tutte le attività di prevenzione, limitate alle visite di controllo all’atto della selezione psicoattitudinale, hanno dato risultati assolutamente insoddisfacenti. Per la prevenzione efficace nelle forze di polizia il primo passo da effettuare è organizzare una conoscenza del fenomeno in atto (come l’osservatorio epidemiologico) ed assicurare un miglioramento dell’habitat psicologico attraverso una maggiore attenzione alla qualità delle relazioni e dei rapporti interpersonali. La selezione psicologica di tipo attitudinale rimane un punto valido per valutare lo stato di integrità psicologica al momento dell’incorporamento, purtroppo non si può avere alcuna predittività tramite test psicologici sul rischio del suicidio, soprattutto se questo è dovuto a situazioni che hanno avuto luogo dopo l’incorporamento. E’ importante il monitoraggio delle tensioni emotive e dello stress del servizio in quanto gli eventi connessi al servizio possono modificare, alterare, squilibrare lo stato psicologico iniziale. E’ importante che ogni “comandante” possa saper vedere ed ascoltare ciò che accade ai suoi sottoposti, che abbia degli adeguati “sensori della camerata”, tuttavia non è sufficiente per capire quando una persona si trova in crisi ed è quindi necessaria la presenza di una assistenza qualificata che non abbia la veste giuridica di togliere l’idoneità al servizio. L’assenza di un supporto psicologico ha determinato nel personale la necessità di tenersi il malessere ed il disagio dentro di sé, finché questo sia possibile. L’alternativa alla autorepressione finora è stata la presenza dell’amico che ti aiuta e ti capisce, ma di fronte ad una profonda crisi personale ed esistenziale l’amico non basta. La sindrome del sottoufficiale Ad essere più facilmente portato a mettere in atto comportamenti di tipo suicidiario risulta essere la figura del sottoufficiale. Una spiegazione può risiedere nel ruolo intermediario tra l'area decisionale e progettuale dell'istituzione militare e l'area esecutiva. Un ruolo che risente di una doppia sollecitazione, dall'alto e dal basso, alla quale deve quotidianamente rispondere e che finisce per essere particolarmente stressogeno. Sulle dinamiche sociali e psicologiche di malessere, normalmente e cronicamente vissute dalla persona, si innesta un fattore nuovo, precipitante (uno stress, una frustrazione, una delusione affettiva, …) che innesca la crisi personale ed obbliga alla ricerca di una possibile via d’uscita. Il suicidio, alla fine della ricerca della soluzione, è messo in atto perché in quel momento per la persona rappresenta l’unica via d’uscita. Mal di divisa e mobbing Sebbene si tratti di una questione ardua da affrontare, sono sempre maggiori i casi spinosi che vengono portati all’attenzione dei media.. I suicidi nei comparti di Pubblica Sicurezza tendono inesorabilmente ad aumentare. Nel numero di episodi oggetto di indagini è possibile individuare un dato che conduce a ritenere che in determinati casi di morte violenta sia possibile individuare episodi di "mobbing" quali espressioni di violenza psicologica attuati deliberatamente in un ambiente lavorativo, a scapito di uno o più soggetti. Tali condotte, sole o congiunte alle condizioni del singolo militare, possono essere ritenute concorrenti o addirittura determinanti circa la realizzazione di condotte auto lesive. Konrad Lawrence, psicologo svedese fu il primo a parlare di "mobbing" e nei suoi studi di etologia espose la possibilità che esso si estendesse ad ogni settore della nostra vita. Così è stato anche per le forze armate. Al di là dei casi specifici che popolano le nostre cronache, ci troviamo di fronte ad un fenomeno diffusissimo e le statistiche sono (quando consultabili) un utile strumento di analisi di questo fenomeno. Dati ufficiali del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri chiariscono quanto sia drammatica la questione dei suicidi nell’Arma: dal 1978 al gennaio 2000 ben 293 militari si sono uccisi in ambienti appesantiti da comportamenti opprimenti e vessatori. Il quadro così delineato porta inequivocabilmente a descrivere un fenomeno rilevante, non solo numericamente e statisticamente, ma soprattutto socialmente. Si tratta dunque di un problema che richiede una attenta analisi ed uno studio approfondito e multidisciplinare, attraverso il quale individuare le cause del fenomeno e proporre gli opportuni rimedi. tratto da :http://poteriocculti.mastertopforum.biz/carabinieri-suicidi-vt1891.html

