di seguito riporto un documento che mi hanno mandato in formato pdf nella conversione ci sono degli errori ortografici , in quanto apostrofi e altri caratteri vengono convertiti male , curerò la loro correzione nel frattempo lascio la possibilità di leggerlo così com'è.
Incontro di studi per magistrati gIl diritto del lavoro dellfUnione europeah,
organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura, in Roma, 16/18 gennaio
2012.
IL DIRITTO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE NELLA
GIURISPRUDENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
E NEL DIALOGO gMULTILEVELh TRA LE CORTI.
di Francesco Buffa
(magistrato del Massimario della Corte di Cassazione, attualmente in servizio alla
Divisione 2.3 della Corte europea dei diritti umani, nel quadro dell'Exchange
Program dell' European judicial training network).
SOMMARIO: 1. La Corte europea dei diritti umani; lineamenti essenziali ed
elementi di differenza con la Corte di giustizia dellfUnione europea. 2. I criteri di
interpretazione seguiti dalla Corte di Strasburgo. 3. La posizione della CEDU nel
sistema delle fonti e le differenze con la disciplina dellfUnione europea. 4. Le
attivita del giudice nazionale. lfinterpretazione conforme o convenzionalmente
orientata. 5. La non applicazione della norma nazionale contrastante con la CEDU
da parte del giudice nazionale . 6. Il limite del giudicato (giudicato costituzionale,
penale, civile). 7. La giurisprudenza CEDU: rassegna ragionata di casi in materia
di diritto del lavoro, diritto sindacale e diritto della previdenza ed assistenza
sociale. 7.1. Le norme convenzionali di riferimento. 7.2. Lavori proibiti 7.3.
Retribuzione 7.4 La vicenda del personale a.t.a. 7.5. Licenziamento 7.6. Giusto
processo 7.7. Liberta sindacali 7.8. Previdenza ed assistenza sociale 7.9. Il caso
dei trasferimenti di contributi previdenziali dalla Svizzera in Italia 7.10
Discriminazione. 8. Alcuni casi di dialogo difficile.
2
1. LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI: LINEAMENTI
ESSENZIALI ED ELEMENTI DI DIFFERENZA CON LA CORTE DI
GIUSTIZIA DELLfUNIONE EUROPEA.
La CEDU e lforgano di protezione dei diritti della persona istituito dalla
Convenzione EDU, stipulata a Roma il 4 novembre 1950 nellfambito del Consiglio
dfEuropa.
Qui gia emerge una prima peculiarita, atteso che il Consiglio d'Europa comprende,
oggi, 47 Stati membri, ed in particolare Stati .con un estensione complessiva che
va dallfIslanda a Vladivostok, passando per lfAzerbaigian (a fonte dei 27 Stati
eurounitari)- con tradizioni giuridiche assai diverse da quelle proprie dei paesi UE.
Dalla Convenzione EDU scaturisce lfobbligo primario degli Stati membri di
riconoscere i diritti enunciati nella Convenzione a tutte le persone sottoposte alla
loro giurisdizione1.
LfItalia . ai fini dellfadattamento del nostro ordinamento interno . ha utilizzato il
procedimento speciale mediante rinvio alla Convenzione costituito dallfordine di
esecuzione contenuto nella legge n. 848 del 1955; questfultimo ha dato alla CEDU
il rango di legge ordinaria.
Numerosi sono gli elementi di differenza del sistema della Convenzione EDU con
il sistema della Corte di giustizia dellfUnione europea.
NellfUnione europea, il compito di garantire áil rispetto del diritto
nellfinterpretazione e nellfapplicazione dei trattati istitutiviâ delle Comunita
europee viene svolto dalla Corte di giustizia in tre principali modi:
a) controllo della legittimita degli atti delle istituzioni dellfUnione europea;
b) vigilanza sul rispetto, da parte degli Stati membri, degli obblighi derivanti dai
trattati;
c) interpretazione del diritto dellfUnione su domanda dei giudici nazionali.
Nessuno di questi compiti compete alla CEDU, spettando essi ad altri organi
internazionali in seno al Consiglio dfEuropa (es. Tribunale amministrativo,
1 Non solo ai loro cittadini, quindi: art. 1 CEDU; non solo nei loro territori nazionali: CEDU Al-
Jedda v. the United Kingdom [GC], no. 27021/08, 7 July 2011; Al-Skeini and Others v. the
United Kingdom [GC], no. 55721/07, 7 July 2011. Sotto tale aspetto la CEDU si differenzia dal
classico diritto internazionale pattizio, con il quale gli Stati contraenti determinano lfinsorgere di
diritti e obbligazioni reciproche utili al perseguimento dei propri rispettivi interessi nazionali.
Nel sistema della CEDU, gli stati hanno lfobiettivo comune della protezione dei diritti della
persona, imponendo la Convenzione obbligazioni agli Stati in favore degli individui (principio
della jouissance des droits).
3
Comitato dei ministri) o non essendo previsti (come nel caso del rinvio
pregiudiziale).
La Convenzione europea crea direttamente dei diritti per i privati (principio
dellfapplicabilite directe); correlativamente, la Corte EDU2 ef investita
normalmente3 su recours individuel (art. 34 della Convenzione), ossia domanda dei
singoli individui4: il sistema ha dunque la peculiarita5 del riconoscimento ai singoli
della possibilita di fare valere direttamente, e addirittura .almeno allfinizio della
procedura- anche senza lfintermediazione di un avvocato, davanti a un organo
giurisdizionale indipendente, la responsabilita internazionale dello Stato per
violazione dei diritti garantiti loro dalla Convenzione e dai suoi Protocolli (cio che
ha rappresentato un evento rivoluzionario nellfambito del diritto internazionale, in
precedenza caratterizzato dal principio di non interferenza nelle questioni interne
dei singoli Stati).
Ef dunque escluso il meccanismo del rinvio pregiudiziale da parte dei giudici
nazionali.
Ulteriore particolarita deriva dalle condizioni di ricevibilita del ricorso previste
dallfart. 35 CEDU e soprattutto da quella costituita dalla gprevious exhaustion of
the domestic remediesh, ossia dal previo esaurimento delle vie di ricorso interne6.
2 Quanto alla composizione della Corte e le sue competenze, nel sistema che risulta dalla
Convenzione, nel testo emendato dai Protocolli addizionali n. 11 e n. 14, lfAssemblea plenaria
della Corte ha oggi solo funzioni amministrative, e la Corte, in sede giurisdizionale, ha quattro
possibili composizioni: a) il giudice unico (che svolge una funzione di gfiltroh, avendo il compito
di dichiarare irricevibile un ricorso inammissibile o manifestly ill-founded, con decisione
definitiva); b) il comitato, composto da tre giudici (e che decide nel merito, con sentenza
definitiva, quando sulla questione allforigine della causa esiste una giurisprudenza consolidata
della Corte: well established case law, c.d. gw.e.c.l.. casesh); la Camera, composta da sette
giudici; d) la Grande Camera, formata da diciassette giudici, adita su referral di una delle parti
(approvato da un panel di cinque giudici) o su relinquishment di una Chambre (sulla non
opposizione delle parti), quando la questione oggetto dello stesso solleva gravi problemi di
interpretazione della CEDU o dei suoi Protocolli ovvero quando la sua soluzione rischia di dare
luogo a un contrasto con una precedente sentenza della Corte.
3 La riserva fa riferimento ai casi di richiesta interpretativa formulata dal Comitato dei
ministri in sede di controllo dellfesecuzione delle sentenze o di richiesta consultiva, o ancora ai
casi, finora pochissimi, di requete interetatique. Con riferimento a tale ultima azione, va
evidenziato che lo Stato che agisce in giudizio, essendo mosso dal solo interesse al rispetto della
Convenzione, non ha bisogno di essere vittima della violazione contestata per agire contro altro
Stato, cosi come puo agire a beneficio dei propri cittadini come dei cittadini di altro Stato.
4 La competenza della Corte concerne i ricorsi, oltre che degli individui in senso stretto
(cioe delle persone fisiche), anche delle organizzazioni non governative e di gruppi di privati, a
condizione che essi posseggano la qualita di vittima di una violazione, restando esclusa
lfammissibilitaf dellfinteresse ad agire per conto terzi (cfr. Ada Rossi e altri c. Italia, ric. n.
55185/08, decisione del 16 dicembre 2008).
5 Il sistema ha analogie solo con quello della Convenzione interamericana, che prevede il ricorso
individuale pero davanti alla Commissione.
4
Tale condizione di ricevibilita del ricorso e espressione del carattere sussidiario
(principio della subsidiariete 7) del sistema europeo di protezione dei diritti e della
funzione svolta al riguardo dalla Corte EDU rispetto agli organi giurisdizionali
nazionali: tale carattere sussidiario non si rinviene nel sistema comunitario.
Dunque, la CEDU interviene, di solito, solo a giudicato formato (il che pone, come
si dira, peculiari problemi) e, in proposito, va ricordato che lfItalia e uno dei pochi
paesi della CEDU che non ha, in materia civile, una normativa che consente la
riapertura del processo reso in violazione della CEDU8.
Altra differenza con la CJUE e quantitativa, data dalla mole del contenzioso. I tre
organi giurisdizionali dellfUnione europea, Corte di Giustizia, tribunale di primo
grado e tribunale della funzione pubblica, hanno finora emesso 15.000 sentenze, a
confronto delle oltre 46 000 della CEDU nel solo anno 2011 (contando, tuttavia,
anche le preponderanti decisioni di irrecevabilitef, oggi dei single judges)9.
Nella divisione che si occupa dei ricorsi contro lfItalia, dove lavoriamo in soli 9
giuristi, abbiamo raggiunto proprio in questi giorni la soglia dei 15000 fascicoli
pendenti, oltre la meta dei quali non sono ricorsi c.d. Pinto10.
Ulteriore particolarita, che non si rinviene nel sistema comunitario, deriva dai
poteri della Corte di ordinare la restituito in integrum o altre misure riparatorie
delle conseguenze della violazione, nonche dal potere del Comitato dei ministri di
6 Lfonere di provare la disponibilita ed effettivita dei ricorsi interni e di dedurre il loro
mancato esaurimento spetta allo Stato convenuto; assolto dallo Stato tale onere, spetta al
ricorrente dimostrare o di avere esaurito tali ricorsi interni o lfinadeguatezza degli stessi in
relazione alle circostanze del caso concreto.
7 Sul principio di subsidiarity, da ultimo, DE SANTIS di NICOLA F., Principle of Subsidiarity
and gEmbeddednesshof the European Convention on Human Rights in the Field of the
Reasonable Time Requirement: the Italian Case, in Jurisprudence, 2011, 18(1), in specie pp. 8-
9.
8 Peraltro, sulla base dellfart. 13, che prevede il diritto a un ricorso effettivo davanti alle
giurisdizioni nazionali, la regola del previo esaurimento non trova applicazione, e la domanda ef
ricevibile, in mancanza di esperimento di vie di ricorso interne che comunque, benche
disponibili, non sarebbero effettive (cioe tali da garantire concrete possibilita di successo).
9 Il Protocollo 11 ha esteso la possibilita di ricorsi individuali senza il filtro della
Commissione, originariamente previsto; cio ha portato allfaumento esponenziale dei ricorsi (nel
1981, 404 casi, nel 1997 4750, oggi pendenti in numero di piu di 150.000, tanto che oggi, come
emerge dal dato riportato nel testo relativo alle decisioni rese, gthere is a large and even
widening gaph (cosi il former President della Corte Jean Paul Costa alla Conferenza di
Interlaken del febbraio 2010) tra i ricorsi depositati e le decisioni rese).
10 Per completezza, e opportuno riportare alcuni dati statistici, secondo i quali:
- lfItalia ef al terzo posto per numero di applications (dopo Russia e Turchia)
- contro questi tre Paesi sono rivolte il 50% delle domande di intervento della Corte
- per quanto riguarda le condanne, lfItalia ef al settimo posto della lista ei paesi piu
condannati, con quantita tripla rispetto alle condanne di Francia e Germania
- le condanne dellfItalia oggi riguardano in prevalenza la violazione del rispetto della vita
privata e familiare e non piu la sola lunghezza dei procedimenti.
5
sorvegliare lfesecuzione delle sentenze, ivi inclusa la possibilita di prendere in
considerazione misure di carattere generale al fine di prevenire nuove violazioni
simili a quella gia constatata o di mettere termine a violazioni continue.
Infatti, secondo lfart. 46, par. 1, CEDU, gli Stati membri hanno lfobbligo di
áconformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono
partiâ. Lfesecuzione di tali sentenze e controllata dal Comitato dei Ministri al quale
le stesse sono trasmesse (art. 46, par. 2, CEDU)11.
Fino a qualche anno fa lfindividuazione di queste misure generali non era operata
dalla Corte, ma nellfambito delle procedure di controllo dellfesecuzione delle
sentenze poste in essere dal Comitato dei Ministri, atteso che lfart. 46, par. 1,
CEDU lascia gli Stati membri liberi di scegliere i mezzi da usare nel proprio
ordinamento per adempiere lfobbligo (di risultato) scaturente da tale previsione
convenzionale.
Piu di recente, peraltro, e emersa la introduzione di nuovi modelli di decisione
della Corte EDU, nei quali si afferma che lfobbligo di prevenire ulteriori violazioni
similari12, nonche, per altro verso, lfadozione nella prassi di nuovi istituti
procedurali (c.d. pilot procedure , o procedura pilota)13.
Tale prassi, di uso crescente, delle gsentenze pilotah, sembra mettere in luce un
mutamento di ruolo della Corte, che assume in via pretoria un ruolo quasicostituzionale,
dove, di fatto, lfoggetto dello scrutinio non ef piu la singola
violazione ma la stessa legislazione (o la prassi) dei Paesi membri e la sua
conformita alla CEDU14.
11 A livello interno, sono stati migliorati i meccanismi finalizzati ad assicurare lfesecuzione delle
pronunce della Corte EDU (art. 1 della legge 9 gennaio 2006, n. 12), áanche mediante norme
volte a garantire che lfintero apparato pubblico cooperi nellfevitare violazioni che possono essere
sanzionate (art. 1, comma 1217, della legge 27 dicembre 2006, n. 296). Con il d.P.C.m. 1‹
febbraio 2007 e stata disciplinata lfattivita attribuita alla Presidenza del Consiglio dei ministri,
stabilendo che gli adempimenti conseguenti alle pronunce della Corte di Strasburgo sono curati
da un Dipartimento di detta Presidenza.
12 A partire dalla sentenza della Grande Camera 26 ottobre 2000, nel caso Kudla c.
Polonia, relativo alla violazione dellfart. 6, ove si indicano misure generali ritenute utili per
porre rimedio o prevenire violazioni simili riguardanti persone diverse dal ricorrente.
13 Nella procedura pilota, relative a violazioni strutturali a diritti protetti dalla CEDU, la
CEDU indica nella sentenza pilota le misure generali che possono porvi rimedio, e sospende la
trattazione degli altri ricorsi simili pendenti in attesa che lo Stato adegui il proprio ordinamento
(talora fissando perfino un termine, come nel caso Xenides-Arestis c. Turchia, ric. n. 46347/99,
sentenza del 22 dicembre 2005, par. 40, quando fu indicato un termine di tre mesi). Altre volte i
casi seriali vengono accantonati di fatto in attesa della pronuncia sul caso gpilotah sostanziale,
come nel caso Scordino (Grande Camera, ric. n. 36813/97, 29 marzo 2006, parr. 234-235), che
ha costituito la premessa delle sentenze della Corte costituzionale n. 348 e n. 349 del 2007.
14 NICASTRO G., Il ruolo della Corte edu nella costruzione di un sistema di protezione dei
diritti fondamentali, Incontro di studio sulle Fonti normative e giurisprudenziali del diritto
dellfUnione europea, riservato ai magistrati nominati con D.M. 8/8/2010, Roma 19-21 settembre
2011, 15-16, che rileva che, per effetto di tali sentenze, la protezione oggi accordata dalla Corte
ai diritti tutelati dalla CEDU mira a travalicare il caso di specie, per rivolgersi verso la generalita
dei soggetti destinatari di leggi o prassi scrutinate dalla Corte e da essa ritenute contrarie, come
6
Le sentenze della Corte hanno unfefficacia plurima.
In primo luogo, costituiscono res iudicata. Ai sensi dellfart. 46, la sentenze
definitiva della Corte ef vincolante, ha autorita di cosa giudicata e, forza
obbligatoria tra le parti e deve essere eseguita; tale efficacia e, tipicamente,
relativa, nel senso che riguarda solo il caso sottoposto allfesame della Corte e le
parti della controversia15.
Inoltre, le sentenze della Corte hanno anche unfefficacia ulteriore, per il valore di
res interpretata apportato dalle sue sentenze, nel senso che esse impongono un
vincolo per gli Stati membri di uniformarsi alla giurisprudenza di Strasburgo,
anche se resa in controversie nelle quali essi non sono stati parte, quando il loro
ordinamento giuridico ponga problematiche analoghe16.
Ef unfefficacia configurata diversamente: per alcuni ha fondamento giuridico
nellfart. 32 CEDU che, nel definire la competenza della Corte EDU, implicherebbe
la garanzia di una applicazione effettiva e armoniosa della Convenzione in tutto il
territorio europeo; per altri, ha un fondamento su unf autorita di mero fatto,
nascente dalla consapevolezza che la negazione di essa potrebbe successivamente
tradursi in una gcondannah da parte della Corte EDU. In ogni caso, si tratta di
unfautoritaf che riesce ad imporsi anche al livello costituzionale dei singoli Stati, o
in relazione al livello costituzionale della fonte (come avviene in alcuni Paesi) o, in
ogni caso, in quanto lfapplicazione della Convenzione nellfordinamento nazionale,
come meglio si vedra piu avanti, si ricollega allfinterpretazione data dalla CEDU
medesima alle norme della Convenzione17.
tali, alla Convenzione.
15 Il riconoscimento della stessa non richiede alcuna procedura di exequatur, come avviene
invece di regola per gli atti giurisdizionali stranieri, discendendo direttamente dalla CEDU.
16 La Corte EDU ha cosi ripetutamente affermato (a partire da Irlanda c. Regno Unito, ric.
n. 5310/71, sentenza del 18 gennaio 1978) che lfinterpretazione fatta propria dalla Corte nelle
singole controversie serve non solo a decidere i casi specifici sottoposti al suo giudizio ma anche
a chiarire e sviluppare le disposizioni convenzionali, le sentenze della Corte áfanno corpoâ con
le disposizioni della CEDU. La Corte nella sua giurisprudenza ha, in diverse occasioni,
censurato lfoperato di giudici dello Stato convenuto i quali non avevano tenuto conto di quanto
da essa gia deciso in fattispecie analoghe (tra le prime pronunce in tal senso, Vermeire c. Belgio,
ric. n. 12849/87, sentenza del 29 novembre 1991; Modinos c. Cipro, ric. n. 15070/89, sentenza
del 22 aprile 1993; lfindirizzo ef ormai consolidato).
17 POLLICINO O e SCIARABBA V., La Corte europea dei diritti dellfuomo e la Corte di
Giustizia nella prospettiva della giustizia costituzionale, Venezia, 2010, 35 ss., richiamano il
gtono super-costituzionaleh della giurisprudenza della Corte EDU, in relazione al quale non
costituisce ostacolo la struttura interna, anche costituzionale, degli ordinamenti nazionali, e
ricordano alcuni casi nei quali .tutelando in maggior misura i diritti dei privati- si ef messo in
discussione e fatto modificare lforientamento precedente del tribunale costituzionale tedesco, ed
in particolare il caso Vogt v. Germania, 26 settembre 1995 (caso relativo alla legittimita
convenzionale dellfesclusione dallfimpiego pubblico di membri attivi di partiti estremisti), ed il
caso Von Hannover v.. Germania, 59320/00, 24 giugno 2004 (caso relativo alla tutela della
privacy nei confronti della liberta di stampa, in relazione alla pubblicazione di foto inerenti la
7
Infine, va considerata la portata delle decisioni della Corte EDU, atteso che, mentre
nel sistema comunitario la soluzione della Corte di Lussemburgo sfimpone piu
agevolmente (anche per il momento del processo nel quale interviene), gtra i 47
paesi del Consiglio dfEuropa esistono 47 meccanismi di rilevanza interna delle
sentenze di Strasburgoh 18 e, nel complesso gsistema multilivelloh, manca un
elemento ultimo di chiusura che escluda il rischio che i giudici interni rimangano
fedeli a quel che ha statuito la Corte costituzionale in contrasto con la CEDU.
2. CRITERI DI INTERPRETAZIONE SEGUITI DALLA CORTE DI
STRASBURGO.
La Convenzione ha una specificita, che deriva dal fatto che essa si distacca
nettamente dalla logica delle obbligazioni sinallagmatiche che e tipica del diritto
internazionale classico, perche gli obblighi sottoscritti dagli Stati contraenti hanno
essenzialmente un carattere obiettivo, in quanto essi hanno lo scopo di proteggere i
diritti fondamentali degli individui contro gli sconfinamenti degli Stati contraenti
piuttosto che quello di creare dei diritti soggettivi e reciproci tra questi ultimi. Nel
sistema della Convenzione, lfimposizione di obbligazioni agli Stati in favore degli
individui (principio della jouissance des droits) non e privo di conseguenze sul
piano giuridico, rilevando la possibilita degli Stati di partecipare alle controversie
inter alios19, la possibilita per i giudici di applicare un criterio ermeneutico di tipo
estensivo nellfinterpretazione delle norme della Convenzione20, e la efficacia di res
interpretata della sentenza nei confronti di Stati diversi da quello convenuto in
giudizio.
Unfaltra affermazione ricorrente nella giurisprudenza della Corte e quella secondo
cui gla Convenzione e uno strumento vivente, che deve essere interpretato alla luce
delle condizioni di vita attualih21.
vita privata della Principessa di Monaco).
18 Sul tema, BRONZINI G., La giurisprudenza multilivello dopo Lisbona: alcuni casi
difficili, in Europeanrights, 29/2011 2011, 121.
19 SUDRE F., La Convention europeenne des droits de lfhomme, Presse Universitaire de
France, Paris, 1990, 16 ss.
20 Come evidenziato da RAIMONDI G., La tutela multilivello dei diritti umani: il ruolo
delle corti dopo Lisbona: il giudice nazionale e l'interpretazione conforme. Il ruolo della Corte
europea dei diritti dell'uomo, in atti dellfincontro di studi in Roma organizzato dal Consiglio
superiore della magistratura, 1‹ febbraio 2010; si e cosi precisato che interpretare in maniera
restrittiva i diritti e le liberta individuali garantiti dalla Convenzione sarebbe contrario allfoggetto
ed allo scopo di questo trattato (Commissione, Asiatici dfAfrica orientale c. Regno Unito,
Rapporto, 192, DR 78-B, 56)
8
Vorrei soprattutto sottolineare, pero, un altro aspetto.
La Corte applica (solo) le regole della Convenzione, le sole che sono vincolanti per
gli Stati e che sono alla base della sua competenza: cio implica, a livello
internazionale, una prospettiva del tutto diversa da quelle propria delle
giurisdizioni domestiche.
La Corte dunque verifica lfeventuale sussistenza di violazioni della Convenzione e
certamente non il rispetto del diritto nazionale nel caso o, peggio, la legittimita
dellfattivita giurisdizionale dei singoli Stati, non essendo la Corte una gquatrieme
instanceh22.
La Corte interpreta le espressioni tecnico-giuridiche contenute nella Convenzione
non alla stregua del diritto interno dello Stato di volta in volta interessato, ma in
maniera autonoma (c.d. principio di autonomia delle previsioni convenzionali):
ritenere diversamente equivarrebbe a lasciare i legislatori nazionali arbitri della
misura delle obbligazioni assunte dai rispettivi Stati nel quadro della Convenzione,
il che sarebbe contrario allfoggetto ed allo scopo di questfultima23.
Un esempio puof ben chiarire questo aspetto.
Lfarticolo 6, paragrafo 1, della Convenzione prevede la garanzia del giusto
processo in relazione ai gdiritti civilih ed allfgaccusa in materia penaleh.
Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di diritto civile e di accusa in
materia penale sono nozioni autonome, che devono essere ricostruite in ambito
convenzionale.
Cosif, con riferimento alla nozione di accusa in materia penale, occorre far
riferimento a tre criteri, alternativi e non cumulativi (Engel et autres c. Pays Bas, 8
juine 1976):
- la qualificazione giuridica nel diritto nazionale
- la natura del potere in questione
- la natura ed il grado di severitaf della sanzione.
Lfapplicazione di tali criteri (ed in particolare del secondo e del terzo) ha
portato la Corte ad estendere le garanzie dellfart. 6 alle controversie
sullfobbligo di versare contributi (Felbrugge c. Paesi bassi, 29 maggio 1986).
Sotto altro profilo, lfinterpretazione autonoma della nozione di diritto civile ha
portato la Corte allfestensione delle garanzie del giusto processo, di cui allfart. 6
21 Tra le tante, Soering c. Regno Unito, 7 luglio 1989, Serie A, n. 161, ˜ 102.
22 Del resto, la presentazione di un ricorso volto ad un puro riesame della vicenda nel
merito del diritto nazionale, senza che siano denunciate violazioni della Convenzione diverse da
quella relativa allfart. 6, e girrecevableh secondo la giurisprudenza della Corte.
23 Compito della Corte ef allora leelaborazione di uno gjus communeh che non puo e non
deve essere subordinato alle qualificazioni giuridiche date alle norme della Convenzione nei
diversi sistemi giuridici degli Stati contraenti.
9
della Convenzione24, alle controversie sul diritto allfottenimento di prestazioni da
parte di assicurazioni sociali o dellfassistenza pubblica (Salesi c. Italia, 26 febbraio
1993)25.
Quanto detto non significa affatto che le norme degli ordinamenti nazionali siano
del tutto irrilevanti, atteso che in molti casi la Corte trova nei diritti nazionali un
parametro per verificare lfesistenza di un europeen consensus, ossia di un
denominatore comune tra le varie legislazioni che ef visto come un elemento utile
per orientare lfinterpretazione della Convenzione o, altre volte, come strumento in
grado di limitare il margine di apprezzamento che la Convenzione lascia agli Stati
in certi ambiti.
Con riferimento a tale ultimo profilo, va evidenziato che il principio di autonomia
della Corte va coordinato con quello, gia richiamato, di sussidiarieta.
Questfultimo principio -indispensabile in un sistema, quale quello della
Convenzione, che raggruppa Stati con diverse tradizioni giuridiche- implica il
riconoscimento dellfautonomia nazionale, alla quale in prima battuta e affidata
lfimpegno di assicurare la jouissance des droits et des libertes protette dalla
Convenzione, con attribuzione di una discrezionalitaf nella scelta dei mezzi utili
per raggiungere il risultato prescritto dalla Convenzione. Da tale principio la Corte
ha tratto nella sua giurisprudenza il c.d. margine di apprezzamento (la marge
dfappreciation) degli Stati contraenti.
In proposito, occorre premettere che, per diversi diritti protetti dalla Convenzione
(ad esempio, i diritti previsti dagli articoli da 8 ad 11 della Convenzione, quali il
diritto al rispetto della vita privata e familiare, la liberta di pensiero, di coscienza e
di religione, la liberta di espressione, la liberta di riunione e di associazione), e
espressamente prevista dalla Convenzione la possibilita per gli Stati contraenti di
limitare la tutela a date condizioni, in considerazione della generale considerazione
che le autorita nazionali sono gmieux placeesh di un tribunale internazionale a
valutare le esigenze di una societa ed a bilanciare tra interessi confligenti.
Come si e efficacemente scritto, gil giudice dell'ordine giuridico maggiore,
interessato ad assicurare il rispetto del principio di uniformita, consente tuttavia un
24 Ne deriva, tra lfaltro, in tutti questi casi, che si applicano le garanzie di indipendenza ed
imparzialita del giudice chiamato a dirimere la controversia sullfatto di esercizio del potere
pubblico (il che ha posto il problema, ad esempio, in alcuni casi pendenti, dellfindipendenza
effettiva dei giudici amministrativi italiani, in ragione della partecipazione ad incarichi arbitrali o
ad incarichi di insegnamento o della espressione di pareri, conferiti da amministrazioni pubbliche
soggette alla loro giurisdizione).
25 Si pensi, ancora, alle controversie relative alla conformazione del diritto di proprieta, alle
sanzioni amministrative (Zaicevs c. Lettonie, 2007), ai procedimenti tributari (Jussila c.
Finlande, 2006), alle sanzioni delle autorita amministrative indipendenti (Menarini c. Italia,
settembre 2011), al rilascio di autorizzazioni amministrative, di autorizzazioni allfesercizio di
attivita professionali.
10
certo margine di difformita, grazie alla teoria del margine di apprezzamento,
riservandosi un giudizio finale sulla necessita/proporzione della diversa disciplina
nazionaleh26.
In tal senso, la stessa Convenzione ammette che gli ordinamenti nazionali
prevedano delle ingerenze legittime in uno dei diritti protetti, ma a condizione che
lfingerenza sia:
- prevista dalla legge
- per uno scopo legittimo
- necessaria in una societa democratica, ossia che sia proporzionata alla
finalita che si prefigge.
La Corte ha precisato nella sua giurisprudenza la gqualitah della legge, dovendo
questa avere i caratteri dellfaccessibilita e precisione.
Per il primo profilo, dei regolamenti interni o delle direttive non pubblicate non
potranno essere di base per restrizioni dei diritti e delle liberta garantite.
Quanto al secondo aspetto, la giurisprudenza afferma che la legge interna
pertinente deve essere formulata in maniera sufficientemente precisa per (limitare
il potere discrezionale dellfautorita amministrativa e giudiziaria e ) permettere alle
persone interessate . alla bisogna con lfaiuto di consigli appropriati . di prevedere,
in una misura ragionevole nelle circostanze di causa, le conseguenze che possono
risultare da un determinato comportamento o atto (Wingrove c. Regno Unito, 25
novembre 1996, Raccolta, 1996, 1937, ˜ 40)27.
Lfingerenza deve avere uno scopo legittimo, spesso indicato nella stessa
disposizione convenzionale.
Lfingerenza deve essere poi á necessaria in una societaf democratica â (c.d.
proportionality test), ossia deve corrispendere a un á besoin social imperieux et
doit etre justifiee par des decisions de justices motivees de facon pertinentes et
suffisantes â.
Non va dimenticato poi che la valutazione discrezionale dei giudici nazionali resta
sempre soggetta al controllo di conformita europea ai criteri stabiliti dalla CEDU
nella sua giurisprudenza (Aleksey Ovchinnikov v. Russia, no. 24061/04, 16
December 2010).
In tema, si ef acutamente osservato28 che, se il test di proporzionalita, o di
bilanciamento tra diritti, e una tecnica che le Corti di Strasburgo e di Lussemburgo
26 CASSESE S., I tribunali di Babele, Donzelli, Roma, 2009, 70.
27 A questo proposito la Corte ha precisato che anche una giurisprudenza nazionale á bien
etablie â come fonte addizionale di regolamentazione puo concorrere ad attribuire alla disciplina
nazionale i caratteri richiesti.
11
hanno in comune, in effetti, pero, gli approcci delle due corti non sono
sovrapponibili.
Infatti, a tacere del fatto che la verifica del margine di apprezzamento e solo
lfultima delle operazioni che la Corte di Strasburgo compie, la CEDU parte dal
diritto da proteggere, e poi considera in quale misura lo stesso diritto puo essere
limitato ed a quali condizioni, laddove nellfottica della Corte di Lussemburgo la
situazione e rovesciata, perche gqui e la liberta economica prevista dal Trattato che
costituisce il primo termine di paragone ed essa potra essere limitata, anche per
proteggere un diritto fondamentale della persona umana, solo in presenza di
gsoverchianti ragioni di pubblico interesseh.
Tale diversa impostazione non e del resto priva di conseguenze pratiche.
Lo stesso Autore ora citato, richiamando il caso Laval deciso dalla Corte di
Lussemburgo . caso, come noto, relativo allfazione collettiva di blocco dei cantieri
e di azioni di solidarieta volte ad ottenere lfapplicazione di paghe conformi a quelle
svedesi anche nei confronti del personale della ditta lettone distaccato in Svezia,
evitando pratiche di dumping sociale-, evidenzia che gsupponendo che la
protezione della liberta economica che veniva in rilievo potesse considerarsi uno
scopo legittimo ai sensi della Convenzione, mancava nella fattispecie una base
legale che espressamente prevedesse una limitazione del diritto di sciopero, o
comunque di azione collettiva, per cui la Corte di Strasburgo sarebbe
probabilmente pervenuta ad una affermazione di violazione della Convenzioneh,
laddove la Corte di Luxemburgo ha affermato che lfazione collettiva intrapresa dai
sindacati svedesi non poteva considerarsi giustificata in quanto sproporzionata,
dovendo prevalere la tutela della liberta di prestazione dei servizi, e dunque della
circolazione dei prestatori di servizi, sul diritto fondamentale ad intraprendere
unfazione collettiva.
28 RAIMONDI G., Lfesperienza della Corte europea dei diritti dellfuomo, intervento alla
tavola rotonda, gDiritti fondamentali e liberta economiche: principi europei e tradizioni
giuridiche nazionalih, Perugia, 25 e 26 marzo 2011, pag. 14
12
3. LA POSIZIONE DELLA CONVENZIONE NEL SISTEMA DELLE
FONTI E LE DIFFERENZE CON LA DISCIPLINA DELLfUNIONE
EUROPEA.
La principale differenza tra la Corte EDU e la CJUE attiene alla base giuridica
delle stesse ed allfinquadramento nel sistema delle fonti degli atti normativi che
esse applicano.
I rapporti tra il nostro ordinamento, quello comunitario e quello convenzionale,
come piu volte ha chiarito anche la Corte costituzionale, si pongono su due livelli
distinti al livello delle fonti29.
Con riferimento ai rapporti tra il nostro ordinamento e quello comunitario, lfItalia
áratificando i Trattati comunitari, c e entrata a far parte dellfordinamento
comunitario, e cioe di un ordinamento giuridico autonomo, integrato e coordinato
con quello interno, ed ha contestualmente trasferito, in base allfart. 11 Cost.,
lfesercizio di poteri anche normativi (statali, regionali o delle Province autonome)
nei settori definiti dai Trattati medesimiâ. Le norme derivanti dalla fonte
comunitaria vengono a ricevere, ai sensi degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.,
diretta applicazione nel territorio italiano, ma rimangono estranee al sistema delle
fonti interne e, se munite di efficacia diretta, precludono al giudice nazionale di
applicare la normativa interna con esse ritenuta inconciliabile (ove occorra, previo
rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, ex art. 234 del Trattato CE, rinvio oggi,
a seguito dellfordinanza Corte cost. n. 103 del 2008 effettuabile anche dalla
Corte costituzionale,quanto meno nel corso di un giudizio in via principale)â.
Resta il ásolo limite dellfintangibilita dei principi fondamentali dellfordinamento
costituzionale e dei diritti inviolabili dellfuomo garantiti dalla Costituzione (ex
multis, sentenze Corte Cost. n. 170 del 1984)â.
La Convenzione non contiene indicazioni sulla sua posizione e il suo modo di
operare allfinterno degli ordinamenti giuridici nazionali degli Stati contraenti,
sicche ognuno dei 47 Paesi stabilisce il proprio criterio di rilevanza interna, e si
hanno Paesi per i quali la Convenzione ha portata costituzionale (come in Austria),
altri in cui ha un rango intermedio (come in Francia), altri ancora ove ha rango di
legge ordinaria (come in Germania).
29 In tema, occorre riprodurre qui, per comodita di lettura, le norme costituzionali in
materia: ai sensi dellfart. 10 della Costituzione italiana, álfordinamento giuridico italiano si
conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciuteâ; lfart. 11 Cost.
stabilisce che lfItalia áconsente, in condizioni di parita con gli altri Stati, alle limitazioni di
sovranita necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioniâ e
ápromuove e favorisce le organizzazioni internazionaliâ; il primo comma dellfart. 117, infine,
prevede che ála potesta legislativa e esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della
Costituzione, nonche dei vincoli derivanti dallfordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionaliâ.
13
La tessitura del rapporto tra lfordinamento italiano e la CEDU, a seguito della
novella del 2001, che ha modificato lfart. 117, primo comma, Cost., ha assunto una
trama del tutto nuova, i cui tratti sono stati scolpiti dalle sentenze (c.d. ggemelleh)
n. 347 e 348 del 2007 della Corte costituzionale (est. Tesauro e Silvestri),
intervenute nella materia dellfespropriazione per pubblica utilita su sollecitazione
in particolar modo della Corte di cassazione, incidendo sulla disciplina relativa ai
criteri di determinazione dellfindennizzo (quanto allfespropriazione di aree
edificabili) e di determinazione del danno (in riferimento alle occupazioni
appropriative)30. Le indicazioni provenienti da tali sentenze sono state poi
sostanzialmente confermate nella giurisprudenza successiva della Corte
costituzionale31.
La Corte costituzionale italiana, esclusa lfapplicazione alla CEDU degli art. 1032 e
1133 Cost., ha precisato che, in mancanza di una specifica previsione
costituzionale, le disposizioni della CEDU, grese esecutive nellfordinamento
interno con legge ordinaria, ne acquistano il rango e quindi non si collocano a
livello costituzionaleh34; a seguito della novella del 2001, che ha modificato lfart.
117, primo comma, Cost., la Corte nelle sentenze gemelle, per la prima volta, ha
potuto pero affermare che <
convenzionale, in particolare della C.E.D.U., si traduce in una violazione dellfart.
117, primo comma, Cost.>>.
La Corte costituzionale ha quindi tratto le conseguenze sul piano della
giurisdizione, prevedendo che:
30 Sul tema, oggi anche Corte Cost. 10 giugno 2011, n. 181, in relazione alla norma che
commisurava lfindennita di espropriazione per le aree agricole al loro valore agricolo.
31 V. le sentenze Corte Cost. n. 1, n. 113 e n. 236 del 2011; n. 87, n. 138 e n. 196 del
2010; n. 311 e n. 317 del 2009.
32 Lfart. 10, primo comma, Cost., il quale sancisce lfadeguamento automatico
dellfordinamento interno alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute,
concerne esclusivamente i principi generali e le norme di carattere consuetudinario (per tutte,
sentenze n. 73 del 2001, n. 15 del 1996, n. 168 del 1994), mentre non comprende le norme
contenute in accordi internazionali che non riproducano principi o norme consuetudinarie del
diritto internazionale.
33 Lfart. 11 Cost., che e la disposizione che ha permesso di riconoscere alle norme
comunitarie efficacia obbligatoria nel nostro ordinamento (sentenze n. 284 del 2007; n. 170 del
1984)â, non trova applicazione nei confronti del diritto pattizio e della CEDU, non essendo
individuabile, con riferimento alle specifiche norme convenzionali in esame, alcuna limitazione
della sovranita nazionaleh (sentenza n. 188 del 1980); la rilevanza del parametro dellfart. 11 non
puo farsi valere, secondo la Corte costituzionale, neppure áin maniera indiretta, per effetto della
qualificazione, da parte della Corte di giustizia della Comunita europea, dei diritti fondamentali
oggetto di disposizioni della CEDU come principi generali del diritto comunitarioâ, anche
perche non vi ef in questa materia una competenza comune attribuita alle (ne esercitata dalle)
istituzioni comunitarie.
34 Tra le molte, per la continuita dellforientamento, Corte Cost. sentenze n. 388 del 1999,
n. 315 del 1990, n. 188 del 1980; ordinanza n. 464 del 2005.
14
- il giudice nazionale riveste il ruolo di ggiudice comune della Convenzioneh
e come tale e investito del potere-dovere di applicare le relative norme35;
- il giudice nazionale applica tali norme << nellfinterpretazione offertane dalla
Corte di Strasburgo nellfinterpretazione offertane dalla Corte di Strasburgo,
alla quale questa competenza e stata espressamente attribuita dagli Stati
contraenti>>;
- ove, poi, lfinterpretazione conforme non giunga allfesito sperato e permanga
il supposto conflitto tra le due norme .in quanto il contrasto e áinsanabile in
via interpretativaâ dal giudice comune (sent. n. 349 del 2007), oppure perche
esiste un diritto vivente contrario ad essa (sentenza n. 239 del 2009). il
giudice nazionale e tenuto a sollevare, utilizzando come norma interposta
quella della CEDU e come parametro lfart. 117, primo comma, Cost.
La Corte, nel risolvere il controllo di convenzionalita in una questione di
legittimita costituzionale, afferma un modello di controllo accentrato di
costituzionalita della norma interna in contrasto con la Convenzione ed esclude il
sindacato diffuso di convenzionalita da parte dei giudici comuni mediante la
disapplicazione; dunque, a differenza di quanto accade per le norme del diritto
comunitario ad geffetto direttoh, il giudice comune non puo <allfapplicazione della norma della C.E.D.U. c in luogo di quella interna
contrastante>>36.
Resta invece possibile lfinterpretazione convenzionalmente conforme della norma
interna ed anzi essa ef, ove possibile, doverosa, atteso che il mancato esperimento
del tentativo di interpretazione conforme rende, quindi, la questione di legittimita
costituzionale inammissibile37.
Quanto allfattivita della Corte in ordine alla valutazione della norma interna in
relazione alla Convenzione, vanno evidenziati almeno tre aspetti.
35 Secondo unfopportuna puntualizzazione, espressa in tema da DE SANTIS di NICOLA F., Fra
Roma e Strasburgo, alla ricerca dellf gequa riparazioneh per il danno non patrimoniale da
irragionevole durata del processo, in www.judicium.it, va distinta lfimmediata precettivita della
CEDU nellfordinamento italiano (che sussiste) dalla sua primaute (che invece manca),
intendendo la prima come efficacia diretta delle norme della Convenzione in quanto recepita con
legge ordinaria, e la seconda come potere/dovere del giudice gcomunehdi disapplicare le norme
interne ad esso contrarie.
36 La Corte costituzionale ha confermato tale orientamento anche dopo entrata in vigore
trattato di Lisbona (v. sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2011), essendo stato escluso
che, per effetto del Trattato di Lisbona, e almeno fin tanto che lfUE non abbia aderito alla
CEDU, il giudice comune sia abilitato a disapplicare le norme interne ritenute incompatibili con
la CEDU, dovendo, viceversa, sempre investire la Corte stessa della relativa questione di
legittimita costituzionale.
37 V. Corte Cost. n. 239 del 2009, la quale ripete, dunque, nella sostanza, lo schema da
anni seguito dalla Corte costituzionale a proposito del dovere di interpretazione conforme alla
Costituzione.
15
In primo luogo, la Corte costituzionale applica la norma interposta nel significato
ad essa attribuito dalla Corte di Strasburgo.
In secondo luogo, il Giudice delle leggi deve verificare in ogni caso che la
disciplina nazionale offra, comunque, un minor tasso di tutela rispetto a quanto
garantito dalla C.E.D.U., <espressamente compatibile dalla stessa Convenzione europea allfart. 53>>.
In terzo luogo, secondo la c.d. gteoria dei controlimitih, la Corte costituzionale
verifica se la norma della C.E.D.U. (che, lo si rammenta, ef norma di rango subcostituzionale)
non si ponga in conflitto con altre norme conferenti della nostra
Costituzione. Si tratta, e bene precisarlo, di una piu ampia operativita dei
gcontrolimitih di quanto essi non operino nei confronti del diritto comunitario,
rispetto al quale vengono in rilievo non gia tutte le norme della Costituzione
(come, per lfappunto, avviene in relazione alla C.E.D.U.), bensi soltanto i gprincipi
fondamentali dellfordinamento costituzionaleh ed i gdiritti inviolabili dellfuomoh,
dalla stessa Carta Fondamentale garantiti 38.
4. LE ATTIVITAf DEL GIUDICE NAZIONALE. LfINTERPRETAZIONE
CONFORME O CONVENZIONALMENTE ORIENTATA.
La giurisprudenza costituzionale ha sottolineato i tre divieti ermeneutici imposti al
giudice nazionale: divieto di disapplicazione della norma interna eventualmente
contrastante con quella convenzionale; divieto di interpretazione della norma
38 Come si vedra meglio dal prosieguo dellfesposizione, una diversa qualificazione delle
norme CEDU ha conseguenze anche in relazione alla c.d. teoria dei contro limiti, teoria che
conviene gsdrammatizzareh, come suggerisce acutamente RUGGERI A., Corte costituzionale e
Corti europee: il modello, le esperienze, le prospettive, in I quaderni europei, Centro di
documentazione europea Universita di Catania, maggio 2010, n. 19, 10-15, atteso che, una volta
che si inquadrino i diritti della Convenzione anche nei diritti fondamentali protetti dallfart. 2
della Costituzione lfoperazione che fa il giudice non ef altro che quella di un normale
bilanciamento tra principi o diritti fondamentali, appartenendo alle autorita nazionali (compresa
la Corte costituzionale) il dovere di evitare che la tutela di alcuni diritti fondamentali . rientranti
nella previsione generale ed unitaria dellfart. 2 Cost. - si sviluppi in modo squilibrato, con
sacrificio di altri diritti ugualmente tutelati dalla Carta costituzionale e dalla stessa Convenzione
europea. Lo stesso autore, poi, ricorda come anche il margine di apprezzamento della stessa
Corte costituzionale resta soggetto al controllo europeo secondo i principi della CEDU, visto che
tale controllo riguarda sia le modifiche legislative sia le decisioni con le quali esse vengono
applicate.
16
convenzionale; divieto di disapplicazione del parametro interposto (norma
convenzionale) in ragione del favor Constitutionis39.
Il giudice nazionale ha pero il dovere/potere di ginterpretazione conformeh della
norma interna a quella pattizia, avendo riguardo alla <consolidatasi sulla norma conferente>>, in modo tale da rispettarne la gsostanzah40.
Si e detto anzi in dottrina che lfimpossibilitaf di interpretazione conforme assurge
ormai a requisito per lfemanazione dellfordinanza di rimessione alla Corte
costituzionale, unitamente alla rilevanza della questione di legittimita
costituzionale ed alla sua manifesta non fondatezza41.
Un esempio di interpretazione conforme nella materia del lavoro puo trarsi
dalla sentenza delle Sezioni Unite civili della Cassazione n. 6529 del 2 marzo
2010, in tema di autodichia della Presidenza della Repubblica in riferimento alle
controversie relative al rapporto di lavoro dei propri dipendenti, dove il
riconoscimento dellfautodichia -diversamente da quanto in precedenza ritenuto da
Cass., S.U., sent. n. 12614 del 1998- e passato attraverso la considerazione non
solo dei principi fissati dalla Costituzione, ma anche di quelli della C.E.D.U.,
siccome gintegrativih dei primi, essendo stata seguita lfinterpretazione dellfart. 6,
par. 1, C.E.D.U. fornita dalla Corte di Strasburgo (con la sentenza 28 aprile 2009,
Savino c. Italia) rispetto allfautodichia della Camera dei deputati, come criterio
orientativo per la soluzione della medesima questione riferita, pero, alla Presidenza
della Repubblica42.
39 Di tali limiti, si e rilevato che sono gli ultimi due a rappresentare, al tempo stesso, la
gmaggiore distanzah rispetto allfomologo meccanismo di controllo di costituzionalita e la piu
forte limitazione degli ordinari poteri ermeneutici su cui vive il diritto giurisprudenziale. E
nondimeno, si tratta di limiti che, benche intensi, esprimono altrettante insopprimibili necessita
del sistema. Secondo tale impostazione, lfeventuale possibilita di un sindacato diffuso sulla
portata delle norme CEDU da parte dei giudici nazionali avrebbe generato, oltre le ben intuibili
frizioni con Strasburgo, lfimpossibilita di governare in termini di minima certezza ed essenziale
affidamento delle decisioni giudiziali, lfenorme mole di materiale giurisprudenziale originato
dalla Convenzione: GAETA P., gControllo di convenzionalitah e poteri del giudice nazionale: i
difficili approcci dellfermeneutica giudiziale, 2011, 19.
40 In tal senso, la stessa europea Corte EDU, 31 marzo 2009, Simaldone c. Italia, ric. n.
22644/03, ma anche la Corte di cassazione, sez. I civile, 20 maggio 2009, n. 10415 e, da ultimo,
Cass., sez. I., sent. n. 14541 del 4 luglio 2011.
41 FOAf S. , Giustizia amministrativa e pregiudizialitaf comunitari ed internazionale. I
confini dellfinterpretazione conforme, Jovene, 2011, 86, che ha giustamente evidenziato che
lfordinanza di rimessione necessita oggi di una motivazione palesemente non incongrua che
giustifichi la necessita della questione di costituzionalita e lfesclusione di soluzioni interpretative
alternative.
42 La Cassazione ha cosi ritenuto che i regolamenti presidenziali emanati con i d.P.R. 24
luglio e 9 ottobre del 1996 sono tali da assicurare la precostituzione, lfimparzialita e
lfindipendenza dei collegi, previsti per la risoluzione delle controversie anzidette, quali
condizioni che presidiano lfesercizio della giurisdizione ordinaria.
17
Ora, dato che in molti casi la norma convenzionale ha un carattere vago, si rende
necessario per lfinterprete il ricorso alle precisazioni date in relazione ad essa dalla
giurisprudenza CEDU. Si tratta di unfapplicazione peculiare del principio di
conformita, secondo il quale la norma di altro ordinamento applicabile va
interpretata secondo il suo ordinamento.
Si tratta di unfoperazione ermeneutica legittima, atteso che, come gia anticipato, la
stessa Corte costituzionale ha precisato che le disposizioni della CEDU vivono
nellfinterpretazione che viene loro data dalla Corte EDU, salvo lfeventuale
scrutinio di costituzionalita43. Si e ben detto al riguardo che lfinterpretazione
conforme della norma convenzionale e, per il principio del monopolio ermeneutico
della Convenzione riconosciuto alla Corte di Strasburgo, goperazione logicamente
zoppah: il parametro interposto e fuori dalla portata ermeneutica del giudice
comune, che non vi ha accesso44.
Quanto detto implica il dovere del giudice ordinario di conoscere la giurisprudenza
della CEDU ed evidenzia lfimportanza di una formazione europea dei giudici45.
Per la verita, emergono in tema alcune rilevanti difficolta pratiche.
Un primo problema attiene alla conoscenza della giurisprudenza della CEDU46, e
cio non tanto per essere questa .a differenza di quella comunitaria, reperibile in
43 In tema, Cass., III sez. civ., 30 settembre 2011, n. 19985, ha riconosciuto effetti
assimilabili a quelli propri del giudicato formale ed immediati, anche in corso di causa, alle
pronunzie della Corte EDU, le quali, una volta divenute definitive, sono dotate della medesima
vis precettiva propria delle norme convenzionali, la cui ricognizione di senso, cosi come operata
a Strasburgo, non puo essere messa in discussione dal giudice nazionale.
44 Cosi GAETA P., gControllo di convenzionalitah e poteri del giudice nazionale:i difficili
approcci dellfermeneutica giudiziale, cit., 2011, 19, che sottolinea che e questo, probabilmente,
lfunico caso in cui al giudice comune e preclusa una interpretazione gcostituzionalmente
orientatah di una norma che non ha rango di norma costituzionale e che quindi ben potrebbe
rientrare nellfambito di tale potesta ermeneutica. Nondimeno, tale potesta, se consentita,
recherebbe con se i segni di una doppia espropriazione: nei confronti della Corte di Strasburgo:
poiche svuoterebbe il senso e lfefficacia stessa delle sue decisioni; nei confronti della Consulta,
perche la priverebbe della funzione di gsuprema garanziah rispetto alla Costituzione di
qualunque norma, compresa quella convenzionale.
45 Cio al fine di contenere il rischio (evidenziato da RUGGERI A., Carte internazionali dei
diritti, Costituzione europea, Costituzione nazionale: prospettive di ricomposizione delle fonti in
sistema, 2007, cit.) <dellfoperatore che, essendo chiamato a svolgere la propria attivita in ambito nazionale, puo esser,
seppur involontariamente o inconsapevolmente, portato a piegare le formule delle Carte
internazionali al fine di adattarle alle peculiari esigenze espresse dalle formule di diritto interno,
si da far scolorire la matrice transnazionale genuinamente espressa dalle Carte stesse,
innaturalmente gnazionalizzatah e rinchiusa in un soffocante provincialismo culturale>>.
46 Vi e -si e detto- gun primitivo ed innegabile handicap giuridico e culturale che
condiziona il controllo di convenzionalita: la sensibilita culturale, la conoscenza normativa e
scientifica del giudice comune sono, innegabilmente, rivolte ed affinate verso la Carta
costituzionale molto piu che verso la Convenzione e la stessa facilita e gnaturalezzah nel
18
tutte le lingue sul sito Curia- solo in lingua inglese o francese (non tradotta
ufficialmente), quanto per le carenze del sistema informativo della CEDU
(HUDOC), privo di un sistema di information retrivial basato su unfattivita di
massimazione (intesa non solo come estrazione di principi giuridici, ma .comfe
proprio del C.E.D. della Cassazione italiana- come inserimento di questi in un
sistema ordinato di precedenti giurisprudenziali).
Il problema e anche piu complesso, in quanto oltre il 90% delle sentenze definitive
della CEDU (rese dai single judges, molte delle quali relative a domande
manifestement mal-fonde) non sono conosciute nemmeno dalle parti del processo
(che ricevono solo una lettera del Registry, che le informa dellfirricevibilita della
loro pretesa, senza altri elementi)47.
Un secondo problema riguarda l'adattamento del principio convenzionale
affermato dalla CEDU.
La giurisprudenza sulla Convenzione e produzione casistica, modellata sul
precedente tipico dei sistemi di common law, laddove lfapplicazione di essa non
puo che essere generalizzata, erga omnes, spesso in sistemi improntati a regole
giurisprudenziali opposte: in questa trasposizione, il giudice nazionale e tenuto a
ricavare da un caso concreto un principio di diritto quanto piu generale possibile,
da applicare poi ad un altro caso concreto, quello al suo esame.
Va considerata pure la diversita degli ordinamenti, atteso che la Corte EDU si
occupa di casi specifici che originano da un determinato ordinamento che non ef
sempre il nostro: non e quindi sempre facile tradurre la decisione concreta della
CEDU . ove lfinterpretazione non e separata dallfapplicazione . in un enunciato
interpretativo generale, valido per tutti gli ordinamenti e per tutti gli individui
soggetti alla loro giurisdizione.
Per quanto detto, puo essere in concreto difficile trarre dalla giurisprudenza di
Strasburgo indicazioni univoche.
Un terzo problema e quello dellfeterogeneita e della consistency della
giurisprudenza CEDU. Sotto il primo profilo, si e ben rilevato che la stessa Corte
costituzionale non ha modulato lfintensita dellfeffetto vincolante in alcun modo:
non ha distinto, ad esempio, tra giurisprudenza di Strasburgo consolidata e non
consolidata, tra pronunce rese da una Camera e pronunce rese dalla Grande
Camera, tra pronunce rese allfunanimita e pronunce che presentano (alcune o
numerose) opinioni dissenzienti (senza considerare che, talora, le dissenting
greperire il dirittoh che origina dallfuna o dallfaltra sono profondamente differentih: cosi
GAETA P., op. loc. cit., 2011, 13.