martedì 13 maggio 2014

Riordino Carriere Comparto Sicurezza e Difesa: Una sonora bocciatura da parte della Ragioneria di Stato

Riordino carriere: costi non sostenibili ; La Ragioneria non lascia spazio a dubbi a riguardo: “Il disegno di legge proposto si pone in netto contrasto con la politica di revisione della spesa pubblica”. E non è mancato un neppure troppo celato richiamo alla serietà. Insomma, un piano in evidente contrasto con le politiche di “spending review” che lo Stato italiano in difficoltà sta portando avanti per trascinare l’Italia fuori dalle sabbie mobili della crisi economica più grave dal secondo dopoguerra ad oggi. È tempo di riflessioni. E di ricerca di idee per riorganizzare la macchina ed i meccanismi dell’impiego pubblico italiano in maniera più efficiente. ; Fonte: La Stampa

sabato 10 maggio 2014

suicidi arma cc

Fenomeno dei suicidi - cosa sta succedendo nell’Arma? Scritto da Alessandro Nanni. Posted in Sanità Aumentati a dismisura i casi riguardanti Carabinieri che si sono tolti la vita 14 giugno 2010: il carabiniere C.F. si spara un colpo con la pistola di ordinanza a bordo della sua automobile parcheggiata in un’area di servizio localizzata all’altezza del km 17 del G.R.A.; all’origine del tragico gesto ci sarebbe stata una lite con la moglie. 28 giugno 2010: Vincenzo Blanco, Appuntato Scelto di 45 anni in servizio da circa 15 anni presso la compagnia di Modica, nel ragusano, si spara un colpo in testa; il motivo del triste gesto sembrerebbe legato alla notifica di un trasferimento. 3 luglio 2010: I.F. carabiniere di 21 anni, in servizio presso il Comando Stazione Carabinieri Gorla Precoto a Milano, si toglie la vita lungo l’autostrada del Sole, all’altezza dell’uscita Piacenza Nord in comune di Guardamiglio, nel lodigiano. Il militare accostato la sua Alfa 147 in una piazzola di sosta e poi si sparato. Non si conoscono le cause che hanno spinto il militare a compiere l’insano gesto. Dall’inizio dell’anno sono già numerosi i casi che riguardano carabinieri suicidi, cosa aspetta il comando generale dell`Arma ad affrontare concretamente questa vera e propria tragedia? 28 ottobre 2010: l’ex aspirante Miss Italia Claudia Racciatti, 29 anni, giovane ufficiale molto conosciuta e apprezzata nell’Arma originaria di Vasto, si toglie la vita con un colpo di pistola esploso dalla sua pistola di ordinanza, davanti a due colleghi che si trovavano nel suo ufficio; il tragico gesto di Claudia sarebbe scaturito dal timore di un’azione disciplinare intrapresa nei suoi confronti, riguardante un’ipotetica accusa per sottrazione di beni personali che le era stata rivolta da alcuni commilitoni. 30 ottobre 2010: Valerio Iannucci, cinquantacinque anni, brigadiere e Angelo D’Auria, trent’anni, vissero quel giorno come l’ultima avventura di una vita senza più aspettative. Il primo si è sparato un colpo di pistola in una stanza dell’archivio del comando provinciale di Salerno, dove faceva servizio; Angelo D’Auria invece, si è tolto la vita in una stradina di campagna che collega Scafati a Poggiomarino. È nella sua auto, che aveva acquistato pochi mesi fa, che il carabiniere ha deciso di spararsi con un solo colpo fatto partire dalla pistola d’ordinanza alla quale, dopo aver inserito il proiettile in canna, aveva tolto il caricatore. 4 novembre 2010: un maresciallo dei carabinieri in servizio a Subiaco, cittadina laziale situata in provincia di Roma, uccide la figlia di 13 anni, ferisce gravemente la figlia più grande, di 15, e poi si toglie la vita puntando contro di se la sua pistola di ordinanza. La tragedia, avvenuta alle 18:45 di pomeriggio in un appartamento di via XX Settembre dove la famiglia viveva, sembra essere scaturita da una lite riguardante l’utilizzo di Facebook, il famoso social network molto popolare soprattutto tra i giovani. La lista potrebbe essere molto più lunga, tuttavia sono menzionati solo alcuni dei numerosi casi di suicidio che riguardano effettivi della “Benemerita”, forza armata che conta, dall’inizio dell’anno, il più alto numero di episodi inerenti questo triste fenomeno. Sembrerebbe un bollettino di guerra, ma di fatto non lo è, visto che all’origine di questi tragici gesti, ci sono storie di sconforto, di depressione per un trasferimento improvviso, di motivi familiari, e chi più ne ha più ne metta. Cosa sta succedendo all’interno dell’Arma dei Carabinieri? Cosa spinge veramente alcuni suoi effettivi a togliersi la vita? E’ quello che stanno cercando di capire oramai da alcuni anni i suoi vertici, ed è quello che stanno cercando di capire anche i componenti delle commissioni di studio istituite all’interno degli organi parlamentari italiani. Risultati finora ottenuti: nulla, nessuna misura di prevenzione è stata ancora decisa per arginare il tragico fenomeno. Tuttavia l`aspetto che preoccupa maggiormente è la cappa di silenzio omertoso che circonda alcuni di questi casi di suicidio, così come tutte le vicende simili a quelle già menzionate che hanno riguardato le altre forze dell`ordine. Dall’inizio dell’anno sono già numerosi i casi che riguardano carabinieri suicidi, cosa aspetta il comando generale dell`Arma ad affrontare concretamente questa vera e propria tragedia? Quante altre "morti invisibili" devono aggiungersi prima che si prenda veramente coscienza del problema? E intanto la lista si allunga……. tratto da:http://www.carabinieriditalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=32:fenomeno-dei-suicidi-cosa-sta-succedendo-nellarma&catid=16&Itemid=109