47 Il tema rimanda un altro, che qui non puo pero essere affrontato, relativo alla attribuzione
delle applications alle varie formazioni giudiziarie, attivita fatta usualmente dal Registry, ed
allfeffettivita ed efficacia dei controlli dei giudici CEDU sullfattivitaf del Registry. Sul tema,
interessanti riferimenti in SACCUCCI A., Lfentrata in vigore del Protocollo n. 14 e le nuove
regole procedurali per la sua applicazione, in Diritti umani e dir. internaz., 2010, 324.
19
opinions appaiono molto piu persuasive di quelle approvate dalla maggioranza
contingente che ha espresso la decisione), tra pronunce definitive e pronunce non
definitive; non ha distinto tra sentenze di condanna e sentenze che accertano la non
violazione della Convenzione; non ha distinto, soprattutto, tra sentenze rese nei
confronti dellfItalia e sentenze rese nei confronti di altri Paesi, ne, allfinterno delle
prime tratta diversamente le sentenze che accertano una violazione strutturale della
Convenzione discendente dalla medesima legge italiana sottoposta al giudizio di
costituzionalita48.
Sotto il secondo profilo, va osservato che, se e vero che la Corte EDU e
tendenzialmente fedele ai propri precedenti49, non va sottaciuto che la stessa
Grande Camera, oltre a potere ovviamente ribaltare la pronuncia di una Camera
quando sia investita del riesame della stessa dalle parti, puo anche rivedere un
proprio orientamento, qualora ravvisi ácogentiâ o anche solo ábuoneâ ragioni per
farlo: basta ricordare in proposito due casi italiani di Grand Chambre del 2011,
Giuliani e Gaggio, relativo ai fatti del G8 di Genova, e Lautsi, riguardante la
vicenda del crocifisso esposto nei locali pubblici, rimasti soggetti a valutazioni
opposte in sede CEDU ed a mutevoli maggioranze.
Si puo anche ritenere che lfallineamento alla giurisprudenza di Strasburgo potrebbe
essere limitato alle ipotesi in cui vi sia un indirizzo ormai stabile della stessa,
espressivo di un gdiritto viventeh della Corte (altro essendo poi il problema di
stabilire quali siano gli indici comprovanti lfesistenza di un diritto siffatto: si
potrebbe pensare che occorre un riconoscimento del w.e.c.l. da parte della stessa
Corte, che demanda finalmente ad un Comite la decisione nella materia), lasciando
invece un margine, sia pure contenuto, ai giudici per interpretazioni diverse nei
casi in cui lforientamento della Corte appaia ancora in via di definizione.
Ad ogni modo, sembra inevitabile un minimum di stabilita giurisprudenziale,
espressione di un orientamento, e non una isolata pronuncia, sebbene
inevitabilmente la soluzione del problema non puo essere generale, dipendendo dal
contenuto della pronuncia, dalla materia e dalle circostanze del caso concreto.
Altro problema deriva dal contento delle pronunce della CEDU, che non sono
motivate come le sentenze italiane e che a volte, su problemi giuridici anche
cruciali, gglissanoh sorprendentemente o gsi trinceranoh in un richiamo allfequita
(cio che implica, naturalmente, un minor vincolo per il giudice di merito adito in
48 LAMARQUE E., Gli effetti delle sentenze della Corte di Strasburgo secondo la Corte
costituzionale italiana, in Corr. Giur., 2010, 7, 958.
49 La Corte EDU, in Chapman c. Regno Unito, ric. n. 27238/95, sentenza del 18 gennaio 2001,
par. 70, ha affermato che, anche nellfinteresse della certezza del diritto e dellfuguaglianza
davanti alla legge, e importante che la Corte non si scosti senza motivo dai propri precedenti;
Tuttavia, la Corte non e vincolata dai propri precedenti in ogni caso, sicche potrebbe sempre
mutare la propria giurisprudenza se ci sono áconvincenti ragioniâ per farlo (Cossey c. Regno
Unito, ric. n. 10843/84, sentenza del 27 settembre 1990, par. 35; Scoppola c. Italia, ric. n.
10249/2003, sentenza del 17 settembre 2009, par. 104).
20
questioni analoghe): si pensi alla quantificazione del danno (i cui criteri sono
spesso inespressi in sentenza, almeno nel dettaglio sufficiente a consentirne una
consapevolezza critica) o al titolo stesso del danno (ad esempio, non e chiaro se il
danno morale spesso riconosciuto dalla CEDU sia attribuito alla parte jure proprio
o jure hereditatis e secondo quali parametri concreti di quantificazione).
Ancora, si e segnalato che un margine di apprezzamento e anche proprio delle
autorita giurisdizionali in sede interpretativa, come potere di adattamento
dellforientamento giurisprudenziale europeo al caso concreto sub judice, secondo
la tecnica del distinguishing (volta a valorizzare le particolarita del caso di specie).
La stessa CEDU, nella citata pronuncia Simaldone c. Italia, ha affermato che áuno
Stato parte della Convenzione dispone di un margine di apprezzamento per
organizzare una via di ricorso interna in maniera coerente con il proprio sistema
giuridico e le sue tradizioni, in conformita con il livello di vita della sua nazioneâ
e, ancora, che ála circostanza che il metodo di calcolo dellfindennizzo previsto nel
diritto interno non corrisponda esattamente ai criteri stabiliti dalla Corte non e
decisiva, dal momento che le giurisdizioni Pinto arrivano ad accordare somme non
irragionevoli rispetto a quelle accordate dalla Corte in casi similih.
In ogni caso, va espressamente ribadito che il giudice incontra i limiti
dellfinterpretazione conforme50, che non puo tradursi in una disapplicazione di
fatto della norma; come ritenuto dalla Corte Cost. in relazione allfinterpretazione
di norme sospette di incostituzionalita, lfunivoco tenore della norma segna il
confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al
sindacato di legittimita costituzionale51.
Infine, si e posto il problema dell'assenza di una noma interna da conformare, in
quanto il contrasto con la CEDU nasce proprio per l'assenza della norma protettiva,
con le conseguenti difficolta derivanti dalla riluttanza della Corte costituzionale a
pronunce additive52. Ma la via da ultimo descritta non sembra necessaria: in senso
50 La giurisprudenza comunitaria ha individuato i limiti dellfinterpretazione conforme nel
caso Angelidaki, ove e stato chiarito che lfobbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al
contenuto di una direttiva nellfinterpretazione e nellfapplicazione delle norme pertinenti del
diritto nazionale trova i suoi limiti nei principi generali del diritto, in particolare in quelli della
certezza del diritto e dellfirretroattivita, e non puo servire a fondare unfinterpretazione contra
legem del diritto nazionale.
51 v. a proposito dellfinterpretazione conforme a Costituzione, Corte cost. n.218/2008 e
Corte cost. n.26/2010.
52 Sul punto, GAETA P., gControllo di convenzionalitah e poteri del giudice nazionale:i
difficili approcci dellfermeneutica giudiziale, 2011, 25, ha rilevato che uno dei piu frequenti
problemi che si pongono al giudice nazionale, stretto in una morsa allfapparenza ineludibile: per
un verso, egli e chiamato, nella vicenda giudiziaria al suo esame, a dare attuazione ai dicta di
Strasburgo; per altro verso, egli e sovente nellfimpossibilita di adattare a quel decisum una
21
diverso, puo ben ritenersi che il giudice ordinario debba dare attuazione
direttamente alla norma convenzionale proprio in ragione dell'efficacia diretta che
essa ha nel nostro ordinamento, limitandosi la questione di legittimita solo alle
ipotesi in cui vi sia non una mera lacuna, ma un vero e proprio contrasto, nel senso
che la disciplina interna preclude comunque un diritto garantito dalla Convenzione.
norma interna, per la semplice ragione che questfultima non esiste o rappresenta un rimedio
talmente distante e diverso, che fornirne unfinterpretazione gconformeh risulta quasi impossibile.
Siamo, insomma, al limite della c.d. violazione strutturale della norma convenzionale da parte
dellfordinamento interno. A realizzare il contrasto e lfassenza di una norma: recte lfimpossibilita
di adattare una norma esistente al precetto di Strasburgo. Manca dunque lfoggetto stesso della
conformazione. In questi casi, secondo le regole ermeneutiche dettate dalla Corte costituzionale,
il giudice dovrebbe sollevare questione di legittimita costituzionale della norma interna gnella
parte in cui non prevedech, denunciando lfimpossibilita di un gcontrollo di convenzionalitah
proprio per lfimpossibilita di pervenire ad esso mediante lo strumento dellfinterpretazione
conforme. Ma anche tale scelta ha le sue controindicazioni: ed i giudici nazionali lo sanno bene.
Invero, a fronte di un incidente di costituzionalita cosi costruito, il Giudice delle leggi ha, a sua
volta, fornito spesso risposta negativa dichiarando inammissibile la questione: infatti, la scelta
normativa dello strumento giuridico, della specifica soluzione che valga a conformare
lfordinamento interno a quello sopranazionale, pertiene alla discrezionalita del legislatore e assai
raramente si traduce in una soluzione gcostituzionalmente obbligatah, consentendo cosi
lfintervento additivo del Giudice delle leggi.
22
5. LfAPPLICAZIONE DIRETTA DELLA NORMA CEDU DA PARTE DEL
GIUDICE NAZIONALE E LA NON APPLICAZIONE DELLA NORMA
NAZIONALE CONTRASTANTE.
In tema di non applicazione della norma interna per contrasto con quella
convenzionale, va preliminarmente osservato53 che in varie ipotesi il problema che
si pone allfinterprete e diverso, in quanto non si ef in presenza di un vero conflitto
tra norme di diverso livello.
La prima ipotesi si ha per il caso che tra norma interna e norma convenzionale non
si dia un vero e proprio contrasto, quanto piuttosto una ggraduatah tutela ai diritti,
idonea in tesi a risolversi a beneficio della norma che prevede una tutela piu
intensa del diritto fondamentale. Cio avviene non solo nellfipotesi in cui la norma
convenzionale appronta una tutela maggiore rispetto alla norma nazionale, ma
anche nellfipotesi opposta, ove la disciplina nazionale offra un maggior tasso di
tutela rispetto a quanto garantito dalla C.E.D.U. (in tale ultimo caso la norma
nazionale trovera applicazione in quanto ritenuta espressamente compatibile dalla
stessa Convenzione europea allfart. 53).
La seconda ipotesi riguarda poi lfeventualita che faccia difetto una previsione
normativa di diritto interno (perche manca del tutto o perche abrogata dalla CEDU
sopravvenuta54) e che pertanto si possa far subito applicazione della previsione
convenzionale idonea a colmare il vuoto legislativo.
Al di la della considerazione che il confine tra interpretazione conforme e
disapplicazione non ef sempre netto, il vero problema resta pero quella della
possibilita o meno del giudice ordinario di non applicare la norma interna nel caso
in cui essa effettivamente contrasti con norma convenzionale come interpretata
dalla Corte EDU.
Sebbene nella giurisprudenza di merito e di legittimita, ed anche nella
giurisprudenza amministrativa, non sono mancate pronunce che hanno ammesso
tale potere55, la soluzione negativa si ef affermata nella giurisprudenza nazionale, a
53 Con RUGGERI A., Applicazioni e disapplicazioni della CEDU, 2011, in
www.forumcostituzionale.it .
54 RUGGERI A., ibidem, sottolinea la strutturale ambiguita ed il doppio volto della
Convenzione, quale legge e parametro di validita delle leggi, sicche in caso di vuoto legislativo il
vuoto non cfe proprio perche cfe la Convenzione, ossia la legge con cui e stata recepita in ambito
interno ed alla quale, come legge, i giudici restano -secondo la Costituzione- soggetti..
55 V. App. Firenze 20 gennaio 2005, in tema di risarcimento danno da occupazione
acquisitiva, nonche Cass. sez. I civile, 19 luglio 2002, n. 10542, in tema di risarcimento del
danno da occupazione acquisitiva, e di Cass., sez. I civile, 23 dicembre 2005, n. 28507, in tema
di equa riparazione per irragionevole durata del processo. Si ricordi poi la Cassazione penale
sullfincidenza della CEDU sul giudicato penale, aspetto che sara esaminato amplius infra. Piu di
23
seguito del chiaro orientamento sul punto della Corte costituzionale, dalle sentenze
gemelle del 2007 in poi.
Parte della dottrina appare invece diversamente orientata. Il punto di partenza del
ragionamento vede lfaffermazione del fondamento costituzionale dei diritti CEDU,
per effetto dellfapplicabilita agli stessi dei principi di cui allfarticoli 2, 10 e 11
Cost.
Si e cosi detto56 che il gia evidenziato primato interpretativo della Corte di
Strasburgo sulle corti nazionali e la stessa incidenza dei diritti fondamentali della
CEDU sulle liberta comunitarie consente di rinvenire nellfart. 11 Cost. il
fondamento per lfordinamento interno della CEDU, atteso che il sistema della
Convenzione integrerebbe una limitazione di sovranita, necessaria ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni.
Altri hanno richiamato lfart. 10 Cost.: non intendo richiamare le teorie che
affermano che la norma possa dar copertura al diritto pattizio57, bensi
recente, le Sezioni Unite penali della Cassazione (sent.n. 27918 del 14 luglio 2011) hanno
prospettato la capacita delle norme CEDU, ed in particolare dellfart. 6, di costituire direttamente
ed immediatamente parametro immediatamente vincolante per il giudice comune. Nella
giurisprudenza amministrativa, TAR Lazio . Roma, 18 maggio 2010, n. 11984, secondo cui gil
riconoscimento dei diritti fondamentali sanciti dalla CEDU come principi interni al diritto
dell'Unione, osserva il Collegio, ha immediate conseguenze di assoluto rilievo, in quanto le
norme della Convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli
Stati membri dellfUnione, e quindi nel nostro ordinamento nazionale, in forza del diritto
comunitario, e quindi in Italia ai sensi dellfart. 11 della Costituzione, venendo in tal modo in
rilevo lfampia e decennale evoluzione giurisprudenziale che ha, infine, portato allfobbligo, per il
giudice nazionale, di interpretare le norme nazionali in conformita al diritto comunitario, ovvero
di procedere in via immediata e diretta alla loro disapplicazione in favore del diritto comunitario,
previa eventuale pronuncia del giudice comunitario ma senza dover transitare per il filtro
dellfaccertamento della loro incostituzionalita sul piano internoh. In senso analogo, Consiglio di
Stato, 22 maggio 2010, n. 1220, secondo cui gin questa fase del giudizio la Sezione deve fare
applicazione dei principi sullfeffettivita della tutela giurisdizionale, desumibili dallfarticolo 24
della Costituzione e dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dellfuomo
(divenuti direttamente applicabili nel sistema nazionale, a seguito della modifica dellfart. 6 del
Trattato, disposta dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1‹ dicembre 2009)h. La tesi,
tuttavia, e stata poi sconfessata dal Consiglio di Stato, Sezione VI sentenza 15 giugno 2010 n.
3760 - per cui il trattato di Lisbona nulla ha modificato circa la non diretta applicabilita
nellfordinamento nazionale della CEDU che rimane, per lfItalia, un obbligo internazionale, con
tutte le conseguenze in termini di interpretazione conforme e di prevalenza mediante questione di
legittimita costituzionale.
56 SCODITTI E., Giudici europei: dialogo ascendente e discendente. La prospettiva del giudice
comune nazionale, Incontro di studio sul tema gI giudici e la globalizzazione: il dialogo tra le
corti nazionali e sopranazionalih, Roma 22-24 giugno 2009, Consiglio Superiore della
Magistratura.
57 Mi riferisco alla tesi, minoritaria, di chi afferma lfesistenza tra le norme internazionali
generalmente riconosciute di cui allfart. 10 Cost. del principio pacta sunt servanda, con la
24
lforientamento di chi58 rileva che soprattutto alcune norme della Convenzione di
Roma del 1950 - e segnatamente, quelle che sanciscono garanzie fondamentali,
quali il diritto alla vita (art. 2), il divieto di tortura (art. 3), lfinammissibilita della
condizione di schiavitu (art. 4), la presunzione dfinnocenza (art. 6) . sono
geffettivamente riproduttive di analoghe norme consuetudinarie esistenti nella
Comunita internazionaleh, sicche tali norme avrebbero una copertura costituzionale
ex art. 10 Cost.
Sotto altro profilo, si e richiamato lfart. 2 Cost., tenendo complessivamente distinto
il regime spettante alla Convenzione EDU da quello delle rimanenti convenzioni
internazionali. Si e cosi detto59 autorevolmente che la CEDU sembra vantare una
copertura non inferiore (e, anzi, persino piu estesa e consistente) di quella offerta al
diritto dellfUnione, una copertura che viene da principi fondamentali nel loro
comporsi in gsistemah che vede una protezione a livello costituzionale come pure
internazionale.
In tutte queste ipotesi, sembra inevitabile dover riconoscere che gil bilanciamento
interordinamentale pianamente si traduce in uno endocostituzionaleh60.
Una via ulteriore che porta al riconoscimento in capo al giudice nazionale del
potere di non applicazione della norma interna contrastante con la CEDU deriva
dai rapporti di questfultima con, in genere, norme eurounitarie self-executing e, in
particolare, con la Carta dei diritti fondamentali dellfUnione europea
(comunemente nota come Carta di Nizza, gia proclamata nel 2000, ma il cui valore
giuridico ef mutato a seguito del Trattato di Lisbona).
Infatti, nel Trattato di Lisbona si rinviene il riconoscimento (art. 6, par. 1), da parte
dellfUnione, dei <fondamentali >>, alla quale viene assegnato lo <Trattati>>61.
conseguente affermazione della volonta del costituente di adeguare il nostro ordinamento a tutti
gli strumenti pattizi stipulati dallo Stato italiano, i quali avrebbero rango costituzionale, ovvero
alla tesi, parzialmente diversa, di chi afferma lfinderogabilita dei trattati una volta immessi nel
nostro ordinamento ad opera del legislatore, in base al principio pacta recepta sunt servanda.
58 RUGGERI A., Carte internazionali dei diritti, Costituzione europea, Costituzione
nazionale: prospettive di ricomposizione delle fonti in sistema, Relazione allfincontro di studio
su La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dellfuomo, organizzato dal Consiglio
Superiore della Magistratura, Roma 28 febbraio - 2 marzo 2007
59 RUGGERI A., ibidem.
60 RUGGERI A., Applicazioni e disapplicazioni della CEDU, 2011, cit.
61 Nella giurisprudenza della Cassazione civile, come evidenziato da una Relazione del
Massimario sul tema, 2010, il rilievo peculiare della disciplina recata dalla Carta di Nizza, in
quanto gparte integranteh del Trattato di Lisbona, si rinviene in piu di una decisione. Tra gli altri
casi, un diretto riferimento alla Carta di Nizza, siccome gcontenuta nel Trattato di Lisbonah,
proviene da Cass., sez. III, sent. n. 5770 del 10 marzo 2010; decisione assunta e pubblicata in
un contesto temporale nel quale detto Trattato era ormai entrato efficacemente in vigore (1‹
dicembre 2009). La Corte ha inteso operare una peculiare valorizzazione, in tema di
25
Si proclama, altresi, che (art. 6, par. 3) i diritti fondamentali della CEDU <risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri fanno parte del
diritto dellfUnione in quanto principi generali>.
Non va dimenticato, del resto, che la Corte di Lussemburgo ha preso in
considerazione i diritti fondamentali della persona compresi nei principi generali
del diritto comunitario dei quali essa assicura il rispetto 62.
complessiva liquidazione del danno non patrimoniale, della voce di danno costituita dal gdanno
moraleh, reputandolo ancorato al diritto inviolabile dellfintegrita morale, <espressione della dignita umana, desumibile dallfart. 2 Cost., in relazione>>, per lfappunto,
<agosto 2008, n. 190>>, cosi da tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e
della concreta gravita del fatto, <come una quota minore proporzionale al danno alla salute, dovendo dunque escludersi la
adozione di meccanismi semplificativi di liquidazione di tipo automatico>>.
Non soltanto un richiamo, ma lfapplicazione diretta, sebbene in concorso con i principi
costituzionali nazionali, della Carta di Nizza, in quanto vincolante a seguito dellfentrata in vigore
del Trattato di Lisbona, e invece esplicito in Cass., sez. III, sent. n. 2352 del 2 febbraio 2010,
che, per lfappunto, riconosce alla menzionata Carta <e per il catalogo completo dei diritti umani>>. Nel cassare lfimpugnata sentenza di merito, in
controversia risarcitoria per i danni (patrimoniali e non patrimoniali) patiti da un medico
ospedaliero a causa degli atti vessatori compiuti nei suoi confronti dal diretto superiore, la
richiamata decisione di legittimita ha imposto al giudice del rinvio il vincolo di un principio di
diritto ispirato anche <dignita umana (che include anche la dignita professionale) ed allo art. 15 che regola la liberta
professionale come diritto inviolabile sotto il valore categoriale della liberta>>, quali <di diritto comune europeo, che hanno il pregio di rendere evidenti i valori universali del principio
personalistico su cui si fondano gli Stati della Unione>>.
62 Come ben ricordato da RAIMONDI G., La tutela multilivello dei diritti umani: il ruolo
delle corti dopo Lisbona: il giudice nazionale e l'interpretazione conforme. Il ruolo della Corte
europea dei diritti dell'uomo, cit., 2010, le cui considerazioni qui si riportano, fin dalla sentenza
Stauder del 12 novembre 1969 (causa 29/69), la Corte comunitaria ha preso in considerazione i
diritti fondamentali della persona compresi nei principi generali del diritto comunitario dei quali
essa assicura il rispetto; con la sentenza International Handgesellshaft del 17 dicembre 1970
(Causa 11/70), la Corte ha precisato che la salvaguardia dei diritti fondamentali, in quanto
principi generali dellfordinamento comunitario, deve essere ispirata dalle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri. Successivamente, con la sentenza Nold del 14 maggio
1974 (Causa 4/73), la Corte ha soggiunto che gli strumenti internazionali relativi alla tutela dei
diritti dellfuomo possono ugualmente fornire elementi di cui bisogna tener conto nellfambito del
diritto comunitario, per giungere poi, con la sentenza Rutili del 18 ottobre 1975 (Causa 36/75) a
citare esplicitamente la Convenzione europea dei diritti dellfuomo, cio che non deve stupire,
giacche si tratta della prima sentenza del genere pronunciata dopo che, con la ratifica della
Francia nel maggio del 1974, tutti i Paesi comunitari erano divenuti Parti della Convenzione.
Quindi, lfarticolo F, comma 2, del Trattato di Maastricht sullfUnione europea del 7 febbraio
1992, entrato in vigore il 1‹ novembre 1993, con il quale si stabili che gLfUnione rispetta i diritti
fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dellfuomo e delle liberta fondamentali ... e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni
degli Stati membri, in quanto principi generali di diritto comunitarioh non fece altro che
cristallizzare una prassi giurisprudenziale gia definita, impedendone una . peraltro improbabile
26
Quanto ai rapporti tra la Carta di Nizza e la CEDU, al di la della loro diversa
portata63, va ricordato che la Carta di Nizza, nel titolo VII, rubricato
<>,
fissa il criterio che impone di reputare di pari gsignificatoh e gportatah i diritti della
Carta che corrispondano a quelli garantiti dalla CEDU, da coordinarsi con il
criterio della non preclusione della protezione piu estesa eventualmente concessa
dal diritto dellfUnione (art. 52, par. 3). Lfattivitaf interpretativa non puo poi, essere
tale da comprimere o ledere i diritti e le liberta fondamentali <rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell'Unione, dal diritto
internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l'Unione o tutti gli Stati
membri sono parti, in particolare dalla Convenzione europea per la salvaguardia
dei Diritti dell'Uomo e delle Liberta fondamentali, e dalle costituzioni degli Stati
membri>> (art. 53).
Inoltre, il Presidium della gConventionh, cioe lforgano che ha elaborato la Carta,
ha redatto una Tabella di corrispondenza, distinguendo gli articoli della Carta che
hanno significato e portata identici agli articoli corrispondenti della Convenzione
. modifica. Lfarticolo F, comma 2, e ora divenuto, dopo il Trattato di Amsterdam del 2 ottobre
1997, entrato in vigore il 1‹ maggio 1999, lfarticolo 6, comma 2, del Trattato sullfUnione
europea.
63 La piu rilevante novita della Carta di Nizza risiede (come opportunamente rilevato da
RAIMONDI G., La tutela multilivello dei diritti umani: il ruolo delle Corti dopo Lisbona: il
giudice nazionale e lfinterpretazione conforme. Il ruolo della Corte europea dei diritti
dellfuomo, cit.,) nel fatto di contemplare, non soltanto i tradizionali diritti civili e politici, detti
gdi prima generazioneh (cui, principalmente si riferisce la CEDU), ma anche i c.d. diritti gdi
seconda generazioneh (cioe economici e sociali), i c.d. diritti gdi terza generazioneh, vale a dire
áquelli che sono il frutto, come si ricorda nel preambolo, ádellfevoluzione della societah e gdegli
sviluppi scientifici e tecnologicih c come la tutela ambientale, la protezione dei consumatori, il
diritto allfintegrita della persona nellfambito della medicina e della biologiaâ, oltre ai ádiritti
riservati ai cittadini dellfUnioneâ. Sul tema, BRONZINI, op. loc. cit., 2011, 2, rileva
incisivamente che, sebbene la CEDU non offra un ordinamento che integra le principali
prerogative del lavoro e della sicurezza sociale (al contrario della Carta di Nizza), lfespansivita
delle sue disposizioni nel settore sociale sta diventando macroscopica (come si vedra meglio
dallfesposizione che segue -nel testo- relativa alla giurisprudenza in materia di lavoro e
previdenza ed assistenza). Lo stesso autore sottolinea peraltro come nella CEDU la garanzia dei
diritti sociali diventa gepifenomeno di quella di diritti di altra generazione, civili e di liberta, un
side-effect che non puo non apparire controverso, posto che tutelare il nucleo di un diritto
sociale come riflesso di diritto di proprieta o di credito, e certamente operazione sino ad oggi
estranea allforizzonte ermeneutico del giudice ordinario di paesi come il nostroh. La descritta
situazione ha anche importanti conseguenze pratiche, atteso che .come sottolineato acutamente
dal richiamato Autore- le norme di attribuzione di prestazioni socio-economiche hanno
necessariamente alle spalle considerazioni, soprattutto oggi, e complesse valutazioni di tenuta dei
bilanci pubblici e relative alle gerarchie di urgenza nellfattribuzione delle risorse sempre piu
scarse, con i conseguenti rischi di compressione di diritti sociali in tempi di crisi.
27
europea dei diritti dellfuomo da quelli che pure hanno significato identico agli
articoli corrispondenti.
Dunque, la Carta di Nizza, per quel che si riferisce ai diritti gia protetti dal sistema
CEDU, tende ad assicurare nellfambito della UE un livello di protezione almeno
corrispondente a quello previsto dal sistema di Strasburgo, senza escludere áuna
protezione piu intensaâ (art. 52, comma 3, e art. 53 della Carta); cio e del tutto
conforme a quanto prevede lfart. 53 della CEDU, secondo il quale: áNessuna delle
disposizioni della presente Convenzione puo essere interpretata come recante
pregiudizio o limitazione ai Diritti dellfuomo e alle Liberta fondamentali che
possano essere riconosciuti in base a leggi di qualunque Stato contraente o da
altri accordi internazionali di cui tale Stato sia parteâ.
Le norme richiamate sanciscono, dunque, il principio per cui tra diritto interno,
diritto CEDU e diritto U.E. (anche alla luce della Carta) debba prevalere
necessariamente la disposizione piu protettiva: dal combinato di queste norme
emerge la creazione di unfampia zona (la piu ampia del mondo) nella quale tutte le
varie voci del coro contribuiscono ad elevare armonicamente il livello di
protezione dei diritti fondamentali64; in tal modo, nel pluralismo degli ordinamenti
prevale la visione del giudice piu protettiva dei diritti di singoli 65.
Da un lato, allora, con il trattato di Lisbona, le clausole della Carta sono divenute
diritto gcogenteh, il cui rispetto trova presidio in severe sanzioni sia nei confronti
delle Istituzioni europee, sia degli Stati membri, ed esse devono trovare
applicazione <selfexcuting>>; in altri termini, la tutela dei diritti fondamentali entra ormai negli
ordinamenti nazionali per il tramite della loro coincidenza con le previsioni della
Carta di Nizza.
Dallfaltro lato, inoltre, nel sistema delle fonti dopo Lisbona, si apre un varco alla
possibilita per il giudice nazionale di riconoscere unfefficacia orizzontale ai diritti
riconosciuti dalla CEDU, atteso che, come si e ben detto in proposito66, l'art. 53
64 Cosi TRIA L., La piu recente giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di
rapporti tra lfordinamento nazionale e lfordinamento europeo (con lo sguardo rivolto alla tutela
del diritto al lavoro e alla sicurezza sociale), nella relazione, ricca di riferimenti, tenuta
nellfincontro di studio organizzato dallfUfficio distrettuale dei Magistrati referenti per la
formazione decentrata della Corte dfappello di Roma (svoltosi a Roma il 26 maggio 2010), dal
titolo: gLa giurisprudenza europea sui diritti fondamentali in materia di lavoro. Le fonti, i casi, i
principi, gli strumentih, 27.
65 Cosi GENEVOIS B., Cour europeenne des droits de l'homme et juge national: dialogue
et dernier mot, in La conscience des droits, Melanges en l'honneur de Jean-Paul Costa, Dalloz,
2011.
66 TORREGROSSA D., Le fonti nel sistema multilivello europeo: verso una nuova Unione
europea nella tutela dei diritti fondamentali?, in www.ildirittoamministrativo.it, 21-22, che
evidenzia che lfart. 53 della Carta dei diritti fondamentali rappresenta la legittimazione
normativa della dottrina dei controlimiti, che acquistano una natura sovranazionale, aprendo un
28
consente una tutela dinamica dei diritti fondamentali, assicurando il livello di
protezione piu elevato, a prescindere che questo derivi da fonte comunitaria o
nazionale, anche a scapito della primazia del diritto dellfUnione europea.
Da cio la gmutazione geneticah che i controlimiti vengono a subire per effetto del
trattato di Lisbona, che comporta che questi, da misure meramente difensive,
diventano misure di natura propulsiva di integrazione fra gli ordinamenti, la cui
applicazione non e piu rimessa al monopolio esclusivo della giurisprudenza
costituzionale, ma viene affidata ai giudici nazionali nel dialogo con la Corte di
giustizia.
Ne segue, in altri e piu chiari termini, che la sede abilitata alla valutazione del
rispetto dei diritti fondamentali da parte della normativa comunitaria non e piu in
via esclusiva la Corte costituzionale, ben potendo procedere a siffatta ponderazione
ogni giudice nazionale, avvalendosi, nelle ipotesi di dubbi interpretativi, del
supporto della Corte di giustizia67. Non dovremmo allora piu chiederci se il
bilanciamento fra diritti e valori fondamentali e consentito al giudice comune o
soltanto al legislatore ed al giudice costituzionale. Infatti, se per la Corte
costituzionale il controllo convenzionalita e rincoducibile ad una questione di
costituzionalita, si e detto in senso diverso che non sembra seriamente possibile
dubitare che il giudice comune, proprio nel compiere l'attivita di conformazione
del diritto interno alla CEDU, proceda attraverso una tecnica che prende in
considerazione i diversi diritti che entrano in gioco al fine di giungere al grisultatoh
che appare il migliore possibile per l'affermazione della massima tutela di valore (e
si ef anzi auspicato da alcuni che lfinterpretazione conforme dei giudici comuni
possa creare un diritto vivente opponibile alla stessa Corte costituzionale). Si tratta,
in altri termini, di un aspetto dell'agire del giudice ad esso consustanziale,
ineliminabile, se appunto si guarda al tema dell'interpretazione costituzionalmente
orientata che anch'esso non puo tralasciare68.
Se, secondo la Corte costituzionale, la coincidenza suddetta tra norme della Carta
di Nizza e norme della CEDU dopo Lisbona non incide sul carattere accentrato del
sindacato ex 117 verso le norme della CEDU69; la dottrina, tuttavia, e giunta ad
dialogo tra le corti di merito e la Corte di giustizia. Ne consegue, dunque, che i controlimiti
gnon costituiscono il rigido muro di confine fra ordinamenti, ma il punto di snodo, la cerniera nei
rapporti tra lfUnione europea e gli Stati membri. I controlimiti diventano elemento di
integrazione tra gli ordinamenti, privilegiando l'applicazione del diritto nazionale, in deroga al
principio di primazia del diritto dell'Unione europea, laddove consenta livelli di protezione piu
elevati.
67 Ancora TORREGROSSA D., op. loc. cit., 21-22.
68 CONTI R., La convenzione europea dei diritti dell'uomo, Aracne, Roma, 2011, 259.
69 La Corte rileva che ái diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del
diritto comunitario di cui il giudice comunitario assicura il rispetto, ispirandosi alle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri ed in particolare alla Convenzione di Roma (da ultimo,
su rinvio pregiudiziale della Corte Costituzionale belga, sentenza 26 giugno 2007, causa C29
una diversa soluzione, almeno per i diritti che rientrano nellfambito del diritto
comunitario.
Infatti, se le norme nazionali contrastino contestualmente con la Carta di Nizza e
con la CEDU, per il primo aspetto dovrebbero essere non applicabili mentre per il
secondo aspetto dovrebbero essere sottoposte alla Corte costituzionale; ne
deriverebbe naturalmente lo svuotamento del meccanismo del sindacato accentrato
sulle leggi ganticonvenzionalih atteso che, immettendosi in ambito interno, le
norme della Carta prendono subito il posto delle corrispondenti norme nazionali,
con la conseguenza che non vfe piu spazio per questioni di costituzionalita (mentre
il diritto convenzionale verrebbe messo al riparo dallfattacco che gli sia mosso
dalla legge direttamente dal giudice ordinario, pur se non con effetti erga omnes).
In tal caso, ponendosi una questione che sia, a un tempo, di gconvenzionalitah e di
gcomunitarietah, il giudice dovrebbe dar la precedenza alla tecnica della gnon
applicazioneh piuttosto che a quella della denunzia della illegittimita costituzionale
della norma interna contraria ad entrambe le Carte europee, e cio non solo per la
ragione teorica appena esposta, ma anche per quella pratica connessa allfesigenza
del giusto processo (vista lfincidenza che lfopposta soluzione avrebbe sulla durata
della lite).
Come si e ben rilevato70, lfipotesi che si affaccia e quella di un controllo di
comunitarieta diffuso del diritto nazionale, naturalmente nei limiti delle
competenze comunitarie, ma anche oltre, se si ha riguardo a quella giurisprudenza
della corte comunitaria (e segnatamente il caso K.B. del 7 gennaio 2004, C-
117/2001, ed il caso Richards del 26 aprile 2006, C-423/2004 sulla legge inglese
che non consentiva la registrazione allfanagrafe del mutamento di sesso) che
collega la violazione del principio di non discriminazione non ad una disciplina
nazionale rientrante nellfarea di competenza comunitaria, ma alla legislazione che,
pur estranea allfarea comunitaria, incide su una delle condizioni di godimento del
diritto tutelato dallfordinamento comunitario.
Il vero problema giuridico diverrebbe, semmai, quello relativo alla possibilita di
applicare la giurisprudenza CEDU al fine di interpretare lfidentico diritto
contenuto nella Carta di Nizza, operazione questa spesso necessaria per dare
concretezza ad una previsione normativa altrimenti talora generica e vaga.
305/05, Ordini avvocati c. Consiglio, punto 29). Tuttavia, tali principi rilevano esclusivamente
rispetto a fattispecie alle quali tale diritto sia applicabile: in primis gli atti comunitari, poi gli atti
nazionali di attuazione di normative comunitarie, infine le deroghe nazionali a norme
comunitarie asseritamente giustificate dal rispetto dei diritti fondamentali (sentenza 18 giugno
1991, C-260/89, ERT). c. La Corte di giustizia ha precisato che non ha tale competenza nei
confronti di normative che non entrano nel campo di applicazione del diritto comunitario
(sentenza 4 ottobre 1991, C-159/90, Society for the Protection of Unborn Children Ireland;
sentenza 29 maggio 1998, C-299/95, Kremzow).
70 SCODITTI, op. loc. cit., 2009, 26.
30
Ora, se e vero che un riferimento alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo
nella Carta di Nizza non poteva esserci, non avendo lfUnione allfepoca aderito alla
CEDU, ed anche a non considerare la norma contenuta nella Carta di Nizza .e
sopra richiamata- di apertura alla CEDU, dovremmo considerare che qui ci si
muove nel campo dellfinterpretazione di norme, campo nel quale i poteri del
giudice ordinario sono tutti conservati71.
Si puo richiamare a sostegno di tale soluzione il comma terzo dellf articolo 53,
ritenendosi che la norma intende consentire agli interpreti della Carta di seguire le
indicazioni gsul contenuto e sulla portatah dei diritti (tutelati da entrambi gli
Elenchi) offerte dai giudici di Strasburgo; soluzione che diviene anzi doverosa72,
salvo che, naturalmente, lfinterpretazione dei giudici di Lussemburgo non debba
prevalere ut magis valeat quale strumento di protezione dei fundamental rights, in
quanto piu idonea a tutelare tali diritti).
Sulla base dei principi sopra enunciati, sembra possibile affermare con attenta
dottrina73 la possibilita della non applicazione della norma interna contrastante con
la CEDU quando detto contrasto sussista in riferimento a quei diritti riconosciti
dalla CEDU che:
a) siano ácorrispondentiâ a quelli contenuti nella Carta di Nizza (art. 52, par. 3, di
detta Carta); ovvero
b) facciano parte del diritto dellfUE quali áprincipi generaliâ in quanto
appartenenti alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri (art. 6, par. 3,
TUE).
71 Non va dimenticato, del resto, che la Carta di Nizza non contiene disposizioni dirette a
istituire un meccanismo comunitario di controllo del rispetto dei diritti fondamentali da parte
degli Stati membri, come rilevato da RAIMONDI G., op. loc. cit., che aggiunge che un
meccanismo del suddetto genere, sia pure in nuce e previsto dallfart. 7 del Trattato sullfUnione
europea dopo Amsterdam, in base al quale al Consiglio europeo e consentita lfadozione di
sanzioni ánei confronti degli Stati membri che si siano resi responsabili di violazioni di diritti
fondamentaliâ.
72 Cosif BRONZINI, op. loc. cit., 2011, 3, che ricorda che si e stabilizzato un orientamento
estensivo e razionale dellfart. 51 della Carta, un rapporto virtuoso tra testo di Nizza e CEDU
che lascia spazio alla Corte di giustizia per una propria interpretazione ut magis valeant dei
diritti protetti da entrambi, i Bill of rights europei, e che quindi non schiaccia la propria
giurisprudenza su quella di Strasburgo, ma cionondimeno e in grado di valorizzare quanto
emerge da questfultima.
73 NICASTRO, op. loc. cit. 2011, 18-19, che pur precisa che formalmente, in tali ipotesi il
giudice nazionale potra pervenire a detta disapplicazione non in quanto sussista un contrasto tra
la norma interna e i diritti fondamentali della CEDU in quanto tali, ma in quanto sussista un
contrasto tra la norma interna e quei diritti della CEDU ai quali fa formale rinvio il diritto
dellfUnione con le sopra citate disposizioni (artt. 52, paragrafo 3, primo periodo, della Carta di
Nizza e art. 6, paragrafo 3, TUE), richiedendosi per la disapplicazione la necessaria mediazione
del diritto dellfUE.
31
Da ultimo, va rilevato che su queste problematiche e attesa una pronuncia della
Corte di giustizia dellfUE, considerato che il Tribunale di Bolzano, il 7 dicembre
2010 . Kamberaj, causa C-571/10, in GUUE 12 febbraio 2011, relativa
all'interpretazione delle norme comunitarie sulla parita di trattamento ai fini
dell'applicazione al sussidio casa per i locatari non abbienti anche in favore dei
soggiornanti di lungo periodo. ha effettuato un rinvio pregiudiziale proprio per
richiedere se, in caso di conflitto fra norma nazionale e CEDU, il richiamo operato
dallfart. 6 TUE alla CEDU gli imponga di disapplicare la fonte interna
incompatibile senza dovere previamente sollevare questione di costituzionalita
innanzi alla Corte costituzionale nazionale)74.
6. IL LIMITE DEL GIUDICATO (GIUDICATO COSTITUZIONALE,
PENALE, CIVILE).
Il principio di sussidiarieta che governa il sistema di accesso alla Corte europea e
la correlata imposizione dellfepuissement prealable dei rimedi giurisdizionali
previsti dallfordinamento nazionale, quale condizione imprescindibile di accesso
alla tutela della CEDU, implica che la sentenza CEDU deve rapportarsi con un
giudicato interno.
Da qui il problema se il giudicato (che e in quanto tale espressione
dellfordinamento nazionale) possa costituire, o meno, un limite allfapplicazione
delle sentenze della Corte internazionale.
Esaminiamo distintamente il giudicato costituzionale, penale e civile. Inizio per
mere ragioni storiche dal giudicato penale.
Lfaffermazione negli artt. 41 e 46 della CEDU del diritto della parte vittoriosa in
sede CEDU alla restituito in integrum implica la rinnovazione del giudizio
nazionale o la riapertura del processo gia esaurito tutte le volte che questo sia lo
strumento necessario per riattribuire al privato la protezione del diritto
fondamentale protetto dalla Convenzione.
Costante e infatti lfaffermazione nella giurisprudenza della Corte EDU che áun
nuovo processo ovvero la riapertura del procedimento a richiesta dellfinteressato
costituiscano in linea di principio un mezzo appropriato per porre rimedio alla
constatata violazione â (Corte EDU, Grande Camera, Sejdovic c. Italia - ric.
74 Nelle conclusioni del 13 dicembre 2011 dellfAvvocato generale Bot la questione e stata
tuttavia assorbita da altra piu vicina al merito stretto della questione.
32
56581/00-˜ 126;Corte EDU, 18 gennaio 2011,ric. N. 2555/03, Guadagnino c.
Francia, ˜ 81).
In sede penale, il principio ha avuto riconoscimento da Cass. pen. 12 luglio 2006,
n. 32678, Somogyi75, che dava il via ad una vera e propria svolta della
giurisprudenza di legittimita favorevole al riconoscimento dellfimmediata
efficacia delle norme CEDU e del diritto vivente promanante dalla Corte di
Strasburgo.
Lfindirizzo veniva quindi ribadito, a seguito della decisione della Commissione
europea, da Cass. n. 2800/06, Dorigo76, che dichiarava lfinefficacia dellfordine di
carcerazione emesso in esecuzione della sentenza di condanna divenuta definitiva,
ritenendo ineseguibile il giudicato dopo lfaccertamento della violazione delle
regole della CEDU.
La Cassazione, nellfescludere in radice la possibilita per il giudice nazionale di
rimettere in discussione lfaccertamento della violazione operato dal giudice
europeo nei confronti dellfimputato, afferma nella detta sentenza che áil giudice
nazionale italiano e tenuto a conformarsi alla giurisprudenza della corte di
Strasburgo, anche se cio comporta la necessita di mettere in discussione,
attraverso il riesame o la riapertura dei procedimenti penali, lfintangibilita del
giudicatoâ.
Successivamente, anche Cass. n. 45807/08, Drassich77, ribadiva il principio,
ammettendo un nuovo caso di ricorso straordinario contro le sentenza della Corte
di Cassazione, ex art. 625 bis c.p.p..
Da ultimo, Cass. pen. 11 febbraio/28 aprile 2010 n. 16507, Scoppola- che fa
seguito a Corte EDU, 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia- preso atto
dellfiniquita e dellfineseguibilita del giudicato per il fatto nuovo costituito dalla
sentenza della Corte dei diritti dellfuomo, la Corte ha stimato rilevanti lfesigenza di
provvedere allfimmediata caducazione della decisione viziata, di modificare la
pena inflitta con sentenza della Corte di Assise di Appello, rideterminandola.
75 Nel caso, era divenuta definitiva la sentenza di primo grado a carico dellfimputato, ma
la Corte europea aveva ritenuto che non vi era la certezza che il condannato avesse avuto
effettiva conoscenza del processo. Il giudice di legittimita aveva cosi annullato senza rinvio
lfordinanza con la quale la Corte di appello aveva respinto la richiesta di Somogyi di restituzione
nel termine, ai sensi dellfart. 175 c.p.p., per impugnare la sentenza di primo grado, ed ha
restituito il ricorrente nel termine per proporre appello, non ritenendo che tale istanza potesse
risultare paralizzata in ragione del giudicato interno formatosi in ordine alla ritualita del giudizio
contumaciale svoltosi in base alla normativa del codice di procedura penale.
76 Nella sentenza Dorigo era in gioco la celebrazione di un processo che si era concluso
con lfaffermazione di responsabilita a carico dellfimputato sulla base di dichiarazioni rese da
coimputati nel corso delle indagini preliminari, senza possibilita per lfaccusato di interrogarli o
di farli interrogare.
77 Nel caso concreto, la contrarieta del giudicato nazionale rispetto alla CEDU riguardava
il mancato riconoscimento del diritto dellfimputato di interloquire sulla diversa definizione
giuridica del fatto corruttivo ed aveva inciso sullfesito del ricorso per cassazione, impedendo la
declaratoria di estinzione del reato per prescrizione che, per contro, avrebbe dovuto essere
dichiarata se lfaccusa, nel suo inquadramento giuridico, non fosse stata modificata.
33
Il principio veniva salutato favorevolmente dalla miglior dottrina78. Tuttavia, tale
posizione contrastava nettamente con quanto affermato da Corte cost. n. 348 e 349
del 2007 e dalla successiva giurisprudenza costituzionale, che ha sempre costruito
il sistema della Convenzione come caratterizzato dallfessere norme internazionali
pattizie, che vincolano lo Stato, ma non producono effetti che prevalgono
sullfordinamento interno.
Le sentenze richiamate non risolvevano il problema, e non tanto per lfefficacia
dellfindirizzo limitata al singolo caso di specie, ma perche potevano solo realizzare
lfesigenza primaria costituita dalla riapertura del processo, lfesito del quale non
poteva in alcun modo prevedersi prima del nuovo processo.
La giurisprudenza aveva pero aperto la strada ad un nuovo intervento, con efficacia
erga omnes questa volta, alla Corte costituzionale: mentre in passato la Corte cost.
aveva giudicato manifestamente infondata la questione (Corte cost. 129/2008), con
la sentenza 7 aprile 2011, n. 113, la Corte Costituzionale ha dichiarato
costituzionalmente illegittimo, per la violazione dellfart. 117, primo comma, Cost.
e dellfart. 46 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dellfuomo e delle
liberta fondamentali, lfart. 630 c.p.p., nella parte in cui non prevede un diverso
caso di revisione della sentenza o del decreto penale di condanna al fine di
conseguire la riapertura del processo, quando cio sia necessario, ai sensi dellfart.
46, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dellfuomo e delle
liberta fondamentali, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte
europea dei diritti dellfuomo.
La sentenza, additiva di principio, apriva tuttavia la strada ad un istituto che restava
non regolato, essendo cosi costretta ad affidare al giudice comune, nelle fase
processuale che si andra ad aprire innanzi al medesimo, un potere davvero
significativo di disapplicazione delle norme interne sul processo di revisione79.
Si tratta dello stesso potere che in precedenza la Corte ha espressamente ritenuto
invece di negare in termini generali a proposito del rapporto tra norma
convenzionale e norma interna, tanto da indurre la dottrina a sottolineare come
medio tempore i giudici sono abilitati a fare qualcosa che la stessa Corte ha negato
a se stessa: produrre regole per tabulas afferenti allfambito riservato al legislatore80
.
78 AA.VV., La Convenzione europea dei diritti dellfuomo nellfordinamento penale
italiano, a cura di MANES V., e ZAGREBELSKY V., Milano, 2011, 509 ss.; SELVAGGI E.,
Le sentenze della Corte europea dei diritti dellfuomo e il giudicato nazionale: conflitto non
risolvibile?, nota a Cass, 22 settembre 2005, Cat. Berro (1), in Cass. pen., 2006, 10, 3171;
CONTI R., La Corte dei diritti dellfuomo e la Convenzione europea prevalgono sul giudicato - e
sul diritto- nazionale, in Corr. giur., 2007, 5, 689 ss; RUGGERI A., La cedevolezza della cosa
giudicata allfimpatto con la Convenzione europea dei diritti umanicovverossia quando la
certezza del diritto e obbligata a cedere alla certezza dei diritti, tutti in http://www.astridonline.
it
79 Come rilevato da CONTI R., La scala reale della Corte costituzionale sul ruolo della
Cedu nellfordinamento interno, in Corr. Giur., 2011, 9, 1252
34
Piu complesso, allo stato attuale della giurisprudenza, e il problema della
rimuovibilita del giudicato costituzionale e delle relative condizioni ed effetti.
Se tecnicamente il giudicato costituzionale riguarda le sentenze di accoglimento,
occorre allargare il campo di indagine, atteso che un contrasto tra Corte
costituzionale e CEDU puo ben aversi anche in relazione ad un giudizio
costituzionale di rigetto.
In linea generale, a differenza di quanto puo aversi con riferimento alle sentenze
della Corte di Lussemburgo81, un vincolo discendente a carico del giudice
costituzionale dalle pronunzie della Corte EDU e solitamente escluso sia perche le
sentenze CEDU non portano in se alla caducazione degli atti interni stata, sia
perche la Convenzione ha una posizione sub costituzionale nel sistema delle fonti.
Per approfondire ulteriormente il problema, e opportuno distinguere il giudicato
costituzionale di accoglimento dalla sentenza di rigetto.
Nel primo caso, si puo fare lfesempio della dichiarazione di illegittimita
costituzionale di una legge nazionale che prevede un diritto fondamentale, con
conseguente rigetto della domanda di sua tutela da parte del giudice ordinario e
successivo ricorso -vittorioso per il privato- alla CEDU.
Ora non vi ef dubbio che effetto caducatorio legge causato dalla Corte
Costituzionale ef irreversibile, e che la sentenza della CEDU non incide sul
giudicato costituzionale, ma sulla tutela del caso singolo (ed al piu su situazioni
analoghe, ma ferma restando in ogni caso lfinapplicabilitaf della legge nazionale
travolta dal giudizio costituzionale).
Si tratta, tuttavia, di chiedersi se la pronunzia della Corte EDU possa autorizzare il
legislatore a (ed, anzi, di imporgli di) ripristinare il medesimo atto
(ingiustamentec) caducato. Il contrasto pero raramente si verificherebbe perche
lfintervento del legislatore riguarderebbe nuove disposizioni (e formalmente non la
reviviscenza delle vecchie espunte), sicche quelle andrebbero pur sempre
confrontate con le vecchie in un diverso giudizio.
In ogni caso, si e ben osservato che -se si considera che la CEDU, come
interpretata dai giudici di Strasburgo, puo vantare una copertura costituzionale
nellfart. 2 Cost., e dunque non inferiore di quella offerta al diritto dellfUnione
dallfart. 11- diviene inevitabile ritenere che anche gil conflitto tra giudicati e un
conflitto tra valori c come tale bisognoso di essere ripianato in applicazione della
tecnica usuale del bilanciamento. I giudicati si giocano, insomma, ogni volta la
80 CONTI R., ibidem, 1254.
81 Un conflitto tra Corti con riferimento a giudicato costituzionale di accoglimento si ef
avuto innanzi alla CJUE 2009 (C-314/08, Filipiak), ove il tribunale costituzionale polacco aveva
dichiarato una norma legislativa nazionale contraria alla Costituzione, differendone tuttavia la
caducazione ad un tempo successivo, laddove una successiva pronunzia europea aveva imposto
di far applicazione da subito del diritto comunitario e della caducazione della norma nazionale.
Ma qui la soluzione era piu agevole atteso che le pronunzie della Corte di Lussemburgo
potrebbero essere viste come una sorta di ius superveniens gparacostituzionaleh.
35
partita alla pari, per la elementare ragione che lfuno e lfaltro sono espressi e
gcopertih da valori fondamentalih82: dunque, secondo questfimpostazione, la
Corte Cost., chiamata a giudicare della nuova legge, dovra operare un nuovo
bilanciamento, senza che a cio osti la propria precedente pronuncia.
In ogni caso, sono questioni che non toccano la parte vittoriosa in sede CEDU, cui
spettera la tutela riconosciuta dalla CEDU a prescindere dal quadro normativo
nazionale.
Con riferimento alle decisioni di rigetto della Corte costituzionale, ribadito che
secondo lfopinione prevalente queste decisioni non attingono mai il giudicato in
senso tecnico, il piu delle volte il conflitto e meramente apparente, nulla
opponendosi a che una norma di legge sia mandata assolta dal sospetto della sua
violazione nei riguardi della Cost. e risulti poi incompatibile con norma della
CEDU (come pure dellfUnione): trattasi di questioni diverse, inidonee ad
interferire o a sovrapporsi lfuna con lfaltra.
Il conflitto invece si avrebbe nel caso in cui la legge sia accusata davanti alla
Consulta proprio di violare una norma convenzionale, senza che sia stata rimossa,
ed invece la violazione sia accertata successivamente dal giudice internazionale.
Secondo i principi, a seguito della pronuncia della CEDU si avrebbe comunque
lfobbligo per il legislatore di rimuovere sollecitamente lfatto legislativo
ganticonvenzionaleh e, per la stessa Corte costituzionale, di caducarlo alla prima
occasione utile, tenendo conto della sopravvenienza, sempre che non vi siano dei
contro limiti da applicare.
Anche in tale ambito, pero, varrebbe quanto detto sopra in ordine al bilanciamento
di (giudicati e di) valori operato dalla Corte costituzionale nel nuovo giudizio.
Veniamo adesso al giudicato civile.
Come gia rilevato, per il principio del previo esaurimento dei ricorsi interni (art.
35, par. 1, CEDU), la Corte EDU si occupa normalmente di vicende gia definite
sul piano interno, con sentenze passate in giudicato adottate, quanto a norma
sostanziale applicata per risolvere la controversia o a disciplina processuale, in
violazione della CEDU83.
82 Per queste considerazioni, RUGGERI A., Corte costituzionale e Corti europee: il
modello, le esperienze, le prospettive, in I quaderni europei, Centro di documentazione europea
Universitaf di Catania, maggio 2010, n. 19, loc. cit.
83 Il problema si pone anche rispetto alle sentenze della CJEU; con riferimento a queste ultime,
si segnalano le sentenze CJEU 18 luglio 2007, c-119/05, Lucchini, e CJEU 3 settembre 2009, c-
2/08, Fallimento Olimpiclub. La prima sentenza riguardava lfapplicazione dellfart. 2909 c.c. con
lfeffetto di impedire il recupero di un aiuto di Stato erogato in contrasto con le disposizioni
comunitarie; la seconda sentenza riguardava una fattispecie in cui un giudicato tributario
incideva sulla qualificazione di un rapporto di durata e con effetto anche in relazione a diversi
periodi di imposta, in contrasto con le disposizioni comunitarie; sul tema, SPITALERI F.,
Postilla: il caso Fallimento Olimpiclub, e GENCARELLI B., Alcune riflessioni conclusive sui
36
Quanto allfefficacia delle sentenze della Corte EDU84, esse hanno natura
dichiarativa: con esse la Corte dichiara se ávi e stata violazione della Convenzione
o dei suoi Protocolliâ. Inoltre, ai sensi dellfart. 41 CEDU, áse la Corte dichiara che
vi e stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno
dellfAlta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le
conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, quando e il caso, unfequa
riparazione alla parte lesaâ.