unificazione polizie

Unificazione Forze di polizia: costi e benefici di Nelson Gregory Kaffir Boetie Da una eventuale unificazione delle Forze di polizia vedrei soltanto benefici e notevoli risparmi di gestione, ed un indubbio vantaggio a favore dei cittadini che si tradurrebbe in una maggiore sicurezza per una più alta presenza delle stesse sul territorio. Quello dell’unificazione è un annoso problema che impegna i nostri politici sin dal 1919, con tentativi più o meno concreti perché ciò si attuasse. Nel 1925 fu posto fine a tutti questi tentativi e da allora soltanto prove tecniche di unificazione, quelle quali il governo D’Alema ha provveduto a mettere una pietra tombale definitiva creando, unica nel suo genere sull’intero globo, la Quarta Forza armata. Parto dal non concordare con chi asserisce il no alla fusione a prescindere, e soltanto in nome di un non comprensibile “orgoglio di appartenenza”. Anziché pensare a un bene collettivo quale può essere la sicurezza pubblica nel Terzo millennio, si pensa ancora ad un “orgoglio di appartenenza”. La sicurezza non la si fa o non la si produce con “l’orgoglio di appartenenza”, tutt’altro. Il passato, i ricordi e le tradizioni è bene che non vengano mai cancellati, ma legare il futuro al passato mi dice che qualcosa non vada per il verso giusto, oppure che ci sia qualcos’altro di più profondo che impedisce tutto ciò, e che “l’orgoglio di appartenenza” sia soltanto lo specchietto per le allodole per non portare a compimento una unificazione oramai non più rimandabile. E’ bene che le tradizioni rimangano vive, ma non devono essere una palla al piede per la mancata costruzione di un modello di sicurezza più economico ed efficiente. Rimanendo sul Vecchio Continente, soltanto l’Italia può, a ragione, essere definita la nazione delle 1.000 Polizie e delle 1.000 uniformi, seguita molto da lontano, solo dalla Grecia e dalla Spagna. Per andare verso un processo di unificazione, la politica dovrà dimostrare di avere una seria volontà di perseguire questi obiettivi, ed il coraggio di resistere alla “casta” del Comparto Sicurezza, rischiando anche momenti di impopolarità e di mancato consenso. Ho fatto cenno al consenso perché, e non vi è bisogno che entri nei dettagli, i Comparti Sicurezza e Difesa sono dei veri e propri serbatoi di voti. La politica se la sente di rischiare per il bene di tutta la collettività? Sarkozy, da ultimo in Europa, ha inserito la Gendarmeria, omolaga ai nostri Carabinieri, alle dirette dipendenze dell’Autorità nazionale della Sicurezza e cioè al Ministro dell’Interno, autorità civile. La Gendarmeria francese nacque ufficialmente il 16 febbraio 1791, ma la sua origine pare che risalga addirittura al 1600. Da questo esempio presero spunto molte altre Polizie europee, e tra queste proprio l’Arma dei Carabinieri (1886), nata quasi un secolo dopo la Gendarmeria francese. Quindi un’arma come la Gendarmeria, più antica dei Carabinieri, e con un passato sicuramente non meno nobile, dopo alcuni secoli è passata alle dipendenze del Ministro dell’Interno, senza particolari prese di posizione o ostracismi vari. La Gendarmeria francese era, è, e sarà sempre, al servizio dei cittadini d’oltralpe con tutte le sue “gloriose” passate tradizioni. L’Europarlamento da diverso tempo chiede ai Paesi membri un’unica Polizia con lo status giuridico civile, ma non mi risulta che questa esortazione in Italia sia stata mai presa in considerazione. E’ giustificabile per i cittadini, per la