Le sentenze della CEDU non incidono quindi direttamente nellfordinamento dello
Stato convenuto; la Corte EDU non puo annullare atti o normative nazionali che
ritenga incompatibili con gli obblighi internazionali.
La sentenza crea, tuttavia, precisi obblighi a carico dello Stato convenuto nei
confronti del quale e stata accertata la violazione.
Occorre in proposito distinguere il piano delle misure individuali, che riguardano
la vittima della violazione, dal piano delle misure che interessano terzi in posizione
analoga.
Quanto alle misure individuali, lo Stato ha anzitutto lfobbligo di fare quanto e in
suo potere per porre termine alla violazione (naturalmente se continuata) e per
rimediare alle sue conseguenze dannose. Lfobbligo principale dello Stato e quindi
quello della restitutio in integrum (Papamichailopoulos and Others v. Greece, ric.
n. 14556/89, sentenza del 31 ottobre 1995, in materia di proprieta di immobili).
Lfobbligo della restitutio in integrum puo imporrre, su domanda dellfinteressato, la
riapertura del processo o un nuovo processo, che si possa svolgere in modo áequoâ85
rapporti tra diritto comunitario e atti nazionali definitivi, in AA.VV. (cur. SPITALERI F.),
Lfincidenza del diritto comunitario e della CEDU sugli atti nazionali definitivi, Giuffref, 2009,
rispettivamente pag. 271 e 121 ss., che sottolineano lfincidenza del diritto comunitario su alcuni,
non secondari, effetti del giudicato.
84 Su cui si rimanda in generale a RAIMONDI G., Effetti del diritto della Convenzione e delle
pronunce della Corte europea dei diritti dellfuomo, in Riv. int. dir. uomo, 1998, 422 ss..
85 Principio affermato dalla CEDU in materia penale, Somogyi c. Italia, ric. n. 67972/01,
sentenza del 18 maggio 2004; Sejdovic c. Italia, ric. n. 56581/00, Grande Camera, sentenza del
1‹ marzo 2006. Sin dalla Raccomandazione del 19 gennaio 2000, R (2000) 2 - cui ha fatto
seguito la Raccomandazione 1684 (2004) dellfAssemblea parlamentare del Consiglio dfEuropa -
il Comitato dei Ministri ha sollecitato gli Stati membri a prevedere la celebrazione di un nuovo
processo, nel caso in cui la Corte abbia constatato una violazione della Convenzione, ed in
particolare quando la parte lesa continui a risentire gravi conseguenze negative a seguito della
decisione nazionale (non compensabili con lfequa riparazione), nonche quando risulti dalla
sentenza della Corte che la decisione nazionale e contraria ai principi di fondo della
Convenzione, o che la violazione constatata e provocata da errori o mancanze del procedimento
di una gravita tale da condizionare lo stesso esito del procedimento interno. Peraltro, il Comitato
dei Ministri e lfAssemblea parlamentare del Consiglio dfEuropa hanno piu volte stigmatizzato .
anche con reiterate risoluzioni e raccomandazioni, emesse proprio in riferimento a specifiche
vicende processuali . lfinerzia dello Stato italiano nellfapprontare adeguate iniziative riparatorie
(Risoluzione n. 1516 (2006), adottata il 2 ottobre 2006 dallfAssemblea parlamentare del
37
, il che puo implicare che venga messo in discussione il giudicato formatosi sulla
vicenda.
Un altro obbligo dello Stato soccombente, obbligo sussidiario (operando quando la
restitutio in integrum in favore dellfinteressato non e, in tutto o in parte, possibile),
ef quello di pagare unfequa soddisfazione allfinteressato per i danni86.
Sul tema, va richiamata da ultimo la Raccomandazione CM/Rec (2008) 2 adottata
dal Comitato dei Ministri il 6 febbraio 2008, disciplina gI mezzi efficaci da
adottare a livello interno per l'esecuzione rapida delle sentenze della Corte europea
dei diritti dell'Uomoh87.
Con riferimento invece alle misure che non riguardano la vittima, va rilevato che
dalle sentenze della CEDU deriva un obbligo di misure generali atte a prevenire
violazioni dello stesso genere di quella constatata: cio puo importare anche
lfobbligo dello Stato di modifica dellfordinamento positivo interno e lfadozione di
specifiche misure normative che incidano su prassi amministrative e su prassi
giudiziarie88.
Nella gran parte dei casi, il giudicato non rileva, atteso il contenuto della sentenza
della CEDU, che prevede una tutela autonoma, estranea allfoggetto specifico del
giudizio nazionale (e del giudicato): si pensi al caso dellfequa riparazione
accordata dalla Corte, quandfanche commisurata in forma specifica nel valore al
bene negato nel giudizio nazionale.
Quanto fin qui detto ef essenziale perche la questione del giudicato come limite
alla efficacia della sentenza CEDU va inevitabilmente rapportata al contenuto
specifico della decisione della Corte di Giustizia.
Consiglio dfEuropa.
86 Circa la natura del risarcimento, non vi sono affermazioni specifiche. In relazione al
diverso caso del risarcimento del danno da mancata attuazione di direttive comunitarie (nel caso
riguardanti la retribuzione della formazione dei medici specializzandi), si veda Cass. Sezioni
Unite civili, sentenza n. 9147 del 17 aprile 2009, e Cass., Sez. III, sentenza n. 3283 del 12
febbraio 2008, Rv. 601723. Trattandosi di accertamento allfinadempimento all'obbligazione
dello Stato di rispettare la CEDU, il relativo risarcimento, avente natura di credito di valore, non
e subordinato alla sussistenza del dolo o della colpa, e la pretesa risarcitoria, in quanto diretta
all'adempimento di una obbligazione ex lege riconducibile all'area della responsabilita
contrattuale, e assoggettata all'ordinario termine decennale di prescrizione.
87 Lfart. 46 della Convenzione attribuisce poteri in materia al Comitato dei Ministri del Consiglio
dfEuropa, prevedendo la possibilita di rivolgersi alla Corte affinche essa si pronunci sulla
corretta interpretazione di una sentenza, ove il Comitato ritenga sussistenti delle difficolta nel
controllo della sua esecuzione; negli ultimi due commi introdotti dal Protocollo n. 14, inoltre, si
prevede una sorta di procedura di infrazione, in base alla quale il Comitato, ove ritenga che uno
Stato rifiuti di conformarsi ad una sentenza definitiva pronunciata in una controversia di cui e
parte, puo deferire la questione alla Corte, dopo averlo messo in mora: se la Corte, a sua volta,
accerta una violazione del dovere statuale di conformarsi alle sentenze, rinvia al Comitato dei
Ministri, affinche statuisca sul tipo di misure da adottare.
88 Si pensi allfobbligo dfintroduzione delle previsioni relative allfindennizzo per eccessiva durata
dei processi ed alla successiva approvazione della c.d. legge Pinto.
38
Bisogna quindi considerare che la sentenza vincola lo Stato verso la parte
vittoriosa, e non i terzi89: cosi, la condanna dello Stato per violazione dei diritti del
lavoratore licenziato illegittimamente in quanto discriminatoriamente non riguarda
il datore di lavoro (nemmeno quello pubblico, ove si tratti di lavoro privatizzato), e
l'eventuale giudicato intervenuto tra le parti del rapporto di lavoro sara sempre
opponibile per impedire il rispristino del rapporto in questione.
Certo, lo Stato potrebbe anche essere condannato ad introdurre misure normative,
anche retroattive, reintegratorie per i lavoratori licenziati discriminatoriamente, ma
in tal caso lfincidenza sul rapporto di lavoro si avrebbe solo per effetto della
sopravvenienza normativa, e non direttamente dalla sentenza della CEDU.
Se invece il giudicato si e formato con una pubblica amministrazione, atteso che la
distinzione tra Stato-soggetto internazionale e Stato-amministrazione non rileva a
livello della CEDU (che attribuisce rilevanza solo alla presenza di un potere
autoritativo pubblico), il vincolo per lo Stato importa che il giudicato non sia
opponibile dalla pubblica amministrazione alla parte che e risultata vittoriosa
innanzi alla CEDU. Si potrebbe arrivare a tale soluzione interpretando la norma del
giudicato nel senso della sua inefficacia ove contrastante con una sentenza CEDU
tra le parti.
Il carattere recessivo del giudicato interno viene in tal caso ammesso per far spazio
allfingresso in ambito nazionale di norme di origine esterna idonee a dare garanzia
ai diritti o, per dir meglio, ad offrire a questi una tutela ancora piu gintensah di
quella che pure possa esser loro data da norme nazionali.
Va pure precisato che il giudicato viene meno solo in bonam partem, ossia a
maggior tutela del diritto fondamentale del privato, realizzandosi anche per tale via
l'innalzamento delle tutele dei diritti fondamentali previsto dal sistema della
Convenzione, come interpretato dalla giurisprudenza.
Va peraltro indicato, per concludere sul punto, che il problema del giudicato
difficilmente si pone in concreto in tali casi, atteso che la esecuzione della sentenza
della CEDU avviene a livello internazionale nell'ambito della procedura attivata
dal Comitato dei ministri, e non in un nuovo giudizio innanzi ai giudici ordinari,
sicche sulla realizzazione della misura prescritta dalla sentenza non potra incidere
un fatto nazionale, quale il giudicato.
Cio riguarda la parte del giudizio innanzi alla CEDU e lo Stato convenuto.
Secondo un orientamento, riguarda anche gli altri Stati della Convenzione rimasti
estranei al giudizio, avendo questi il potere di intervenire in giudizio in ogni caso
presentando osservazioni, ed in quanto lfinterpretazione da parte della CEDU del
diritto della Convenzione, come gia evidenziato, si impone a tutti gli Stati.
Naturalmente, ove si tratti di Stati terzi, la diversita del sistema giuridico di tali
89 Cio vale anche nel caso in cui allo Stato e fatto obbligo dalla sentenza CEDU di prendere
misure che incidano sui terzi, restando lfobbligo in capo al solo Stato.
39
Stati rispetto al sistema dello Stato convenuto innanzi alla CEDU potrebbe avere
un peso non indifferente, a volte anche dirimente.
Con riferimento ai privati che hanno una posizione identica a quella della parte,
invece, occorre preliminarmente verificare il contenuto della sentenza della CEDU,
se cioe essa si riferisca a soggetti anche diversi dalla parte o meno: il primo caso si
realizza sia nell'ambito della pilot procedure, sia in generale nel caso in cui la
sentenza CEDU contenga misure di carattere generale imposte allo Stato verso
tutti: anche in tale ipotesi l'esecuzione della sentenza CEDU avverra in sede
internazionale e comunque, ove un nuovo giudizio a livello interno sia introdotto,
l'eventuale precedente giudicato (evidentemente sfavorevole rispetto alla decisione
CEDU) intervenuto nei confronti dei privati non sara opponibile e non potra
precludere questo nuovo giudizio introdotto dalla parte.
Il giudicato manterra tutto la sua rilevanza invece nel caso in cui la sentenza
CEDU riguardi solo uno o piu soggetti, ma non anche quello vincolato dal
precedente giudicato: si pensi al caso di una prestazione previdenziale negata a
livello nazionale sulla base di legge (magari interpretativa) ritenuta contrastante
con la Convenzione dalla CEDU, prestazione invece riconosciuta dalla CEDU in
favore di un privato.
E' evidente in tal caso che il giudizio della CEDU non avra effetti nei confronti di
altri privati in posizione identica, i quali saranno vincolati dal giudicato nazionale
che ha loro negato la prestazione; questi avranno solo la possibilita di adire a loro
volta la CEDU per richiedere tutela diretta (ma cio sara possibile solo nel limite
temporale dei 6 mesi dal giudicato, che e condizione di ricevibilita della domanda
alla CEDU).
Piu complesso e trovare il fondamento dogmatico della soluzione che ammette la
prevalenza della decisione CEDU sul giudicato nazionale, nei casi in cui cio
avviene secondo quanto fin qui detto.
Il problema e che il giudicato vincola le parti anche alla decisione sbagliata.
Inoltre, si devono coordinare infatti i richiamati principi con quello di resistenza
del giudicato civile90, del tutto pacifico quando il giudicato si basi su norma
dichiarata costituzionalmente illegittima: se infatti la legge che il giudice nazionale
ha applicato nel risolvere la controversia e successivamente dichiarata
incostituzionale, la retroattivita della pronuncia costituzionale ef limitata proprio
dal giudicato (come pure dallfesaurimento del rapporto in genere), sicche questo
non ef in alcun modo inciso.
90 La salvezza del giudicato civile dinanzi alla dichiarazione dfincostituzionalita della legge
ef assolutamente pacifica in giurisprudenza, ed ef desumibile indirettamente dallfart. 30, comma
4‹, l. n. 87 del 1953 (che prevede la cessazione degli effetti di sentenze irrevocabili di condanna
emesse sulla base di norme dichiarate poi incostituzionali).
40
E cio ben si spiega perche la presenza di una norma con un vizio di legittimita
costituzionale e vista come un ostacolo di mero fatto alla tutela giurisdizionale, che
puo essere domandata anche con lfausilio di una mera sola richiesta incidentale di
costituzionalita della norma lesiva.
La soluzione non dovrebbe cambiare in riferimento alla CEDU, perche, ove la
norma interna contrasti con la Convenzione, la parte .che pure non puo adire la
Corte EDU (essendo tenuto, per il principio di non epuisment, ad esaurire i rimedi
interni91), puo rivolgersi al giudice ordinario per sollevare la questione di
legittimita costituzionale volta allfeliminazione della norma interna contrastante
con la CEDU.
Resterebbe da capire pero per quale ragione il giudicato e inefficace quando si
fonda su norma contrastante con la CEDU (che resta in se fonte subcostituzionale)
e non invece quando si fondi su norma contrastante con la Costituzione (fermo
restando, in ogni caso, il giudicato come limite alla retroattivita della pronuncia
della Corte costituzionale).
Potrebbe ritenersi che il principio della certezza del diritto vale in ambito nazionale
senza eccezioni, mentre soccombe dinanzi alla certezza dei diritti fondamentali in
ambito internazionale, in considerazione della natura di tali diritti, ed in quanto
cosi ritiene il giudice (la CEDU appunto) che la parte potrebbe immediatamente
adire per eliminare il vincolo del giudicato lesivo del diritto convenzionalmente
protetto.
Nel caso di contrasto solo con norma interna (fosse anche costituzionale), invece,
la parte non avrebbe la possibilita di agire in giudizio ulteriormente, essendogli
precluso proprio dal giudicato (a livello nazionale prevarrebbe la certezza del
diritto senza condizioni, anche in relazione a giudicato fondato su norma
costituzionalmente illegittima, essendo la possibilita di rimuovere la norma
confinata all'ipotesi di questione incidentale nell'ambito di un giudizio nazionale
non piu possibile).
In dottrina si e tentato in vario modo di indicare un fondamento dogmatico del
carattere recessivo del giudicato interno rispetto alla pronuncia della CEDU.
La miglior dottrina92 ha evidenziato un temperamento fondamentale, dato dal fatto
che lfesaurimento del rapporto non si verifica se la dichiarazione di illegittimita
costituzionale colpisce proprio la norma giuridica che costituisce la fonte di
esaurimento del rapporto (la norma sulla prescrizione, la norma sulla decadenza, la
norma sul giudicato, ecc.), a causa del modo (incostituzionale appunto) in cui essa
ha determinato lfesaurimento del rapporto: in tal caso, lfesaurimento del rapporto
91 Benche, secondo lforientamento che sembra prevalere, la condizione dellfesaurimento dei
rimedi interni ef ritenuta soddisfatta non anche la questione di costituzionalita, in ragione del suo
carattere meramente incidentale.
92 CAPONI R., Corti europee e giudicati nazionali, Relazione al XXVII Congresso
nazionale dellfAssociazione italiana fra gli studiosi del processo civile, áCorti europee e giudici
nazionaliâ, Verona, 25-26 Settembre 2010, 72 ss..
41
giuridico e un effetto dipendente dallfapplicazione della norma dichiarata
incostituzionale e deve cedere di fronte alla dichiarazione di incostituzionalita93.
Analogamente, si potrebbe ragionare, dovrebbe avvenire nel caso in cui la
formazione del giudicato avviene in violazione di norme (sostanziali o anche solo
procedurali) che la parte puo comunque far ancora valere (con un atto che, in
alcuni casi, puo assumere le vesti di unfimpugnazione straordinaria94) innanzi ad
un organo giurisdizionale (nel caso, la CEDU) proprio per contestare lfesaurimento
del rapporto.
Ne deriverebbe la possibilita che il giudicato interno sia travolto in seguito ad una
pronuncia della CEDU, ma solo e nei limiti in cui la sentenza imponga il
superamento del giudicato ai fini di tutela del soggetto che ef stato parte in causa o
che comunque ef destinatario (beneficiario) delle misure generali prescritte dalla
sentenza medesima95h. Dovrebbe invece escludersi la cedevolezza del giudicato
93 LfAutore richiamato ricorda che il problema si e posto nellfordinamento italiano in
seguito alla serie di interventi della Corte costituzionale sulla decorrenza della prescrizione in
materia di crediti derivanti dal rapporto di lavoro subordinato (C.Cost. 10 giugno 1966, n. 63,
che dichiaro l'illegittimita costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost., degli artt. 2948,
n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1 c.c., nella parte in cui consentivano che la prescrizione del diritto alla
retribuzione decorresse durante il rapporto di lavoro), ritenendosi che, quando la dichiarazione
dfincostituzionalita investe proprio la norma che quella prescrizione avrebbe dovuto rendere
operante, si rimane fuori dallfambito dei rapporti consolidati, in quanto viene meno ab origine lo
strumento idoneo a determinare lfestinzione del diritto.
94 Quanto alle forme processuali, richiamata la norma dellfart. 153, co. 2, (secondo la quale
gLa parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile puo
chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Il giudice provvede a norma dellfarticolo 294,
secondo e terzo commah), con lfestensione della rimessione in termini anche al potere di
impugnare si e prospettata da CAPONI R., op.loc.cit., la possibilita di applicare analogicamente
lfart. 397 c.p.c. ed il termine di trenta giorni di cui allfart. 325 c.p.c. decorre dalla pubblicazione
della sentenza della Corte di giustizia.
95 Ricostruita la funzione del giudicato nellfesigenza dellfinteresse delle parti
allfimmutabilitaf dellfaccertamento dei loro diritti e non in un preteso interesse pubblico del
gestore del servizio giustizia, si ef ammessa dalla richiamata dottrina, la possibilita, in ipotesi
eccezionali, che i giudicati vengano travolti in seguito ad effetti sopravvenuti retroattivi: gIn
primo luogo, il giudicato cede in quei casi in cui i valori giuridici introdotti dalle norme
giuridiche sopravvenute siano cosi meritevoli di affermazione da prevalere sulla tutela
dell'affidamento delle parti sull'intangibilita del risultato del processo: ad esempio, quando le
norme retroattive sono dirette a riconoscere i diritti inviolabili dellfuomo rinnegati in un regime
precedente.
In secondo luogo, il giudicato cede in tutti quei casi in cui non si pone un problema di tutela
dellfaffidamento dei soggetti privati: in particolare, quando il giudicato riguarda un rapporto tra
un soggetto privato e un organismo di diritto pubblico in posizione di supremazia ed interviene
una norma retroattiva che introduce effetti piu favorevoli al soggetto privato di quelli conseguiti
con il precedente giudicato. ..
In terzo luogo, il giudicato cede dinanzi ad una dichiarazione di illegittimita costituzionale,
qualora questa colpisca proprio la norma sul giudicato, non in se, bensi a causa delle circostanze
(incostituzionali appunto) che hanno accompagnato lfesaurimento del rapporto.
Fra le ipotesi in cui il giudicato cede vi rientra quella in cui esso si e formato secondo modalita
42
maturato nei confronti di soggetti, rimasti terzi nel giudizio avanti alla CEDU
(giudizio che si e concluso senza lfimposizione allo Stato di misure generali che
coinvolgano la posizione di quei terzi), sebbene tali terzi abbiano una posizione
giudica del tutto analoga a quella della parte che ha beneficiato della pronuncia
della CEDU (si pensi, ad esempio, ai pensionati .rimasti estranei al giudizio
innanzi alla CEDU- i cui diritti sono stati compressi da una norma interpretativa
retroattiva, ritenuta dalla CEDU contrastante con la Convenzione nellfambito del
giudizio promosso da altro pensionato); per tali soggetti, lfestensione della tutela
accordata dalla CEDU sara possibile solo nei limiti del giudicato (o salvo
unfimpugnazione, nei termini di decadenza previsto a pena di irrecevabilite, di
questo innanzi alla CEDU).
Secondo una diversa ricostruzione, che presuppone invece un corretto esaurimento
-a livello nazionale- del rapporto definito dal giudicato, si e richiamata la teoria
dellfefficacia del giudicato civile nel tempo .teoria che si occupa di coordinare i
rapporti tra lfincontestabilita dellfaccertamento contenuto nella sentenza definitiva
di merito (il giudicato) e lfincidenza di eventi sopravvenuti-, e si ef evidenziato
che, quando lo ius superveniens retroattivo introduce un nuovo diritto, esso non e
compreso nell'oggetto del giudicato precedente e quindi puo essere liberamente
fatto valere in giudizio. In tal senso, si puo .analogamente a quanto fatto dalla
Cassazione in relazione al giudicato penale- affermare lfinefficacia del giudicato in
ragione della sopravvenienza giuridica costituita, nel caso concreto, dalla sentenza
internazionale96.
incostituzionali. In questo schema puo essere ricompreso il caso dellfaccordo delle parti
consapevolmente e volontariamente diretto ad evitare - attraverso il giudicato - lfapplicazione del
diritto comunitario nella fattispecie, cioe la collusione per frodare il diritto comunitario. Anche
questa variante di cedimento del giudicato non e una novita, ma si inserisce in una lunga
tradizione storica diretta a colpire la collusione delle parti in danno di terzi (art. 404, comma 2
c.p.c.) o in frode alla legge (art. 397, n. 2 c.p.c.)h: cosif CAPONI, op.loc.cit. 105-113.
96 Sulla questione del giudicato, con riferimento pero allfordinamento comunitario, va
ricordato che il giudice nazionale e tenuto a non applicare lfart. 2909 cod.civ., che sancisce il
principio dellfautorita della cosa giudicata, nei limiti in cui lfapplicazione di tale norma
impedisca il recupero di un aiuto di Stato erogato in contrasto con il diritto comunitario e la cui
incompatibilita con il mercato comune e stata dichiarata con decisione della Commissione
divenuta definitiva (Corte giust. 18 luglio 2007, causa C-119/05, in Foro it. 2007, IV, col. 533
con nota di SCODITTI E., Giudicato nazionale e diritto comunitario; lo stesso autore ha notato
che, in base allfultimo comma dellfart. 68 del trattato Ce, la decisione pronunciata dalla Corte di
giustizia in risposta ad una richiesta del Consiglio, della Commissione o di uno Stato membro di
interpretazione del titolo del trattato su visti, asilo, immigrazione e politiche connesse con la
libera circolazione delle persone, o sugli atti della relativa normazione secondaria, non si applica
alle sentenze degli organi giurisdizionali degli Stati membri passate in giudicato; la mancanza di
analoga previsione nellfambito dellfordinario rinvio pregiudiziale ai sensi dellfart. 234 consente
di concepire lfirrilevanza del giudicato nel caso di sentenza della Corte sulla pertinente
disposizione comunitaria.
43
Infine, sempre ove si tenga fermo il medesimo presupposto della corretta
maturazione del giudicato, possono essere richiamati anche altri istituti a sostegno
dellfindicata soluzione attributiva di efficacia inter partes alla sentenza CEDU:
cosi, si puo richiamare il dovere di buona fede e lealta delle parti, che impedisce
alla parte convenuta di sollevare lfeccezione di giudicato ove sia sopravvenuta ad
esso una sentenza CEDU che riconosca alla parte tutela piena con rimozione degli
effetti del giudicato.
7. LA GIURISPRUDENZA CEDU: RASSEGNA RAGIONATA DI CASI IN
MATERIA DI DIRITTO DEL LAVORO, DIRITTO SINDACALE E
DIRITTO DELLA PREVIDENZA ED ASSISTENZA SOCIALE.
7.1. LE NORME CONVENZIONALI DI RIFERIMENTO
In questo paragrafo richiamo la principale giurisprudenza CEDU in materia di
diritto del lavoro, diritto sindacale e diritto della previdenza ed assistenza sociale.
Le norme di riferimento principali in materia sono tre: lfart. 497 e lfart. 1498
della Convenzione (relativi, rispettivamente, al divieto di lavoro forzato o
97 ARTICOLO 4 Proibizione della schiavitu e del lavoro forzato
1. Nessuno puo essere tenuto in condizioni di schiavitu o di servitu.
2. Nessuno puo essere costretto a compiere un lavoro forzato od obbligatorio.
3. Non e considerato álavoro forzato od obbligatorioâ ai sensi del presente articolo:
(a) il lavoro normalmente richiesto a una persona detenuta alle condizioni previste
dallfarticolo 5 della presente Convenzione o durante il periodo di liberta condizionale;
(b) il servizio militare o, nel caso degli obiettori di coscienza nei paesi dove lfobiezione di
coscienza e considerata legittima, qualunque altro servizio sostitutivo di quello militare
obbligatorio;
(c) qualunque servizio richiesto in caso di crisi o di calamita che minacciano la vita o il
benessere della comunita;
(d) qualunque lavoro o servizio facente parte dei normali doveri civici.
98 ARTICOLO 14 Divieto di discriminazione
Il godimento dei diritti e delle liberta riconosciuti nella presente Convenzione deve essere
44
obbligatorio ed al divieto di discriminazioni) e lfart. 1 del protocollo addizionale n.
1 (relativo alla tutela dei beni)99. In disparte lfart. 6100 della Convenzione, relativo
al giusto processo, che ha portata piu generale; si dara, tuttavia, conto, in ogni caso,
delle fattispecie nelle quali tale ultima norma ef richiamata da pronunce della
CEDU nella materia suddetta.
7.2. LAVORI PROIBITI
Con riferimento alla materia del lavoro, viene in considerazione lfart. 4 della
Convenzione, che prevede la proibizione della schiavitu e della servitu e del lavoro
forzato o obbligatorio.
Con riferimento alla schiavitu, particolarmente importante e la sentenza
Siliadin v. France, n. 73316/01, 2005. La signora Siliadin, una cittadina togolese
arrivata in Francia per studiare, era stata invece costretta a lavorare come
domestica e baby-sitter in una casa privata a Parigi. Il suo passaporto era stato
confiscato, aveva lavorato 15 ore al giorno, sette giorni su sette, senza un giorno di
riposo (solo occasionalmente ed eccezionalmente autorizzata ad uscire la domenica
per la messa) senza essere pressoche mai pagata, tutto cio per diversi anni. La
Corte ha constatato che la signora Siliadin non era stata ridotta in schiavitu per il
assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il
colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, lforigine nazionale o
sociale, lfappartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra
condizione.
99 ARTICOLO 1 Protezione della proprieta
Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno puo essere
privato della sua proprieta se non per causa di pubblica utilita e nelle condizioni previste dalla
legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore
le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare lfuso dei beni in modo conforme allfinteresse
generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.
100 ARTICOLO 6 - Diritto ad un processo equo.
1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un
termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale
decidera sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di
ogni accusa penale che le venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma
l'accesso alla sala d'udienza puo essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del
processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una
societa democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata
delle parti in causa, o nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in
circostanze speciali la pubblicita puo pregiudicare gli interessi della giustizia.
45
fatto che, sebbene alcune persone esercitavano un controllo su di lei, il suo datore
di lavoro non esercitava su di lei un potere equivalente alla proprieta, e tuttavia ha
rilevato che la stessa era in condizione di servitu, essendo inoltre la sua
vulnerabilita aggravata dalla sua condizione di residenza irregolare in Francia.
La Corte ha preso atto che in sede nazionale una tutela era stata accordata alla
ricorrente, e tuttavia ha ritenuto che si trattasse di una tutela insufficiente, limitata
per lo piu ai soli aspetti civili.
La Corte ha ricordato quindi che l'articolo 4 della Convenzione, che ef
inderogabile ed ha valore assoluto, sancisce uno dei valori fondamentali delle
societa democratiche: diversamente dalla maggior parte delle clausole sostanziali
della Convenzione e dei Protocolli aggiuntivi, l'articolo 4 non prevede eccezioni e
nessuna deroga e ammissibile ai sensi dell'articolo 15 ˜ 2, neppure in caso di
emergenza pubblica che minacci la vita della nazione (si veda, per quanto riguarda
l'articolo 3, Irlanda c. Regno Unito, sentenza del 18 gennaio 1978, serie A n. 25, p.
65, ˜ 163;. Soering c. Regno Unito, sentenza del 7 luglio 1989, Serie A n. 161, pp
34-35, ˜ 88;. Chahal c. Regno Unito, sentenza del 15 novembre 1996, Raccolta
1996-V, p. 1855, ˜ 79, e Selmouni c. Francia [GC], no. 25803/94, ˜ 79, CEDU
1999-V). La Corte ha richiamato del pari la sua giurisprudenza sui soggetti
vulnerabili, i quali hanno diritto alla protezione dello Stato, sotto forma di una
reale efficacia deterrente, contro tali gravi violazioni di integrita personale (v. la
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, gli articoli 19 e 37).
Si e quindi ritenuto che gli obblighi positivi degli Stati membri ai sensi
dell'articolo 4 della Convenzione richiedono la criminalizzazione delle condotte
violative della disposizione, nonche una tutela concreta ed efficace (nella specie
mancata) contro le dette condotte, atteso che lo sfruttamento attraverso il lavoro ef
incompatibile con la dignita umana.
E' pendente il caso C. N. c. Regno Unito, n. 4239/08, relativo ad una cittadina
dell'Uganda, la quale era stata tenuta in isolamento ed era stata costretta a lavorare
come badante, essendole stati ritirati i documenti appena era giunta nel Regno
Unito. La lavoratrice sosteneva la violazione dell'articolo 4, data anche la sua
impossibilita di fatto di cercare protezione nei tribunali inglesi.
La sentenza Rantsev c. Cipro e Russia, n. 25965/04, CEDU 2010, ha affrontato il
tema del lavoro forzato e del traffico di esseri umani a scopo di lavoro. Il ricorrente
era il padre di una giovane donna morta per la caduta da un edificio in circostanze
poco chiare: sosteneva che sua figlia era stata vittima di tratta e che era sottoposta a
lavoro forzato.
La Corte ha constatato che il traffico di esseri umani viola la dignita umana e
delle liberta fondamentali delle sue vittime e non puo essere considerato
compatibile con una societa democratica e con i valori sanciti nella Convenzione:
nella sentenza ef stata ravvisata una violazione della Convenzione nella mancata
previsione, da parte delle autorita cipriote, di un dispositivo atto alla lotta contro il
46
traffico di esseri umani e di misure concrete per la protezione delle vittime, nonche
nella mancata adozione da parte della polizia cipriota di misure efficaci necessarie
per proteggere la figlia del ricorrente.
La Corte ha ravvisato una violazione della Convenzione anche da parte della
Russia, paese nel quale era avvenuto il reclutamento della lavoratrice, in quanto
non c'era stata alcuna indagine effettiva sul punto.
La giurisprudenza CEDU si e occupata piu volte del lavoro obbligatorio.
Quanto alla nozione di lavoro obbligatorio, la Corte ha considerato che nella
Convenzione internazionale OIL sul lavoro n. 29 del 1930 (ratificata da 156 Stati)
lfespressione á travail force ou obligatoire â designa á tout travail ou service exige
dfun individu sous la menace dfune peine quelconque et pour lequel ledit individu
ne sfest pas offert de plein greâ.
Oltre che a tale elemento di volontarieta, la Corte, nella sua giurisprudenza, ha
fatto riferimento, anche alla nozione di á normalite dfune activiteâ: in generale,
possiamo dire che la CEDU rifiuta di considerare come lavoro forzato o
obbligatorio l'espletamento di compiti che sono la conseguenza implicita di una
professione o attivita o funzione pubblica liberamente scelta, a condizione che non
siano esse eccessivi.
Si ricorda in proposito il caso Van der Mussele c. Belgio, 1983, relativo ad un
praticante avvocato nominato dal tribunale per rappresentare gratuitamente
imputati indigenti; la Corte non ha riscontrato alcuna violazione dell'articolo 4,
perche l'assistenza professionale obbligatoria puo essere considerata parte di
"normali obblighi civici" del lavoro dell'avvocato.
Analoga questione e stata affrontata in Graziani -Weiss v. Austria, no. 31950/06,
18 ottobre 2011. Nel caso, il ricorrente lamentava che era stato nominato tutore
legale contro la sua volonta, e sosteneva che la nomina era inaccettabile, avendo
egli altri doveri professionali e familiari, e che tuttavia era stato costretto a
svolgere il compito a causa del diritto disciplinare. Lamentando una violazione
dellfart. 4 della Convenzione, deduceva che la qualita di tutore legale non poteva
essere visto come un obbligo civile normale.
La Corte ha respinto la domanda ritenendo che, se il richiedente aveva deciso di
diventare un avvocato, doveva essere stato a conoscenza del fatto che egli avrebbe
potuto essere obbligato ad agire come tutore, sicche vi era un elemento di consenso
preventivo a tali compiti, i quali del resto implicavano attivita non estranee
all'ambito delle normali attivita di un avvocato (quali la rappresentazione di una
persona dinanzi ai tribunali e alle autorita e la gestione di proprieta di una persona).
In Steindel v. Germania, 29878/07, 14 settembre 2010, si e escluso che
lfimposizione ad un oculista, che esercitava solo attivita privata, di partecipare
obbligatoriamente ai servizi medici di urgenza organizzati dallf Association of
47
Statutory Health Insurance Physicians costituisse lavoro forzato, ritenendo la
Corte trattarsi di lavoro che non differiva da quello ordinario di medico, essendo
remunerato, fondato su ragioni di solidarieta sociale, costituendo parte di uno
schema volto a liberare i medici esercenti dallfobbligo di lavoro notturno, ed infine
non trattandosi di oneri sproporzionati.
Richiama il criterio della normalita dellfattivita imposta anche la sentenza nel caso
Ackerl e altri contro Austria, 1994. I ricorrenti erano giudici del lavoro e degli
affari sociali a Vienna, e si erano rivolti alla Corte lamentando l'impegno
obbligatorio che avevano in date circostanze di svolgere attivita giudiziarie
addizionali in sostituzione di colleghi (assenti anche per lunghi periodi per ragioni,
legittime, di vario tipo).
La Corte, considerando anche che i giudici non avevano alcun diritto ad un
compenso supplementare per l'extracarico di lavoro, ha dichiarato il ricorso
inammissibile in quanto manifestamente infondato, poiche i ricorrenti avevano
liberamente scelto l'impiego nel settore pubblico come giudici ed avevano
accettato le condizioni del loro lavoro, mentre non avevano dimostrato per altro
verso che il loro carico di lavoro fosse aumentato al punto che l'obbligo di eseguire
la prestazione fosse ingiusto ed oppressivo, o inultilmente gpenible ou vessatoireh).
In FTC v. Netherlands, r. 9322/81, si e esaminato ancora il tema del lavoro forzato
sotto un diverso profilo.
Si trattava, nel caso, di lavoro sportivo, con riferimento alla vicenda di un
calciatore professionista che, alla scadenza del suo contratto con la squadra,
intendeva transitare e ad altra squadra, ma si era visto opporre il rifiuto dalla
squadra di provenienza (che non aveva trovato accordo con la squadra acquirente
sul prezzo di gsvincoloh del giocatore, secondo il sistema di compensazione
previsto dal Regolamento sul calcio professionistico).
Nel caso la Commissione ha sottolineato che, secondo la sua giurisprudenza
costante, il concetto di "lavoro forzato o obbligatorio" di cui all'articolo 4 della
Convenzione comprende due elementi, che il lavoro o servizio debba essere
effettuato dalla persona interessata contro la sua volonta e, in secondo luogo, che
l'obbligo di svolgere questo lavoro o servizio sia ingiusto o oppressivo.
Nel caso, il ricorrente aveva scelto liberamente di diventare un calciatore
professionista, sapendo che il suo rapporto lavorativo sarebbe stato disciplinato
dalle regole governanti anche il rapporto tra i suoi futuri datori di lavoro.
Inoltre, secondo la Commissione, la compensazione finanziaria versata da un club
ad un altro in occasione del trasferimento di un calciatore professionista non
riguarda direttamente la liberta contrattuale di quest'ultimo e la compensazione non
puo essere assimilata a un vincolo volto limitare la liberta dello sportivo
professionista. In considerazione di quanto precede, la Commissione ha ritenuto
che la situazione in cui il ricorrente si era trovato non poteva essere considerata
come "lavoro forzato o obbligatorio".
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Con riferimento al lavoro in detenzione, la Corte ha affermato, nel caso Van
Droogenbroeck v. Belgio nel 1982, che il lavoro -richiesto ad una persona dopo
che, avendo scontato una pena di due anni di reclusione, era stato messo a
disposizione del governo, conformemente alla legge, per un dato periodo ulteriorenon
aveva superato i limiti normali in questo settore, perche tendeva ad aiutarlo al
reinserimento nella societa.
Nel caso De Wilde, Ooms e Versyp c. Belgio ( c.d. "vagrant case") (1971), i
ricorrenti, riconosciuti come vagabondi, erano stati rinchiusi secondo legge in
centri speciali in cui erano stati costretti a lavorare in cambio di bassi salari; la
Corte ha dichiarato che il loro lavoro non era contrario alla Convenzione, in quanto
volto alla riabilitazione e paragonabile a quello previsto in diversi altri Stati
membri del Consiglio d'Europa.
Particolarmente importante il caso Stummer v. Austria, deciso dalla Grande
Camera della Corte con sentenza del 7 luglio 2011: si trattava del problema della
configurabilita del lavoro forzato o obbligatorio con riferimento al lavoro
carcerario privo di copertura assicurativa.
Il caso traeva origine da un ricorso contro l'Austria da parte di un cittadino
austriaco, un detenuto che aveva lavorato in carcere per diversi anni (una trentina),
non era stato affiliato al regime pensionistico durante i suoi anni lavorati in
prigione e, pertanto, era stato privato della pensione. Nel ricorso alla Corte si
lamentava di essere stato discriminato a causa del suo status di prigioniero, in
quanto non riusciva a ricevere una pensione, nonostante il suo lavoro per diversi
anni, e in piu lamentava che l'obbligo di lavorare in quelle condizioni, in mancanza
di sicurezza sociale, equivaleva all'imposizione di lavoro forzato, che non si poteva
chiedere ai detenuti; negli ultimi anni, il ricorrente era stato affiliato alla
assicurazione contro la disoccupazione per i suoi periodi di lavoro in carcere.
Invocava l'articolo 4 della Convenzione, l'articolo 1 del Protocollo n. 1 della
Convenzione (che protegge il diritto al rispetto dei diritti di proprieta) e l'art. 14
della Convenzione, che vieta la discriminazione "a causa di circostanze personalih.
Sul tema, va ricordato che il divieto dell'art. 4 della Convenzione contiene come
specifica eccezione al divieto á tout travail requis normalement dfune personne
soumise a la detention â: occorreva dunque verificare il carattere di normalita del
lavoro richiesto nella specie (nel caso Stummer, il problema era dunque se il lavoro
senza copertura previdenziale fosse un lavoro á normale â o meno); il ricorrente
infatti sosteneva che il lavoro svolto da lui in prigione era un "lavoro forzato o
obbligatorio", essendo egli costretto a lavorare senza affiliazione ai piani
pensionistici, atteso che tale lavoro non era quello che puo essere chiesto
gnormalmenteh ad una persona sottoposta alla detenzione, ed era in contrasto con
l'articolo 4 della Convenzione.
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La Corte ha respinto la domanda del ricorrente, dichiarando innanzitutto che il
lavoro carcerario, pur obbligatorio in Austria, e diverso dal lavoro dei dipendenti
regolari, in particolare perche e principalmente finalizzato alla reintegrazione e la
riabilitazione dei detenuti, e considerando che non puo ritenersi anormale il lavoro
carcerario ove sia prevista una protezione sociale, ancorche non quella
pensionistica (sicche, pur essendovi nel caso un lavoro forzato, questo era
giustificato in ragione della eccezione di cui al par. 3 dell'art. 4).
7.3. RETRIBUZIONE
Interessante in tema di emolumenti del lavoratore il caso di Grand Chamber,
Vilho Eskelinen e altri v. Finlandia, no. 63235/00, 19 aprile 2007. Si trattava di
unfindennitaf di trasferta, indennita gia contrattualmente riconosciuta a funzionari
pubblici svolgenti servizio di polizia, e poi soppressa dalla contrattazione collettiva
sopravvenuta.
I ricorrenti avevano invocato giudizialmente il riconoscimento dei loro diritti,
ma il giudizio, che aveva peraltro avuto una durata eccessiva, aveva dato esito
negativo. Da qui il problema di applicazione dellfart. 6 della Convenzione alla
materia e quello, distinto, dellfapplicazione dellfart 1 del Protocollo 1. Sotto il
primo profilo, la Corte ha ritenuto applicabile lfart. 6 in considerazione
dellfaccesso ai tribunali da parte del lavoratore. Con riferimento invece al secondo
profilo, la Corte ha rilevato che non esisteva, ai sensi della Convenzione, un diritto
di continuare a ricevere uno stipendio di un determinato ammontare (v., mutatis
mutandis, Kjartan Asmundsson contro l'Islanda, no. 60669/00, ˜ 39, CEDU 2004-
IX), non essendo peraltro sufficiente per il lavoratore fare affidamento
sull'esistenza di una "controversia reale" o un "credito discutibile": secondo la
Corte, un diritto azionato puo essere considerato come un "bene" ai fini
dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 dove ha una base sufficiente nel diritto nazionale,
ad esempio, dove c'e una giurisprudenza costante dei tribunali interni che ne
conferma la tutela (vedi Kopecky c. Slovacchia [GC], 28 settembre 2004, ˜ ˜ 45-
52, CEDU 2004-IX). Nel caso di specie, invece, secondo la Corte, i ricorrenti non
avevano una legittima aspettativa di ricevere un supplemento di salario individuale,
essendo stato soppresso dalla contrattazione collettiva e non essendo per altro
verso previsto nella legge nazionale il diritto di essere risarciti per le spese di
pendolarismo.
7.4. LA VICENDA DEL PERSONALE A.T.A.
50
Un cenno particolare merita, per la mole del contenzioso pendente anche dinanzi al
giudice di legittimita e, per altro verso, per il dialogo che si e instaurato sul tema
tra la Corte di Cassazione italiana e le Corti europee in materia, la problematica
dellfinquadramento del personale e del riconoscimento dellfanzianita con
riferimento al personale A.T.A..
Ef opportuno riportare, brevemente, i contenuti della questione ed i principali
pronunciamenti in materia, a livello nazionale ed internazionale. A seguito del
trasferimento del personale scolastico amministrativo, tecnico ed ausiliario
(A.T.A.) dagli enti locali allo Stato, disposto dallfart. 8 della legge 3 maggio 1999,
n. 124, parte della giurisprudenza di merito aveva ritenuto legittimo, in favore di
detto personale, il diritto al solo cosiddetto gmaturato economicoh sulla base di un
accordo della contrattazione collettiva del settore pubblico, recepito con decreto
interministeriale 5 aprile 2001, riconoscendo a tale accordo la possibilita di
derogare a norme di legge, nonostante la legge derogata, che riconosceva al
personale medesimo lfanzianita maturata presso lfEnte di provenienza ai fini
giuridici ed economici, rinviasse al contratto collettivo solo la disciplina di
dettaglio.
Nel 2005 la Cassazione civile (in particolare, sez. lav. n. 18829 del 27 settembre
2005) disconosceva la correttezza dellfimpostazione seguita dalla giurisprudenza
di merito maggioritaria, ritenendo che il dettato legislativo del 1999 non potesse
essere derogato dalla contrattazione collettiva, spettando, dunque, al personale
A.T.A. il maturato economico sulla base della anzianita pregressa; tale decisione
veniva poi confermata da ulteriori pronunce dello stesso giudice di legittimita, sino
a che non veniva emanata la legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006),
il cui art. 1, comma 218, stabiliva, tra lfaltro, che lfart. 8, comma 2, della legge n.
124 del 1999 andasse interpretato nel senso che il personale A.T.A. e inquadrato
nei ruoli statali gsulla base del trattamento economico complessivo in godimento
allfatto del trasferimento, con lfattribuzione della posizione stipendiale di importo
pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre
1999h.
La norma del 2005 venne, quindi, sottoposta al vaglio di costituzionalita, che essa
supero indenne in ragione della declaratoria di infondatezza, recata dalla sentenza
n. 234 del 2007 del Giudice delle leggi, che ritenne che la disposizione censurata,
ove considerata espressione di funzione di interpretazione autentica, non potesse
considerarsi lesiva dei principi costituzionali di ragionevolezza, di tutela del
legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche, giacche essa si
limitava ad assegnare alla disposizione interpretata un significato riconoscibile
come una delle possibili letture del testo originario.
Secondo C.ost. n. 234 del 2007 la disposizione censurata, ove considerata
espressione di funzione di interpretazione autentica, non potesse considerarsi lesiva
dei principi costituzionali di ragionevolezza, di tutela del legittimo affidamento e
di certezza delle situazioni giuridiche, giacche essa si limitava ad assegnare alla
51
disposizione interpretata un significato riconoscibile come una delle possibili
letture del testo originario,
Il tracciato segnato dalla Corte costituzionale veniva condiviso, in un primo
momento, anche dalla Cassazione, che, con la sentenza n. 677 del 16 gennaio 2008
della sezione lavoro, riconosceva allfart. 1, comma 218, della legge n. 266 del
2005 effettiva natura di norma di interpretazione autentica.
La Corte di cassazione con una complessa sentenza (Cass. n. 677/2008) ha
ritenuto poi la legittimita della norma interpretativa in quanto non contrastante con
la direttiva sul trasferimento di azienda non essendo inquadrabile il passaggio del
personale Ata in questa nozione; la Corte poi, dfufficio rilevava che la disciplina in
questione non era neppure contrastante con la giurisprudenza della Corte dei diritti
dellfuomo in materia di limiti alla retroattivita della legge civile in quanto la
nuova regolamentazione non era preordinata ad influire sui processi in corso,
violando il principio di gparita delle armih (lo stato e parte in causa nelle cause del
personale Ata), onde rovesciare un risultato altrimenti scontato, ma era connessa ad
un riassetto organizzativo complessivo del personale ATA, inquadrato- al
momento del passaggio- da due diversi contratti collettivi. Sussistevano, quindi,
per lfintervento legislativo, pressanti ragioni di interesse pubblico che giustificano,
per la stessa Corte di Strasburgo, effetti retroattivi della legge civile ed inoltre, in
conseguenza del passaggio, non vi era stato alcun vulnus economico per i
dipendenti, posto che la retribuzione in godimento era stata comunque mantenuta.
Da tale posizione dissentiva, pero, la stessa sezione lavoro della Corte di
cassazione, la quale, con ordinanza interlocutoria Cass. n. 22260 del 4 settembre
2008, nuovamente rimetteva alla Corte costituzionale la questione di legittimita
dellfart. 1, comma 218, citato, ma questa volta per ipotizzato contrasto con lfart.
117, primo comma, Cost. e, per suo tramite, con lfart. 6, par. 1, C.E.D.U.,
ritenendo che la norma censurata violasse il divieto di ingerenza del potere
legislativo nellfamministrazione della giustizia.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 311 del 2009, dichiarava, pero, non
fondata la questione, osservando che, secondo la giurisprudenza della Corte di
Strasburgo, il principio dello Stato di diritto e la nozione di processo equo stabiliti
dallfart. 6 della C.E.D.U. non vietano in assoluto interventi retroattivi dei
legislatori nazionali, consentendo interventi, come nella specie, giustificati, tra
lfaltro, dalla finalita di garantire una generale perequazione di tutti i lavoratori del
comparto scuola. Inoltre, ricorrevano piu ragioni imperative di interesse generale,
le quali, nel rispetto dellfart. 6 C.E.D.U., consentono interventi retroattivi: a)
lfesigenza di ristabilire una delle possibili direzioni dellforiginaria intenzione del
legislatore; b) la non vanificazione del tutto dei diritti sorti ed acquisiti sulla base
della legge interpretata; c) la conformita di tale interpretazione con la finalita di
garantire una generale perequazione di tutti i lavoratori del comparto scuola.
52
Questforientamento veniva accolto anche dalla Cassazione civile, con la sentenza
Cass. n. 22751 del 2010 della sezione lavoro, che reputava inoltre estranea la
materia al diritto comunitario ed esclude quindi l'incidenza diretta della pronuncia
della CEDU.
Nel corso del 2011, tuttavia, la Corte Europea dei Diritti dellfUomo, con la
sentenza gAgrati + altri c. Italiah, del 7 giugno del 2011, ha sconvolto lfassetto
da ultimo raggiunto, ritenendo che lfart. 1, comma 218, della legge n. 266 del
2005, nel regolamentare in maniera definitiva le controversie, si sostanziasse in
una ingerenza nei diritti patrimoniali dei singoli, tale da violare lfart. 1 del
Protocollo n. 1, avendo imposto un gonere eccessivo e anormaleh ai ricorrenti,
rendendo sproporzionato il pregiudizio ai loro diritti fondamentali individuali, e
rompendo <diritti fondamentali individuali>>.
Se, ha ritenuto la Corte, in linea di principio il legislatore puo regolamentare in
materia civile, mediante nuove disposizioni retroattive, i diritti derivanti da leggi
gia vigenti, il principio della preminenza del diritto e la nozione di equo processo
sancito dallfarticolo 6 ostano, salvo che per ragioni imperative di interesse
generale, allfingerenza del legislatore nellfamministrazione della giustizia allo
scopo di influenzare la risoluzione di una controversia (sentenza Raffinerie greche
Stran e Stratis Andreadis v. Grecia, 9 December 1994, serie A n. 301-B).
Lfesigenza della parita delle armi comporta lfobbligo di offrire ad ogni parte una
ragionevole possibilita di sottoporre il suo caso in giudizio, in condizioni che non
comportino un sostanziale svantaggio rispetto alla controparte (v., in particolare,
causa Dombo Beheer BV c. Paesi Bassi, dal 27 ottobre, 1993, ˜ 33, Serie A, No.
274).
La Corte ha quindi negato che lfintervento legislativo del 2005 fosse giustificato da
ragioni imperative di interesse pubblico, cosi da violare lfart. 6 della Convenzione;
al tempo stesso, al Corte ha riconosciuto che lfart. 1, comma 218, della legge n.
266 del 2005, nel regolamentare in maniera definitiva le controversie, si
sostanziasse in una ingerenza nellfesercizio del diritto di proprieta, cosi da violare
lfart. 1 del Protocollo n. 1.
Nel dialogo tra Corti si e inserita piu di recente anche la Corte di Giustizia delle
Comunita europee, con la sentenza 6 settembre 2011, nel procedimento C-
108/10, Scattolon.
Le conclusioni dellfavvocato generale Bot il 5.4.2011 consideravano il caso come
un trasferimento di azienda e ritenevano che la direttiva non comportasse il
computo di tutta lfanzianita. In riferimento agli artt. 51 e 53 della Carta di Nizza,
lfavvocato generale riteneva applicabile lfart. 47 della stessa, interpretata alla luce
della giurisprudenza della Corte di Strasburgo; riteneva non violato lfart. 47 della
Carta, a patto che si provasse nel giudizio di merito che lo scopo della norma
interpretativa non era quello di ridurre le spese statali, ma di garantire la neutralita
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di bilancio dellfoperazione di trasferimento del personale con il passaggio ad un
diverso contratto collettivo.
La sentenza della Corte -premesso che la riassunzione, da parte di una pubblica
autorita di uno Stato membro, del personale dipendente di unfaltra pubblica
autorita, addetto alla fornitura, presso le scuole, di servizi ausiliari comprendenti,
in particolare, compiti di custodia e assistenza amministrativa, costituisce un
trasferimento di impresa ai sensi della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977,
77/187/CEE, quando detto personale e costituito da un complesso strutturato di
impiegati tutelati in qualita di lavoratori in forza dellfordinamento giuridico
nazionale di detto Stato membro- ha affermato che, quando un trasferimento ai
sensi della direttiva 77/187 porta allfapplicazione immediata, ai lavoratori
trasferiti, del contratto collettivo vigente presso il cessionario e inoltre le
condizioni retributive previste da questo contratto sono collegate segnatamente
allfanzianita lavorativa, lfart. 3 di detta direttiva osta a che i lavoratori trasferiti
subiscano, rispetto alla loro posizione immediatamente precedente al trasferimento,
un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento
dellfanzianita da loro maturata presso il cedente, equivalente a quella maturata da
altri lavoratori alle dipendenze del cessionario, allfatto della determinazione della
loro posizione retributiva di partenza presso questfultimo (la Corte ha poi rimesso
al giudice del rinvio esaminare se, allfatto del trasferimento in questione nella
causa principale, si fosse verificato un siffatto peggioramento retributivo).
Come rilevato in dottrina101, la Corte non ha affrontato affatto la questione
dellfeventuale violazione dellfart. 47 (e dellfart. 6), pur essendo tale problema
affrontato ampiamente dallfA.G., e pur essendo gia intervenuta la decisione della
Corte di Strasburgo, cui si accenna ma non per trarne conclusioni di sorta.
In questo complesso contesto giurisprudenziale va inquadrato lfultimo
pronunciamento della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione in materia (Cass.,
Sez. L, n. n. 20980 del 12/10/2011, Rv. 618699; conforme, Cass., Sez. L,
Sentenza n. 21282 del 14/10/2011 (Rv. 618720)), che ha affermato che, in tema
di personale degli enti locali trasferito nel ruolo del personale ATA
(amministrativo, tecnico, ausiliario) dello Stato ai sensi dell'art. 8, comma 2, legge
n. 124 del 1999 (autenticamente interpretato dall'art. 1, comma 218, legge n. 266
del 2005), il legislatore - come precisato dalla Corte di giustizia dell'Unione
Europea con la sentenza 6 settembre 2011 (procedimento C-108-10) - e tenuto ad
attenersi allo scopo della direttiva 77/187/CEE consistente "nell'impedire che i
lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in una posizione meno
favorevole per il solo fatto del trasferimento". Ne consegue che il giudice e tenuto
a valutare - ai fini dell'esercizio del potere-dovere di dare immediata attuazione alle
101 BRONZINI G., La giurisprudenza multilivello dopo Lisbona: alcuni casi difficili, in
Europeanrighs,29/2011 2011,, 12.
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norme dell'Unione Europea - se, all'atto del trasferimento, si sia verificato un
peggioramento della condizione retributiva globalmente attribuita al lavoratore
rispetto a quella goduta immediatamente prima del trasferimento stesso e, dunque,
secondo un apprezzamento non limitato ad uno specifico istituto ma considerando
anche eventuali trattamenti piu favorevoli su altri istituti ed eventuali effetti
negativi sul trattamento di fine rapporto e sulla posizione previdenziale, senza che
assumano rilievo, invece, eventuali disparita con i lavoratori che, a tale data, erano
gia in servizio presso il cessionario.