politica e per la sicurezza la presenza di cinque Forze di polizia, di cui due a competenza generale, che dialogano tra loro il minimo indispensabile? Pensiamo ora ai vantaggi di un’unica Forza di polizia, con un’unica Sala operativa a dispetto dell’attuale pletora esistente, con tutti i problemi che questo comporta nella gestione delle risorse sia umane che tecnologiche. Il tasto dolente è proprio nel concetto di “unica Forza di polizia” che fa venire l’orticaria alla “casta”. Ogni Forza di polizia che è alle precise dipendenze di un Ministro, ha al proprio vertice un direttore centrale, si chiami esso Capo della Polizia o Comandante generale dell’Arma, della Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria o Corpo Forestale dello Stato, e via scendendo sino al livello provinciale, dove troviamo un questore per ogni provincia; con i relativi omologhi delle altre Forze di polizia. Se la politica avesse veramente l’intenzione di fare una seconda rivoluzione copernicana, molti dovrebbero rinunciare alla propria fetta di prestigio, partendo dalla politica stessa per finire con la “casta” delle Forze di polizia. Allo stato delle cose, in Italia possiamo tranquillamente constatare l’esistenza di una quintuplicazione delle attività di Pubblica sicurezza che si svolgono in ambito terrestre, marittimo o aereo, senza peraltro calcolare le Polizie locali e quelle provinciali esistenti. Unificanto tutti questi settori si avrebbe una immediata riduzione dei costi e una presenza maggiore e costante sul territorio delle Forze di polizia. Il risparmio sarebbe rapido ed evidente. In atto abbiamo cinque cabine di regia nazionali (una per ogni Forza dell’ordine) mentre ne potremmo avere soltanto una. Abbiamo 103 province con 515 Sale operative (una per ogni Forza dell’ordine) quando ne potremmo avere soltanto 103. Da questo calcolo è ovvio che rimangono fuori le cosiddette Sale operative minori ed autonome nell’ambito di ogni singola Forza di polizia (quale Polizia Stradale, Reparto Volo, Frontiera terrestre, aerea e marittima, Reparto Mobili e così via) superando di almeno il doppio la soglia delle 515 Sale operative esistenti in ambito nazionale. Non è necessario essere esperti in matematica per comprendere quanti uomini e donne delle Forze dell’ordine si potrebbero recuperare, non tralasciando situazioni di non secondaria importanza quale potrebbe essere un unico intervento, un unico atto di indagine, un unico ente sul posto dell’evento delittuoso o d’indagine. All’interno di questa unica cabina di regia si dovrebbero, naturalmente, ipotizzare le diverse specializzazioni quali l’ordine pubblico, reati finanziari, giudiziaria, Polizia stradale, Polizia ambientale, penitenziaria, aerea, marittima, ecc. mantenendo di fatto quell’“orgoglio di appartenenza” che sempre più spesso viene rivendicato. Le Forze di polizia sono paragonabili a delle vere e proprie aziende il cui prodotto da garantire è la sicurezza. Lo si vuole continuare a garantire con “l’orgoglio di appartenenza”, o comunque con i retaggi del passato? Personalmente credo di no. La responsabilità di una mancata unificazione e quindi di una maggiore efficienza, va ricercata esclusivamente nella classe politica e nelle pressioni che su questa vengono esercitate dalle varie baronie del Comparto Sicurezza. Per tornare ai costi, non credo che si possa neanche minimamente immaginare quale business possa ruotare attorno a questo Comparto in termini di attrezzature e risorse, con relativi