Successivamente alla decisione della Cassazione si registra, per il momento, solo la
sentenza del tribunale di Treviso del 13 gennaio 2012, che .pur senza
soffermarsi sullfesistenza in concreto di un pregiudizio economico per i lavoratori,
invero il solo aspetto che e rilevante ai sensi della disciplina comunitaria- ha
direttamente disapplicato le disposizioni nazionali.
55
7.5. LICENZIAMENTO
In tema di licenziamento, nel caso Cudak v. Lituania [GC], n. 15869/02,
2010, la Corte si ef occupata del problema dellfapplicazione dell'immunita dello
Stato rispetto allfimpugnazione di licenziamento illegittimo proposta da un
dipendente dellfambasciata polacca.
La Corte, rilevata l'esistenza nel diritto internazionale e nella pratica di
numerosi Stati di una tendenza a limitare l'applicazione del principio di immunita,
ha considerato determinante che la lavoratrice non avessea funzioni specifiche per
l'esercizio del potere pubblico, dal momento che aveva mansioni di segreteria ed
amministrative (es. registrare le conversazioni internazionali, aiutare ad
organizzare eventi) non obiettivamente collegate agli interessi dello Stato polacco
nef importanti per la sicurezza dello Stato (non essendo sufficiente che la
ricorrente poteva aver accesso a determinati documenti o ascoltare conversazioni
telefoniche confidenziali come parte delle sue funzioni).
Secondo la Corte, applicando l'eccezione di immunita dello Stato e dichiarando
la propria incompetenza a pronunciarsi sulla richiesta della lavoratrice, i tribunali
lituani hanno violato la garanzia convenzionale del diritto di accesso alla giustizia
di cui allfarticolo 6 della Convenzione (Nello stesso senso, El Sabeh Leil c.
Francia [GC], n. 34869/05, 29 giugno 2011).
Sempre in tema di recesso datoriale, soluzioni diverse sono state fatte proprie
in relazione alla valutazione della legittimita del licenziamento per adulterio,
ammessa con riferimento ad un direttore della chiesa mormone (Obst c. Germania,
n. 425/03, 23 settembre 2010) e negata riguardo ad un organista e maestro del coro
della parrocchia di una chiesa cattolica (Schuth c. Germania, n. 1620-1603,
CEDU 2010).
In entrambi i casi, la Corte ha esaminato se l'equilibrio raggiunto dal giudice
del lavoro tra, da un lato, il diritto al rispetto della privacy dei lavoratori ex articolo
8 e, dall'altro, i diritti di cui godeva la chiesa mormone e quella cattolica ai sensi
della Convenzione (che pure tutela l'autonomia delle comunita religiose da indebite
ingerenze dello Stato), avesse offerto ai lavoratori una protezione adeguata. In esito
a tale scrutinio, la Corte ha riscontrato che in entrambi i casi i lavoratori avevano
avuto la possibilita di far esaminare il loro caso al giudice del lavoro secondo il
diritto del lavoro, ed ha rilevato tuttavia che:
- nel primo caso, la corte nazionale aveva ritenuto che i legami di fedelta
imposta alla ricorrente erano accettabili in quanto avevano lo scopo di preservare
la credibilita della Chiesa mormone.
- nel secondo caso, se la chiesa poteva richiedere ai propri dipendenti di
astenersi da certi principi, il rapporto di lavoro era pur sempre basato sul diritto
civile e non su uno statuto ecclesiale, restando peraltro il comportamento in
questione nellfambito della vita privata e non lavorativa del richiedente (e non
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avendo le corti nazionali bilanciato adeguatamente i diritti del lavoratore e quelli
del datore di lavoro).
Importante e in materia altresi la tutela della liberta di espressione del pensiero
protetta dallfart. 10102 della Convenzione.
Ef oggi pendente innanzi alla Grand Chambre il caso Fernandez Martinez c.
Spagna (application n. 56030/07). La vicenda riguarda il mancato rinnovo del
nulla osta allfinsegnamento ad un prete spagnolo (munito di regolare (canonica)
dispensa dal celibato e quindi sposato, padre di cinque figli, professore di religione
e morale cattolica in un liceo pubblico da ventfanni), come risultato di aver
pubblicato un articolo che rendeca pubblica la sua appartenenza al "Movimento
pro-celibato opzionale ", alle cui riunioni era stato visto partecipare insieme alla
sua famiglia.
Affermata la discriminazione, il giudice del lavoro ne aveva ordinata la
reintegrazione, ma la decisione era stata poi riformata in ragione del rapporto
fiduciario che legava il docente e il vescovo (non il datore di lavoro dunque), in
ragione delle prerogative del vescovo nella materia.
Invocando l'articolo 6 ˜ 1 (diritto ad un equo processo), il lavoratore ha
lamentato mancanza di imparzialita di due giudici che avevano pronunciato la
sentenza di appello, perche erano entrambi cattolici.
Invocando l'articolo 8103 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), in
combinato disposto con l'articolo 14 (divieto di discriminazione), ritiene il
102 Articolo 10 - Liberta di espressione.
1. Ogni persona ha diritto alla liberta d'espressione. Tale diritto include la liberta d'opinione e la
liberta di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da
parte delle autorita pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo non
impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di
cinema o di televisione.
2. L'esercizio di queste liberta, poiche comporta doveri e responsabilita, puo essere sottoposto
alle formalita, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono
misure necessarie, in una societa democratica, per la sicurezza nazionale, per l'integrita
territoriale o per la pubblica sicurezza, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per
la protezione della salute o della morale, per la protezione della reputazione o dei diritti altrui,
per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l'autorita e l'imparzialita
del potere giudiziario.
103 Articolo 8 - Diritto al rispetto della vita privata e familiare.
1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della
sua corrispondenza.
2. Non puo esservi ingerenza di una autorita pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale
ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una societa democratica, e
necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del
paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della
morale, o per la protezione dei diritti e delle liberta altrui.
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ricorrente che il mancato rinnovo del suo contratto ef ingerenza non giustificata
nella sua vita privata.
Invocando gli articoli 9104 (diritto alla liberta di pensiero, di coscienza e di
religione) e 10 (liberta di espressione), il lavoratore afferma una violazione della
Convenzione. Il caso e come detto pendente e lfudienza si ef tenuta da poche
settimane.
Analoga problematica e emersa in sede giuslavorista, nella valutazione della
manifestazione delle idee dei docenti105.
Nel caso Vogt contro Germania, 26 settembre 1995, gia richiamato supra, si era
affermata lfillegittimita dellfinterferenza dello Stato nella liberta di espressione del
lavoratore, pubblico nella specie (in particolare, si trattava di un insegnante con
idee politiche estremiste). Proprio in tale sentenza (si veda anche Sunday Times c.
Regno Unito (n. 2), 26 novembre 1991, serie A, n. 217, ˜ 50, e Perna c. Italia
[GC], n. 48898/99, CEDU 2003 - V, ˜ 39), la Corte ha riassunto i principi
fondamentali che emergono dalla sua giurisprudenza relativa all'articolo 10 della
Convenzione: in base a tali principi, la liberta di espressione costituisce uno dei
fondamenti essenziali di una societa democratica, una delle condizioni
fondamentali per il suo progresso e sviluppo individuale.
Fatto salvo il paragrafo 2, non si tratta solo di 'informazione' o 'idee' che sono
accolte con favore o considerate come inoffensive o indifferenti, ma anche quelle
che offendono, provocano shock o disturbano sono tutte protette dalla richiamata
disposizione della Convenzione, essendo tale conclusione imposta dalle esigenze
del pluralismo, della tolleranza e l'apertura mentale, senza la quale non esiste una
"societa democratica".
Come stabilito dall'articolo 10, la liberta di espressione e soggetta a eccezioni che,
tuttavia sono di stretta interpretazione, essendo necessario che qualsiasi restrizione
sia stabilita in maniera convincente. L'aggettivo "necessario", secondo la Corte, ai
104 Articolo 9 - Liberta di pensiero, di coscienza e di religione.
1. Ogni persona ha diritto alla liberta di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include
la liberta di cambiare religione o credo, cosi come la liberta di manifestare la propria religione o
il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto,
l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti.
2. La liberta di manifestare la propria religione o il proprio credo non puo essere oggetto di
restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in
una societa democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell'ordine, della salute o della
morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della liberta altrui.
105 Sul tema in generale, imprescindibile e la lettura di CORDERO F., Risposta a Monsignore,
De Donato, 1970, da tener presente nellfanalisi critica di Corte cost. 195/1972, in Giur. cost., p.
2198-99, ed in Foro it. 1973, 9, con nota di JEMOLO A.C., Perplessita su una sentenza. Piu di
recente e con specifico riferimento alla CEDU, si vedano FOAf S, op.loc.cit., 388 ss., nonche
CROCE M., Dal gCaso Corderoh al gCaso Vallaurih: nozione di scienza e liberta di
insegnamento (discutendo con Michele Massa), in www.forumcostituzionale.it, et ivi ampi
richiami.
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sensi dell'articolo 10 ˜ 2, implica un "bisogno sociale imperioso". Gli Stati
contraenti godono di un margine di discrezionalita nel valutare l'esistenza di tale
necessita, ma tale apprezzamento resta soggetto alla vigilanza europea.
Il compito della Corte, nell'esercizio del suo controllo, non e quello di sostituire le
autorita nazionali competenti, ma di verificare, sotto lfangolo dell'articolo 10, le
decisioni rese dalle autorita nazionali in relazione ai loro poteri di apprezzamento;
ne consegue che la Corte deve verificare se lo Stato convenuto abbia fatto uso del
suo potere discrezionale in buona fede, con attenzione e ragionevolmente; la Corte
deve considerare l'interferenza alla luce di tutte le circostanze del caso per stabilire
se e "proporzionata allo scopo legittimo perseguito" e se le ragioni addotte dalle
autorita nazionali per giustificarla sono "pertinenti e sufficienti"; in tal modo, la
Corte verifica che le autorita nazionali abbiano applicato norme in modo coerente
con i principi sanciti dall'articolo 10 e, inoltre, sulla base di una valutazione
accettabile dei fatti pertinenti.
Nel caso Lombardi Vallauri c. Italie, n. 39128/05, 20 ottobre 2009, la Corte ha
nuovamente fatto applicazione di tali principi. Il caso riguardava il titolare (sulla
base contratti rinnovati annualmente) dell'insegnamento della filosofia del diritto
presso la Facolta di Giurisprudenza dellfUniversita Cattolica del Sacro Cuore di
Milano cui non era stato rinnovato il contratto in quanto la Congregazione,
un'agenzia della Santa Sede, aveva indicato al Rettore dell'Universita che alcune
posizioni del richiedente si opponevano alla dottrina cattolica, sicche egli non
doveva insegnare piu nell'universita. Il docente aveva adito quindi la Corte
lamentando la violazione dellfart. 10 della Convenzione.
La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza, osservando che le circostanze del
caso non erano paragonabili a quelle proprie del mondo degli affari (v. Glasenapp
c. Germania e Kosiek c. Germania, 28 agosto 1986) essendo piu simili a quelle
descritte nella richiamata sentenza Vogt c. Germania.
La Corte rileva anzitutto che, quando aveva deciso di respingere la domanda del
richiedente, il Consiglio di Facolta non aveva informato lfinteressato delle opinioni
a lui attribuite ritenute incompatibili con lfinsegnamento nellfUniversita
confessionale, nef aveva valutato la misura in cui le opinioni asseritamente
eterodosse di cui era accusato si potevano riflettere nellfinsegnamento e, quindi,
erano suscettibili di recare pregiudizio agli interessi dellfUniversita.
La Corte ha preso atto del fatto che la decisione del Consiglio di Facolta non era
supportata da alcun altro motivo che il mero riferimento al diniego di approvazione
della Santa Sede, il cui atto peraltro era rimasto segreto nel contenuto.
Per quanto riguardava, poi, il profilo dell'efficacia del controllo giurisdizionale del
processo amministrativo nazionale, la Corte ha rilevato che -sebbene in linea
generale dovesse escludersi la valutazione da parte degli Stati della legittimita delle
credenze religiose o dei mezzi utilizzati per esprimere tali credenze (v., mutatis
mutandis, il metropolita della Chiesa di Bessarabia contro Moldova, n. 45701/99,
CEDU 2001-XII, ˜ 117), e dunque dovesse ritenersi che non competeva alle
59
autorita nazionali di esaminare nel merito le ragioni del rifiuto della
Congregazione- le autorita nazionali avrebbero dovuto dar rilievo al fatto che il
Consiglio di Facolta non aveva informato il ricorrente in ordine alle opinioni di cui
era accusato, e dunque al fatto che il privato era in sostanza incapace di difendersi
in un contraddittorio.
Secondo la Corte, allora, lfinterferenza sul diritto del ricorrente alla liberta di
espressione non era "necessaria in una societa democratica", onde vi era stata una
violazione dell'articolo 10 ed altresi dell'articolo 6 ˜ 1 della Convenzione (la Corte
ha tuttavia accordato al ricorrente la somma di soli 10 mila euro, senza peraltro
nemmeno riconoscere il rimborso delle spese e competenze legali).
Sui rapporti tra Stati e religioni -oltre allfinevitabile richiamo a Lautsi c. Italia,
Grand Chambre, febbraio 2011, ed al suo precedente di segno opposto di Chamber
del 2009, relative alla nota questione dellfesposizione del crocifisso in locali
pubblici- e restando ancorati alla materia laburista, e opportuno richiamare le
sentenze in ordine alla tutela degli insegnanti avverso imposizioni di divieti di
portare il foulard islamico o avverso sanzioni disciplinari per la violazione del
detto divieto.
In Leyla Sahin c. Tuchia, 2004, la Corte ha escluso la violazione della liberta
religiosa in relazione alla regolamentazione dellfUniversita di Istambul che
sottoponeva a restrizioni la possibilita di portare il Hijab islamico, in quanto pur
essendo la liberta religiosa uno dei fondamenti dello stato democratico, lfart. 9
della Convenzione non protegge sempre il diritto di comportarsi in luogo pubblico
nel modo dettato da una convinzione.
In Dahlab c. Suisse, 2001, la Corte ha ritenuto legittimo il divieto ad
unfinsegnante di una scuola pubblica di portare il velo, tenuto conto che tale
divieto ef necessario in una societa democratica in ragione del fatto che la laicita,
che presuppone la neutralita confessionale, ef un principio costituzionale espresso
nel caso dalla Costituzione cantonale.
Non riguarda direttamente la materia del licenziamento, ma reca principi utili
anche in tale ambito (potendo configurarsi .specie in certi settori del pubblico
impiego- casi di sanzioni disciplinari per appartenenza a date associazioni), il tema
della liberta associativa, su cui si richiamano i casi GrandfOriente dfItalia c.
Italia, del 2002 e poi del 2007, relativi alla illegittimita dellfassimilazione della
massoneria alle associazioni segrete nelle discipline di due leggi regionali che
prevedevano lfesclusione di candidati politici per affiliazione alla stessa.
Il caso Heinisch c. Germania (28274/08), 21 luglio 2011, riguardava il
licenziamento di un infermiere geriatrico a seguito delle denunce penali da
questfultimo presentate contro il datore di lavoro in ragione di carenze dell'offerta
di assistenza. La Corte ha ravvisato la violazione dell'articolo 10 relativo alla
liberta di espressione.
60
Particolarmente utile riportare i principi generali in materia come richiamati dalla
pronuncia (e gia affermati distintamente nel caso (vedi Guja contro Moldova
[GC], no 14277/04, ˜ 72, CEDU 2008).
Per quanto riguarda l'applicazione dell'articolo 10 della Convenzione al luogo di
lavoro, la Corte ha dichiarato che la segnalazione da parte di un dipendente del
settore pubblico di comportamenti illeciti o irregolarita sul posto di lavoro merita,
in determinate circostanze, una protezione: cio, in particolare, nel caso in cui il
dipendente o funzionario in questione e l'unica persona, o parte di una piccola
categoria di persone, consapevoli di cio che sta accadendo sul posto di lavoro ed e
quindi nella posizione migliore per agire nell'interesse pubblico ed avvisare il
datore di lavoro o il grande pubblico (Steel e Morris contro il Regno Unito, n.
68416/01, ˜ 87, CEDU 2005-II; Marchenko contro l'Ucraina, n. 4063/04, ˜ 46, 19
febbraio 2009).
La Corte e, allo stesso tempo consapevole che i dipendenti debbono al loro datore
di lavoro un dovere di lealta, riservatezza e discrezione, e che tali obblighi possono
essere piu pronunciati nel caso di funzionari e impiegati del settore pubblico
rispetto ai dipendenti di diritto privato i rapporti di lavoro. Cio implica secondo la
Corte che, alla luce di questo dovere di lealta e discrezione, la comunicazione deve
essere fatta in primo luogo a un'autorita superiore o altra autorita competente
dellfamministrazione, e che, solo quando questo e chiaramente impossibile, le
informazioni potrebbero, in ultima istanza, essere divulgate al pubblico. Dunque,
nel valutare se la restrizione alla liberta di espressione era proporzionata, quindi, la
Corte deve verificare se la ricorrente avesse qualsiasi altro mezzo efficace per
ovviare alla trasgressione che intendeva scoprire.
La Corte deve anche prendere in considerazione una serie di altri fattori nel
valutare la proporzionalita dellfinterferenza rispetto allo scopo legittimo
perseguito. In primo luogo, deve prestare particolare attenzione all'interesse
pubblico coinvolto le informazioni divulgate: la Corte ha ribadito a questo
proposito che vi e poco margine ai sensi dell'articolo 10 ˜ 2 della Convenzione per
le restrizioni imposte al dibattito su questioni di interesse generale (v., tra le altre,
Stoll contro Svizzera [GC], n. 69698/01, ˜ 106, CEDU 2007-XIV).
Il secondo fattore rilevante per questo bilanciamento e l'autenticita delle
informazioni pubblicate. Cosi, se deve esservi spazio per le autorita dello Stato
competenti per reprimere accuse infamanti prive di fondamento o formulata in
mala fede (vedi Castells contro Spagna, 23 aprile 1992, ˜ 46, serie A n. 236), la
liberta di espressione comporta doveri e responsabilita ed ogni persona che decide
di fornire informazioni deve verificare attentamente, nella misura consentita dalle
circostanze, che esse sono precise ed affidabili (vedi Bladet Tromso e Stensaas
contro Norvegia [GC], n. 21980/93, ˜ 65, CEDU 1999-III).
D'altra parte, la Corte deve valutare il danno se del caso subito dal datore di lavoro
a causa della divulgazione in questione e valutare se tale danno superava l'interesse
del pubblico a conoscere le informazioni rivelate (vedi Guja, citata, ˜ 76).
61
Il motivo sottostante alla denuncia del dipendente e, secondo la Corte, un altro
fattore determinante nel decidere se una rivelazione particolare debba essere
protetta o meno: per esempio, un atto motivato da un rancore personale o
antagonismo personale o l'aspettativa di vantaggio personale, compreso il
guadagno pecuniario, non giustificherebbe un livello di protezione particolarmente
forte. E' allora importante stabilire che, nel fare la divulgazione, l'individuo ha
agito in buona fede e nella convinzione che l'informazione fosse vera, che la
divulgazione era nel pubblico interesse e che non si avevano altri mezzi piu discreti
per ovviare alla trasgressione (vedi Guja, citata, ˜ 77).
Infine, in relazione alla revisione della proporzionalita della interferenza rispetto
allo scopo legittimo perseguito, secondo la Corte resta necessaria un'attenta analisi
della pena inflitta al ricorrente e le sue conseguenze (vedi Bobo Fuentes v. Spain,
no. 39293/98, ˜ 38, 29 February 2000, ˜ 49).
7.6. GIUSTO PROCESSO
Prima della sentenza Pellegrin, la Corte aveva statuito che le controversie
relative al greclutamento, carriera e cessazione dal servizio dei dipendenti
pubblicih erano in linea generale al di fuori del campo di applicazione dell'articolo
6 ˜ 1. Cosif, ad esempio, in Neigel c. Francia (17 marzo 1997, ˜ 44, Raccolta
1997-II) la domanda della ricorrente al pagamento della retribuzione che avrebbe
percepito se fosse stato reintegrato, ef stata ritenuta estranea al diritto "civile" ai
sensi dell'articolo 6 ˜ 1.
Il principio generale di esclusione dellfapplicazione dellfart. 6 era peraltro stato
limitato e chiarito in una serie di successive sentenze. Per esempio, in Francesco
Lombardo c. Italia (26 novembre 1992, ˜ 17, serie A no. 249-B) e Massa c. Italia
(24 agosto 1993, ˜ 26, serie A no. 265-B), la Corte aveva preso in considerazione
la rivendicazione di diritti puramente pecuniari derivanti dalla legge dopo la
cessazione del servizio, connesse come tali solo indirettamente alla "cessazione dal
servizio": in considerazione del fatto che lo Stato italiano non aveva "poteri
discrezionali" nel proprio obbligo di pagare le pensioni in questione e che esso
poteva essere paragonato ad un datore di lavoro parte di un contratto di lavoro di
diritto privato, la Corte aveva ritenuto che le pretese dei ricorrenti fossero "civili"
ai sensi dell'articolo 6 ˜ 1.
Secondo altre sentenze, l'articolo 6 ˜ 1 era stato applicato quando la domanda
in questione era relativa ad un diritto "puramente economico" - come il pagamento
dello stipendio (vedi De Santa c. Italia, Lapalorcia c. Italia e Abenavoli c. Italia, 2
settembre 1997, ˜ ˜ 18, 21 e 16, Raccolta 1997-V) - o in un diritto "essenzialmente
economico" (vedi Nicodemo c. Italia, 2 settembre 1997, ˜ 18, Raccolta 1997-V) e
non era volto, soprattutto, a rimettere in discussione "le autorita ed i poteri
discrezionali" (vedi Benkessiouer c. Francia e Couez c. Francia, 24 agosto 1998, ˜
62
˜ 29-30 e ˜ 25, rispettivamente, Raccolta 1998-V; Le Calvez c. Francia, 29 luglio
1998, ˜ 58 , Raccolta 1998-V, e Cazenave de la Roche c. Francia, 9 giugno 1998,
˜ 43, Raccolta 1998-III).
Solo con la sentenza Pellegrin c. Francia, 28541/95, 1999, tuttavia, la Corte
affermava in materia un nuovo principio di carattere generale, attraverso la
definizione di un'interpretazione autonoma del "servizio civile" che rende possibile
garantire un trattamento uguale a dipendenti pubblici che svolgono funzioni
equivalenti o simili in tutti gli Stati aderenti alla Convenzione, a prescindere dalla
sistema nazionale di lavoro e, in particolare, indipendentemente dalla natura del
rapporto giuridico tra il lavoratore e l'autorita amministrativa. A tal fine la Corte
introduceva un criterio funzionale in base alla natura delle mansioni del dipendente
e alla sua responsabilita: i titolari di posti che implicano responsabilita
nell'interesse generale o partecipazione all'esercizio dei poteri conferiti dal diritto
pubblico esercitano una parte del potere sovrano dello Stato. La Corte quindi
affermava che le controversie escluse dal campo di applicazione dell'articolo 6 ˜ 1
erano solo quelle dai dipendenti pubblici i cui compiti si caratterizzavano nel senso
sopra detto: un esempio evidente di tali attivita era fornito dalle forze armate e
dalla polizia.
Secondo questfimpostazione, dunque, decisiva era la posizione lavorativa del
lavoratore e non la natura della controversia: tale orientamento veniva confermato
in Martinie c. Francia ([GC], no. 58675/00, ˜ 30, CEDU 2006-VI, dove la Grande
Camera concludeva che l'articolo 6 ˜ 1 era applicabile, come gia ritenuto dalla
Camera (decisione sulla ricevibilita del 13 gennaio 2004), ma sulla base di una
motivazione diversa: la Grande Camera dava rilievo al fatto che la ricorrente fosse
un funzionario che lavorava come contabile per una scuola, senza alcuna
partecipazione all'esercizio di pubblici poteri, mentre la Camera aveva
principalmente avuto riguardo alla natura della controversia, avente ad oggetto il
rimborso di pagamenti non autorizzati; entrambe erano giunte pero alla
conclusione che gli obblighi del richiedente erano "civili", con conseguente
applicabilita dell'articolo 6 ˜ 1.
Nella giurisprudenza successiva al caso Pellegrin, la Corte si e pero resa conto
che spesso conoscere la natura e lo stato delle funzioni del lavoratore non e un
compito facile, ne e tale quello volto a precisare la categoria del servizio pubblico.
Per esempio, in Kepka c. Polonia ((dec.), nn. 31439/96 e 35123/97, CEDU 2000-
IX), la Corte ha rilevato che il ricorrente, che aveva lavorato tutta la sua carriera
nei vigili del fuoco, sebbene non fosse stato assegnato a mansioni antincendio ed
aveva lavorato solo come istruttore teorico, aveva avuto tuttavia compiti che
avevano richiesto la ricerca e l'accesso ad informazioni di natura sensibile, sicche
dovevano essere considerate come rientranti nella sfera della difesa nazionale e
richiedenti la partecipazione all'esercizio delle funzioni volte a salvaguardare gli
interessi generali dello Stato, con la conseguenza che l'articolo 6 era inapplicabile.
Inoltre, la Corte ha preso atto che in molti Paesi contraenti l'accesso ad un
tribunale viene concesso ai dipendenti pubblici, permettendo loro di proporre
63
azioni per questioni retributive o per il licenziamento o anche il reclutamento, in
modo analogo ai dipendenti nel settore privato, sicche in tali casi il sistema
nazionale non percepisce alcun conflitto tra gli interessi vitali dello Stato e il diritto
dell'individuo alla protezione.
La Corte ha cosi ritenuto di evolvere la sua giurisprudenza, affermando nuovi
principi nella sentenza di Vilho Eskelinen ed altri v. Finlandia, n. 63235/00, 19
aprile 2007.
La sentenza ha considerato che gli articoli 1 e 14 della Convenzione
stabiliscono che tutti allfinterno della giurisdizione degli Stati contraenti devono
godere dei diritti e delle liberta "senza distinzione di alcuna specie" (v., mutatis
mutandis, Engel e altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, ˜ 54, serie A n. 22.), sicche,
come regola generale, le garanzie della Convenzione vanno estese ai dipendenti
pubblici (vedere, mutatis mutandis, Schmidt e Dahlstrom c. Svezia, 6 febbraio
1976, ˜ 33, serie A n. 21; Ahmed e altri c. Regno Unito, 2 settembre 1998, ˜ 56,
Raccolta 1998-VI).
Inoltre, guardando al diritto europeo in generale, la Corte ha ritenuto che, se un
individuo puo contare su un diritto materiale garantito dal diritto comunitario, il
suo status di titolare di potere pubblico non rende inapplicabili i requisiti del
controllo giudiziario di cui allfart. 6.
Dunque, secondo la sentenza, lo Stato convenuto puo far valere dinanzi alla
Corte la qualita del lavoratore ed escludere la protezione incorporata di cui
all'articolo 6, ma due condizioni devono essere soddisfatte. In primo luogo, lo
Stato nel suo diritto nazionale deve avere espressamente escluso l'accesso a un
tribunale per il posto o la categoria del personale in questione. In secondo luogo,
l'esclusione deve essere giustificata da ragioni obiettive nell'interesse dello Stato,
non essendo di per se decisivo che il lavoratore operi in un settore o reparto che
partecipa nell'esercizio del potere conferito di diritto pubblico.
Dunque, affinche l'esclusione sia giustificata, non e sufficiente che lo Stato
stabilisca che il funzionario in questione partecipa nell'esercizio del potere
pubblico, o che esiste, per usare le parole della Corte di Pellegrin, un "legame
speciale di fiducia e di lealta "tra il funzionario e lo Stato, come datore di lavoro.