costi di gestione e manutenzione. Nonostante per legge dovrebbero esserci soltanto una banca dati nazionale interforze, di fatto ogni Forza di polizia ha un proprio Ced autonomo nazionale con le varie derivazioni territoriali, centinaia di Sale operative, ponti radio e frequenze, caserme, commissariati, stazioni, questure, legioni, autovetture, armi, elicotteri, aerei, natanti, centralini, uniformi, ecc. Se avvenisse l’unificazione tutto si ridurrebbe ad un quinto, e di contro avremmo quattro quindi di personale in più al servizio della collettività. In Italia la forte resistenza ad una eventuale unificazione delle Forze di polizia ha un solo nome: Carabinieri. Carabinieri dai cui vertici è arrivato sempre un niet e un altolà alla politica, perché ciò non avvenisse. L’Arma si trova comodamente a cavallo tra due ottime situazioni: la prima delle quali è quella di essere stata elevata al rango di Quarta Forza armata, e l’altra di essere un Forza di polizia a competenza generale nell’ambito del Comparto sicurezza. Ergo, l’Arma ha fatto una libera scelta chiedendo di diventare Quarta Forza armata ed è giusto che ciò vada rispettato. Ma è altrettanto vero che ciò non debba essere d’ostacolo a future scelte di unificazione. Come l’Arma ha chiesto e preteso di essere quella che è, credo che sia altrettanto giusto che ciò non ostacoli eventuali processi di unificazione, il cui unico scopo è un vantaggio per la collettività in termini di operatività e risparmio di risorse economiche che non sono cose di poco conto. Non credo neanche che tutto il personale dell’Arma la pensi allo stesso modo e sarebbe cosa intelligente ed opportuna far esprimere l’intera base dell’Arma dei Carabinieri con un apposito referendum interno su quale sarebbe la scelta: se verso una unificazione o continuare ad esistere come Quarta Forza armata in un ambito militare e con una esclusiva competenza in quel settore. Leggo su alcune delibere degli organismi di rappresentanza militari di base dei Carabinieri che per loro è irrinunciabile “la scelta di vita fatta nella gloriosa e insostituibile Arma dei Carabinieri”. Oppure che “l’assurda conseguenza di questa rivoluzione epocale sarebbe la perdita del più significativo simbolo dell’Arma: la bandoliera”. Gli italiani chiedono più sicurezza e loro si preoccupano di perdere la bandoliera, e ahimé c’è ancora chi si preoccupa di perdere la bandoliera... Sarebbe come parafrasare la logica usata da Maria Antonietta prima di essere ghigliottinata: “Maestà, il popolo ha fame e non c’è pane...” “Allora date loro delle brioches”. L’attuale Ministro dell’Interno ci sta provando di nuovo, ma credo che la politica tutta sia chiamata a dare il proprio contributo, perché la soluzione al problema va trovata in tempi brevi. Se la politica si sente di agire nel vero interesse della collettività non deve far altro che portare in aula il provvedimento e renderlo legge dello Stato nel più breve tempo possibile, visto che l’attuale maggioranza ha già fornito ampia dimostrazione di approvare provvedimenti legislativi importanti in meno di un batter d’occhio. L’unificazione delle Forze di polizia è un evento che richiederebbe la stessa rapidità di approvazione, superando gli interessi della politica e delle caste, il cui risultato sarebbe al solo vantaggio dei cittadini tutti, e delle casse dello Stato di cui tutti noi siamo parte. tratto da http://www.poliziaedemocrazia.it/live/index.php?domain=rubriche&action=articolo&idArticolo=2189

Gasparri, basta tagli

(ASCA) - Roma, 9 mag 2014 - ''Giachetti e altri incompetenti aggrediscono forze armate e forze di polizia. Basta tagli. Basta parlare di unificazione di forze di polizia. Bisogna sbloccare i contratti, attuare il riordino, dare attuazione alla specificita' del comparto sicurezza-difesa, varare norme severe contro chi aggredisce o minaccia chi indossa una divisa. E' tempo di reagire con forza a denigrazioni e provocazioni''. Lo dichiara il senatiore di Forza Italia Maurizio Gasparri. com-sgr/mau

venerdì 9 maggio 2014

i russi conoscono Battisti????

Dici che non capisci ma io so che tutti capiscono tutto e t'intestardisci io sarei un panno nero nel salottino scuro non c'è acqua né fuochino che fuori lo trascini quel detrito e lì l'incendi abbrustolito. Diventi malevola come se io fossi una persona. Diventi, come i tutti che capiscono, sincera ossia dici come sarei se fossi l'immagine a somiglianza del tuo rancore o malessere d'essere sincera, parlando di te. Dici che non capisci eppure quel che dici è tutto vero di più quando inveisci quando pesantemente costruisci periodi che speri d'odio ma ad ogni affondo ti si scopre un po' il corpo. Diventi simpatica simile tu ossia con sentimento e parli sempre d'altro di quel tossico che bevi lo stai dicendo con le stesse parole di tutti. Forse è questo che tu non vorresti riuscire a capire: che favorevole è come essere contro e in mezzo c'è una zona di silenzio difficile anche un po' recalcitrante dove un parere vale quello che vale è l'ombra trasparente o niente che traspare silenziosamente tutti tra sé e sé pensano le stesse cose. Dici che non capisci e questo ti convince a non capire però non ci riesci non ti sai trattenere e ti dispiace ti dispiaci tu. Avendo voglia tempo e la serata adatta tutto è dimostrabile soprattutto il contrario con un'abile manipolazione dello scenario. Mentre è un combattimento quello che dici sono nemmeno abili mosse tra quello che dici e come vorresti che fosse. Alcuni amici Russi mi hanno detto che durante una scampagnata hanno cantato questa canzone di Lucio battisti

giovedì 8 maggio 2014

01/ott/2012 promemoria

Appuntato uccide il comandante e la moglie, poi si suicida ... e una donna sono morti in una sparatoria nella caserma dei carabinieri di Porto Viro, in provincia di Rovigo. ...

La Spezia, 4 aprile 2014

- UNO sparo, sentito dai colleghi; la corsa, frenetica, da una stanza all’altra per capire cosa fosse successo. E poi, l’agghiacciante scoperta, che ha gettato nel dramma l’intera caserma dei carabinieri. E’ lì che ieri pomeriggio, un appuntato 35enne ha deciso di porre fine alla propria vita, sparandosi con l’arma d’ordinanza. Mancavano pochi minuti alle 19, quando il militare si è presentato in caserma, dove prestava servizio da diverso tempo. Non doveva neppure esserci: era in licenza. Tutto è successo in pochi attimi. Il 35enne ha salutato qualche collega, per poi mettere in atto i suoi tragici propositi. Si è diretto verso gli spogliatoi. Ha atteso l’uscita dei compagni. Si è avvolto un giubbotto alla testa, forse per attutire il rumore dello sparo. Poi, ha estratto la pistola dalla fondina, e ha fatto fuoco. E’ morto sul colpo, l’appuntato, nonostante i tentativi disperati dei primi militari che avevano sentito il boato e che si erano diretti immediatamente sul luogo della tragedia. Hanno provato a rianimarlo, e a chiamare i soccorritori del 118. Tutto inutile. Il medico di turno non ha potuto fare altro che constatare il decesso, tra lo sconforto e l’incredulità dei colleghi. Il 35enne, nativo di Cascina in provincia di Pisa, ma da anni trapiantato nella nostra provincia – era residente in un paese della Val di Magra – dove ha prestato servizio in diverse stazioni dell’Arma per poi approdare alla Spezia, lascia la compagna e un figlio di pochi anni. Ignote le cause che hanno spinto il militare a togliersi la vita. tratto da: http://www.lanazione.it/laspezia/cronaca/2014/04/04/1048433-carabiniere-suicidio-caserma.shtml

lavorava senza tregua

(ANSA) - ROMA, 8 MAG - Lavorava senza tregua pur di raggiungere gli obiettivi che il datore di lavoro, una grossa società di tlc, gli aveva assegnato. Stefano S. non si era mai lamentato. Ma un carico di undici ore di lavoro al giorno lo ha portato all' infarto. Per la Cassazione una morte del genere deve essere risarcita dal datore che non può ignorare "le modalità attraverso le quali ciascun dipendente svolge il proprio lavoro". Più di 800mila euro a moglie e figlia.

mercoledì 7 maggio 2014

unificazione si oppure no .

“Relazione sullo stato della Disciplina militare e dell’organizzazione delle Forze Armate”, presentata al Parlamento l’11 dicembre 2012, i dati sono impressionanti: nel 2007, 18 suicidi, di cui 11 nell’Arma; nel 2008, 18 suicidi, di cui 14 nell’Arma; nel 2009, 22 suicidi, di cui 12 nell’Arma; nel 2010, 29 suicidi di cui 22 nell’Arma; nel 2011, 23 suicidi, di cui 15 nell’Arma. Dal 2008 al 2012, 110 suicidi, di cui 74 nell’Arma (circa il 67%). Non voglio speculare sul dramma o meglio sulla tragedia,ma con questi dati sarebbe il caso di rompere il silenzio.

giovedì 17 aprile 2014

il Governu Sardu Provvisoriu è nato



Mah!  che dire , sicuramente non è una bella cosa , ma quando una macchina si spacca bisogna sostituirla , non si può aggiustare nulla , Auguri al governo sardo provvisoriu e spero che diventi definitivu.