Ef onere dello Stato dimostrare che l'oggetto della controversia in questione e
connessa con l'esercizio del potere statale o che ha messo in discussione il legame
speciale. Cosi, non ci puo in linea di principio essere alcuna giustificazione per
l'esclusione dalle garanzie di cui all'articolo 6 delle controversie di lavoro, come
quelle relative agli stipendi, indennita o altri diritti simili, sulla base della natura
particolare del rapporto tra il civil servant e lo Stato.
Ci sara, dunque, una presunzione di applicabilita dell'articolo 6. Sara onere per
il Governo convenuto di dimostrare, in primo luogo, che il pubblico dipendente
non ha diritto di accesso a un tribunale ai sensi del diritto nazionale e, dall'altro,
che l'esclusione dei diritti di cui all'articolo 6 e giustificata in concreto.
64
Altre pronunce hanno fatto applicazione dellfart. 6 alla materia del lavoro e
della previdenza.
In Seguin v. Francia, n. 42400/98, 16 aprile 2002, la norma dellfart. 6 ef stata
applicata in relazione al giudizio innanzi al Conseil des Proudfhommes
sullfimpugnativa di un licenziamento intimato per motivi economici.
Lfart. 6 efstato applicato alle controversie relative al danno da inoccupazione
precedente la mobilita del personale licenziato (cosif Sobczyk v. Polonia, n.
25693/94 e 27387/95, 26 ottobre 2000), ritenendo la Corte anzi che in generale la
difficolta delle questioni sostanziali coinvolte nel caso non ef sufficiente a
giustificare la durata dei procedimenti.
In Salesi c. Italia, n. 13023/87, 26 febbraio 1993, la norma e stata applicata nel
campo dellfassistenza sociale (era in questione il riconoscimento del diritto
allfassegno mensile dfinvalidita civile). Si e ritenuto, tra lfaltro, che l'intervento
statale non e sufficiente a stabilire lfinapplicabilita dell'articolo 6, e che, nonostante
gli aspetti di diritto pubblico riferito dal governo, il privato non incontrava poteri
discrezionali dellfamministrazione, essendo titolare di un vero e proprio diritto
soggettivo, azionabile innanzi al giudice ordinario e non a quello amministrativo.
In Ogis-Institut Stanislas, Ogec St. Pie X et Blanche De Castille ed altri c.
Francia, n. 42219/98 e 54563/00, 27 maggio 2004, la Corte si ef occupata del
problema dellfapplicabilita delle garanzie dellfart. 6 ai giudizi previdenziali
contributivi, ed ha affrontato il problema dellfapplicazione della legge
sopravvenuta retroattiva (ammettendone la possibilita ove la legge sopravvenuta
sia volta a colmare un vuoto normativo ed a ristabilire la legge antica).
Il caso riguardava la variazione del tasso di contribuzione dovuto da un istituto
dfinsegnamento privato per i suoi dipendenti.
La Corte ha rilevato che l'intervento del legislatore, perfettamente prevedibile,
rispondeva ad una evidente ed imperiosa giustificazione di interesse generale,
intendendo il legislatore restaurare e ribadire il suo intento iniziale, rimasto
inattuato per il mancato esercizio del potere regolamentare necessario
allfattuazione della vecchia legge.
Secondo la Corte, conseguentemente, i ricorrenti non potevano, nelle
circostanze della causa, legittimamente lamentare una violazione del principio
della parita delle armi, onde andava esclusa ogni violazione dell'articolo 6 ˜ 1 della
Convenzione.
65
7.7. LIBERTAf SINDACALI
Numerose sentenze della Corte hanno riguardato le liberta sindacali.
Per quanto riguarda il diritto di concludere contratti collettivi, la Corte aveva in
passato dichiarato, in un primo momento, che l'articolo 11 non prevede un
trattamento speciale ai sindacati e, in particolare, non garantisce loro il diritto di
concludere contratti collettivi (Syndicat suedois des conducteurs de locomotives,
˜ 37, serie A no 20, ˜ 39; Schmidt et Dahlstrom c. Suede, arret du 6 fevrier 1976, ˜
36, serie A no 21).
In particolare, il caso Schmidt et Dahlstrom c. Suede, no 5589/72, 6 febbraio
1976, riguardava un militare ed un professore di diritto presso l'Universita di
Stoccolma che lamentavano che, in sede di rinnovo contrattuale (operato allfesito
di alcuni scioperi che avevano interessato solo alcuni sindacati, ma non anche
quello cui essi erano affiliati) era stata negata ai lavoratori nelle loro condizioni la
retroattivita di alcuni benefici; tali benefici erano stati infatti concessi agli iscritti
dei sindacati partecipanti alle azioni collettive e negati invece ai dipendenti membri
del sindacato (quale quelli dei ricorrenti, pur federati nellfambito di organizzazione
che rappresentava in genere i dipendenti dello Stato svedese) che non avevano
partecipato agli scioperi.
La Corte ha escluso la violazione dellfart. 11 della Convenzione, considerando che
la norma esige solo che la legislazione nazionale consenta ai membri del sindacato
la lotta attraverso il canale delle loro organizzazioni per difendere i loro interessi
professionali, laddove nel caso il rinnovo contrattuale non rivelava che i ricorrenti
avessero perso questa capacita.
Nellfaltro caso sopra richiamato, Syndicat suedois des conducteurs de locomotives
c. Svezia, n. 5614/726 febbraio 1976, la Corte ha ritenuto che il semplice fatto del
rifiuto datoriale di stipulare dei contratti collettivi non violasse lfart. 11 della
Convenzione, nef violasse lfart. 14 ed il relativo divieto di discriminazione se,
come nella specie, la limitazione della contrattazione ad alcuni sindacati era basata
sul carattere di maggiore rappresentativita degli stessi, e dunque su ragioni
oggettive e scopo legittimo.
Oggi tale giurisprudenza e nelle linee di fondo in buona parte superata dalla
sentenza Demir e Baykara c. Turchia [GC], n. 34503/97, CEDU 2008.
In tale pronuncia della Grand Chambre, la Corte si e occupata del divieto fatto
a funzionari comunali di formare un sindacato e della soppressione con effetto
retroattivo del contratto collettivo firmato dal sindacato in questione.
Il caso riguardava il sindacato Tum Bel Sen, fondato da funzionari di vari
Comuni soggetti alla disciplina sul pubblico impiego; Tum Bel Sen aveva concluso
con la citta di Gaziantep, per un periodo di due anni, un contratto collettivo, che
copriva gli aspetti delle condizioni di lavoro nei servizi del comune di Gaziantep,
inclusi gli stipendi, indennita e servizi di assistenza sociale.
66
I lavoratori avevano quindi agito in giudizio a tutela dei diritti loro riconosciuti
dal contratto collettivo, ma la Corte suprema nazionale, riformando la decisione
impugnata, aveva respinto la domanda, ritenendo che, se non vi erano ostacoli
giuridici alla realizzazione dei sindacati da parte dei funzionari, non era permesso a
questi di concludere contratti collettivi allo stato attuale della legge.
Nel giungere a questa conclusione, la Suprema Corte aveva ritenuto che il rapporto
lavorativo fosse stato diverso da quello tra datore di lavoro e il diritto dei
dipendenti comune e che la possibilita di contratto "contratto collettivo" tra i
sindacati dei servizi pubblici e l'amministrazione avrebbe dovuto trovare il
fondamento in una disposizione di legge speciale, nella specie mancante.
I lavoratori avevano quindi adito la CEDU, lamentando la violazione dellfart.
11 della Convenzione.
Occorre soffermarsi ora, pur brevemente, sulla sentenza resa dalla Corte, ove la
Grand Chambre ha fissato i contenuti del diritto protetto dallfart. 11 della
Convenzione.
La Corte ha intanto precisato che la possibilita di eventuali restrizioni per i
membri delle forze armate, della polizia o dell'amministrazione dello Stato di cui
all'articolo 11 va interpretata restrittivamente e deve essere limitato allfesercizio di
tali diritti, e non puo estendersi al diritto di organizzarsi.
Nellfinterpretare la norma nazionale restrittivamente la Corte ha fatto riferimento
agli strumenti internazionali piu rilevanti ed alla pratica degli Stati europei,
secondo un indirizzo ormai consolidato (Sigurdur A. Sigurjonsson contro l'Islanda,
il 30 Giugno 1993, ˜ 35, serie A n. 264; Sorensen e Rasmussen c. Danimarca
[GC], 52562/99 e 52620/99, ˜ 72-75, CEDU 2006; la stessa sentenza ha inoltre
precisato che non e necessario che lo Stato convenuto abbia ratificato tutti gli
strumenti pertinenti nel settore specifico)106. La Corte ha cosi concluso che i
106 La Corte ha cosi richiamato la Convenzione OIL n. 87 sulla liberta di associazione, il cui 2
stabilisce che i lavoratori senza distinzione alcuna, hanno il diritto di creare organizzazioni di
loro scelta, cosi come a partecipare a queste organizzazioni, sicche i lavoratori delle
amministrazioni locali possano effettivamente creare organizzazioni di loro scelta, e queste
organizzazioni dovrebbero avere tutto il diritto di promuovere e difendere gli interessi dei
lavoratori 'che rappresentano.
Anche testi provenienti da organizzazioni europee mostrano anche che il principio di concedere
il diritto fondamentale di organizzare dei dipendenti pubblici e stata largamente accettata dagli
stati membri. Per esempio, l'articolo 5 della Carta sociale europea garantisce la liberta dei
lavoratori e dei datori di lavoro di costituire organizzazioni locali, nazionali o internazionali, per
la tutela dei loro interessi economici e sociali ed aderire a queste organizzazioni. La legislazione
nazionale puo imporre limitazioni alla polizia e le restrizioni parziali o parziale membri delle
forze armate, ma nessuna possibilita di restrizione e stata fornita per gli altri membri
dell'amministrazione.
Il diritto di sindacato per i dipendenti e stato riconosciuto anche dal Comitato dei Ministri
Raccomandazione R(2000) 6 sullo stato dei funzionari pubblici in Europa, il cui principio 8
stabilisce che in linea di principio, i funzionari pubblici devono avere gli stessi diritti di tutti i
cittadini ei loro diritti sindacali devono essere legalmente limitato solo nella misura in cui le
limitazioni sono necessarie per il corretto svolgimento delle funzioni pubbliche. Infine, anche a
67
dipendenti dell'amministrazione pubblica non potevano essere esclusi dal campo
di applicazione dell'articolo 11, e che al piu le autorita nazionali avrebbero potuto
imporre "restrizioni legali", in conformita all'articolo 11 ˜ 2.
In particolare, la Corte ha affermato che l'articolo 11 ˜ 1 presenta la liberta
sindacale come una forma o un aspetto particolare della liberta di associazione
(Syndicat national de la police belge c. Belgique, 27 octobre 1975, ˜ 38, serie A n.
19, e Syndicat suedois des conducteurs de locomotives, ˜ 37, serie A no 20, ˜ 39).
La Corte ha rilevato inoltre che se l'articolo 11 e destinato essenzialmente a
proteggere l'individuo da interferenze arbitrarie da parte delle autorita pubbliche
nell'esercizio dei diritti in essa sanciti, esso puo comportare anche l'obbligo
positivo di assicurare il godimento di tali diritti.
Secondo la disposizione dell'articolo 11, lfingerenza dello stato nel godimento del
diritto protetto ef consentita solo se "prevista dalla legge", persegue uno o piu
scopi legittimi e "necessaria in una societa democratica" per raggiungerli.
La Corte ha quindi rilevato che le eccezioni di cui all'articolo 11 devono essere
interpretate restrittivamente, e che solo ragioni convincenti e interessanti possono
giustificare restrizioni alla liberta di associazione. A giudicare l'esistenza di una
"necessita" e quindi un "bisogno sociale imperioso" ai sensi dell'articolo 11 ˜ 2, gli
Stati hanno solo un limitato margine di apprezzamento, che resta sempre soggetto
ad una supervisione rigorosa europea (Yazar e altri c. Turchia, 22723/93 nostra,
22724/93 e 22725/93, ˜ 51, CEDU 2002-II).
Per quanto riguarda il diritto alla contrattazione collettiva, la Corte ha
affermato che il contratto collettivo e un mezzo essenziale per promuovere gli
interessi del sindacato e che il diritto di stipulare contratti collettivi e riconosciuto a
livello internazionale per i lavoratori (specialmente OIL) nonche nella maggior
parte degli Stati del Consiglio d'Europa, sicche la cancellazione del contratto
collettivo non puo ritenersi consentita in una societa democratica.
Lo Stato contraente, se in linea di principio e libero di decidere quali azioni
intende intraprendere per garantire il rispetto dell'articolo 11, resta obbligato a
includere gli elementi ritenuti essenziali dalla giurisprudenza della Corte. Ora, allo
stato attuale della giurisprudenza della Corte, emergono i seguenti elementi
essenziali dei diritti sindacali: il diritto di formare un sindacato e di associarsi (Tum
Haber Sen et C.nar c. Turquie, no 28602/95, ˜˜ 36-39, CEDH 2006), il divieto di
accordi di monopolio sindacale (si veda, ad esempio, Sorensen et Rasmussen
c. Danemark [GC], nos 52562/99 et 52620/99, ˜˜ 72-75, CEDH 2006), il diritto di
un sindacato di cercare di convincere il datore di lavoro per ascoltare cosa ha da
dire a nome dei suoi membri (Wilson, Sindacato Nazionale giornalisti e a., ˜ 44,
livello europeo, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea adotta un approccio aperto
a diritti sindacali affermando, all'articolo 12 (1), tra gli altri, che "tutti" hanno il diritto di altra
forma sindacati e aderirvi per la difesa dei loro interessi.
Per quanto riguarda la pratica europea, la Corte ricorda che il diritto dei lavoratori di organizzarsi
pubblico e ormai riconosciuto da tutti gli Stati contraenti e conosce eccezioni solo per date
categorie di personale.
68
ove la Corte ha dichiarato che, anche se la contrattazione collettiva non era
indispensabile per il godimento della liberta di associazione, poteva essere uno dei
modi di proteggere gli interessi dei membri del sindacato).
La Corte ritiene che questi principi non vanno intesi staticamente, essendo
destinati ad evolversi con gli sviluppi che caratterizzano il mondo del lavoro. A
questo proposito, va ricordato che la Convenzione e uno strumento vivo da
interpretare alla luce delle condizioni attuali, seguendo l'evoluzione del diritto
internazionale107, al fine di una domanda crescente di tutela dei diritti umani.
Cio implica una maggiore fermezza nel valutare le violazioni dei valori
fondamentali delle societa democratiche e nel contempo la necessita di interpretare
restrittivamente le limitazioni dei diritti umani, in modo da garantire una loro
protezione concreta ed efficace (v., mutatis mutandis, Refah Partisi (Partito del
Welfare) e altri c. Turchia [ GC], n. 41340/98, 41342/98, 41343/98 e 41344/98, ˜
100, CEDU 2003-II; Selmouni c. Francia [GC], n. 25803/94, ˜ 101, CEDU 1999-
V).
Alla luce di questi sviluppi, la Corte ha dichiarato che la sua vecchia
giurisprudenza, secondo la quale il diritto di negoziare e concludere contratti
collettivi non e un elemento intrinseco dellfart. 11, deve essere superata, per tener
107 La Corte ha rilevato che ai sensi del diritto internazionale, il diritto alla contrattazione
collettiva e sancito dalla Convenzione n. 98 del 1949 dell'OIL sul diritto di organizzazione e di
contrattazione collettiva.
La Corte rileva inoltre che la Convenzione n ‹ 151 del 1978, sulla protezione del diritto di
organizzazione e procedure per la determinazione delle condizioni di lavoro nella pubblica
amministrazione, lascia agli Stati la scelta se riconoscere ai membri delle forze armate o alla
polizia il diritto di partecipare alla determinazione delle condizioni di lavoro, ma prevede che
tale diritto si applica negli altri settori del lavoro pubblico, se del caso con adattamenti.
Per quanto riguarda la legislazione europea, la Carta sociale europea, all'articolo 6, ˜ 2, riconosce
ad ogni lavoratore come a qualsiasi sindacato il diritto alla contrattazione collettiva, imponendo
il corrispondente dovere del governo di promuovere attivamente una cultura del dialogo e del
negoziato per l'economia per raggiungere un'ampia copertura della contrattazione collettiva. La
norma, se pur non prevede un obbligo di contrattazione collettiva, impone agli Stati di garantire
ai rappresentanti dei lavoratori un certo ruolo nelle definizione delle condizioni di lavoro del
personale.
Infine, la Carta dei diritti fondamentali nell'Unione europea, che e una delle piu recenti
normative europee, prevede, all'articolo 28, che i lavoratori ed i datori di lavoro, o le rispettive
organizzazioni, hanno, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi
nazionali, il diritto di negoziare e concludere contratti collettivi, ai livelli appropriati.
Per quanto riguarda la pratica degli Stati europei, la Corte ricorda che nella stragrande
maggioranza di loro, il diritto dei funzionari di impegnarsi nella contrattazione collettiva con il
governo e stato riconosciuto, con alcune limitate eccezioni relative a determinate aree
considerate categorie sensibili o ad alcuni titolari di competenze esclusive dello Stato. In
particolare, il diritto dei funzionari di governo locali che ricoprono poteri non statali a condurre
una contrattazione collettiva per la determinazione della loro retribuzione e condizioni di lavoro
e stato trovato nella maggior parte degli Stati contraenti, essendo le eccezioni esistenti
giustificate solo in particolari circostanze.
69
conto degli sviluppi nel campo cosi come viene previsto dal diritto internazionale e
dai sistemi giuridici nazionali.
Di conseguenza, la Corte ha ritenuto, tenendo conto degli sviluppi nel diritto
del lavoro e delle pratiche internazionali e nazionali degli Stati contraenti in
materia, che il diritto alla contrattazione collettiva con il datore di lavoro e, in linea
di principio, diventato un elemento chiave del "diritto di formare e aderire ai
sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi" di cui all'articolo 11 della
Convenzione, anche se gli Stati restano liberi di organizzare il loro sistema per
riconoscere, eventualmente, uno status speciale ai sindacati rappresentativi. Come
gli altri lavoratori, anche i dipendenti pubblici, salvo casi molto particolari,
dovrebbero beneficiare di tali diritti, ma senza pregiudizio per gli effetti di
"restrizioni legali" puo essere imposto ai "membri dell'amministrazione dello
Stato" ai sensi del L'articolo 11 ˜ 2.
Alla luce dei principi sopra esposti, la Corte ha ritenuto che, nel caso di specie,
il sindacato Tum Bel Sen aveva il diritto di contrattare collettivamente con il datore
di lavoro del governo eh ha rilevato inoltre che lfaccordo stipulato era stato
applicato in concreto per due anni in tutti i rapporti di lavoro all'interno del
Comune di Gaziantep. Secondo la Corte, lfesclusione del diritto di contrattazione
collettiva e l'annullamento retroattivo del contratto collettivo stipulato dallfUnione
hanno realizzato una ingerenza non necessaria in una societa democratica, non
corrispondendo la limitazione ad un "bisogno sociale imperioso". Da qui la
violazione dellfart. 11 della Convenzione.
Il tema del diritto di aderire e di non aderire ad un sindacato era stato esaminato in
passato da Young, James e Webster c. Regno Unito, n. 7601/76 e 7806/77,
13/08/1981, ove era stato impugnato lfaccordo di gclosed shophh concluso dalla
British Rail con il Sindacato Nazionale dei Ferrovieri: si trattava di una pratica di
monopolio sindacale, in quanto, a seguito di un accordo tra un sindacato ed il
datore di lavoro o unfassociazione di datori di lavoro, i dipendenti di una
particolare categoria erano in pratica costretti ad appartenere o aderire ad un
sindacato designato.
La Corte ha affermato che, anche assumendo che l'articolo 11 non garantisce
l'aspetto negativo della liberta in misura uguale all'aspetto positivo, tuttavia, una
minaccia di licenziamento e una forma molto grave di costrizione.
Un altro aspetto del caso riguardava la limitazione della scelta dei sindacati ai quali
i ricorrenti potevano aderire volontariamente, visto che un individuo non aveva il
diritto alla liberta di associazione, se la liberta di azione o di scelta che rimaneva
era di fatto assente o ridotta al punto di non aveva rilevanza pratica (vedi, mutatis
mutandis, Airey, 9 Ottobre 1979, serie A, n. 32, p. 12, par. 24).
Vi ef stata dunque unfinterferenza nella liberta dei ricorrenti.
La Corte ef scesa quindi a valutare la necessita dellfinterferenza nella liberta
protetta dalla Convenzione.
70
Si ef osservato in proposito che il pluralismo, la tolleranza e lfapertura mentale
sono le caratteristiche di una "societa democratica", e che la democrazia non
significa semplicemente la supremazia della maggioranza, ma richiede un
equilibrio che assicura un trattamento equo per le minoranze e evita qualsiasi
abuso di posizione dominante; resta quindi irrilevante lfadesione al sindacato in
discorso da parte della maggioranza dei lavoratori.
Alla luce di tutte le circostanze del caso, la Corte ha ritenuto che il danno inflitto ai
ricorrenti era superiore a quanto necessario per raggiungere un giusto equilibrio tra
i vari interessi in gioco, e non poteva essere considerato proporzionato agli
obiettivi perseguiti.
Anche considerando la "discrezionalita" dello Stato (cfr. in particolare Sunday
Times v. Gran Bretagna, 26 aprile 1979, serie A no 30, p. 29, par. 36, par. 59), la
Corte ha constatato quindi che le restrizioni contestate non erano "necessarie in una
societa democratica" ai sensi del paragrafo 2 dell'articolo 11 (si veda anche Sibson
c. Regno Unito, 20.4.1993). La Corte ha quindi ravvisato la violazione dell'articolo
11.
In Sorensen e Rasmussen c. Danimarca, n. 52562/99 et 52620/99, Grande
Camera, 1 novembre 2006, i ricorrenti lamentavano l'esistenza in Danimarca
accordi di closed shop operanti fin prima dellfassunzione dei lavoratori.
Data la delicatezza delle questioni sociali e politiche coinvolte al fine di trovare un
equilibrio tra gli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro, e dato l'elevato grado
di divergenza tra i sistemi nazionali a questo proposito, la Corte ha ribadito che gli
Stati contraenti godono di un ampio margine di apprezzamento su come garantire
la liberta di associazione e la capacita dei sindacati di tutelare gli interessi dei loro
membri (Sindacato svedese dei macchinisti c. Svezia, cit., ˜ 39, Serie A No. 20;
Schettini et altri c.Italia (dicembre), no 29529/95, 9 novembre 2000; Wilson,
Sindacato nazionale dei giornalisti e altri, cit., ˜ 44). Cosi la Corte, ha ricordato la
sentenza, non ha mai condannato uno Stato contraente per non aver imposto
l'obbligo del datore di lavoro di riconoscere un sindacato o per non aver proposto
un sistema obbligatorio di contrattazione collettiva (v. sentenza Wilson, Sindacato
nazionale dei giornalisti e altri, citata supra, ˜ 44, e giurisprudenza ivi citata).
Tuttavia, secondo la Corte, quando la legge di uno Stato contraente autorizza la
conclusione tra sindacati e datori di lavoro di accordi di monopolio sindacale che
vanno contro la liberta di scelta individuale inerente all'articolo 11, il margine di
valutazione deve essere considerato ridotto. La Corte ha rammentato in proposito
che la democrazia non significa semplicemente la supremazia che le opinioni della
maggioranza, e che occorre sempre operare un bilanciamento tra i contrapposti
interessi, per assicurare un trattamento equo delle minoranze ed evitare qualsiasi
abuso di posizione dominante (Young, James e Webster, supra, ˜ 63). La Corte
conclude osservando in generale che, per determinare se uno Stato contraente ha
71
agito nell'ambito del suo potere discrezionale, permettendo accordi di monopolio
sindacale, particolare importanza deve essere dato alle motivazioni fornite dalle
autorita di questi accordi e . secondo una valutazione caso per caso - al grado di
sconfinamento nei diritti tutelati dall'articolo 11.
Nellfapplicare questi principi al caso di specie, la Corte ha richiamato la Carta
comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata in ambito
Comunita europea nel 1989, che prevede che ogni datore di lavoro ed ogni
lavoratore deve avere la liberta di aderire o non aderire ad organizzazioni
professionali o sindacali, senza alcun danno personale o professionale, e l'articolo
12 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7
dicembre 2000 (2000 / C 364/01). Da queste disposizioni la Corte desume la
mancanza di un sostegno europeo negli Stati contraenti per il mantenimento degli
accordi di monopolio sindacale, atteso che le norme europee indicano chiaramente
che lfuso di tali strumenti nel mercato del lavoro non e uno strumento
indispensabile per l'efficace godimento delle liberta sindacali.
La Corte ha cosi ritenuto che, benche la Danimarca non proteggesse la liberta
negativa di affiliazione sindacale, il diritto dunque di non iscriversi ad alcun
sindacato, la pratica dei closed shop, specie in occasione della prima assunzione,
non consente di garantire l'effettivo godimento dei diritti sindacali.
Richiamando altri casi in tema di liberta sindacale, in S.p. v. Romania, 2330/09,
causa pendente, il sindacato ricorrente -fondato da alcune decine di preti ortodossi
delle parrocchie della citta di Oltenia (sud-ovest della Romania) per rappresentare
e difendere i diritti e gli interessi professionali, economici, sociali e culturali del
clero e i membri laici della Chiesa nei loro rapporti con l'amministrazione della
citta di Oltenia, del Patriarcato e del Ministero della Cultura e dei Culti- si lamenta
di una violazione della liberta di associazione a causa del rifiuto da parte delle
autorita nazionali di concedere loro la personalita giuridica.
La Corte si e occupata anche della liberta negativa di associazione sindacale,
riconoscendola sia per i lavoratori (caso Evaldsson e altri contro Svezia, n ‹
75252/01, 13 febbraio 2007) che per i datori di lavoro (caso Olafsson Vordur c.
Islanda, n. 20161/06, CEDU 2010).
Questfultimo caso presentava un aspetto particolare, perche riguardava
lfobbligo imposto dalla legge ad un imprenditore edile a versare un contributo alla
Federazione delle industrie islandesi (FII), un'organizzazione di diritto privato di
cui non solo non era membro, ma di cui non condivideva la linea politica generale
(relativamente in particolare all'adesione dell'Islanda all'Unione europea).
La Corte ha ravvisato una violazione per indebita interferenza sul diritto a non
partecipare a una associazione in violazione dell'articolo 11 (liberta di riunione e di
associazione) della Convenzione.
72
In Sigurdur Sigurjonsson c. Islanda, 30 giugno 1993, si ef ribadito che lfart.
11 della Convenzione sancisce il diritto negativo di associazione, in riferimento ad
un caso di un tassista costretto, a pena della perdita della licenza, ad aderire
all'Associazione di conduttori di veicoli a motore Frami.
Nellfaffaire deciso dalla Grand Chambre Gustafsson c. Svezia, no 15573/89, 25
aprile 1996, il ricorrente, che gestiva un ristorante e un ostello, non era affiliato ad
alcuno dei sindacati degli imprenditori del settore e dunque non applicava, non
essendo vincolato direttamente, alcuno dei contratti collettivi stipulati.
A seguito del rifiuto di applicare il contratto collettivo, le maestranze avevano
iniziato delle agitazioni sindacali che avevano bloccato lfattivita del ristorante,
anche per lo sciopero di solidarieta del personale delle consegne dei generi
alimentari. Il datore, allegando di essere stato costretto a svendere il suo ristorante
per lfimpossibilitaf di funzionamento derivante dal blocco sindacale, aveva quindi
adito la Corte, denunciando la violazione del suo diritto alla liberta (anche
negativa) di affiliazione sindacale e del suo diritto di proprieta.
La Corte ha escluso le violazioni denunciate, affermando che nella specie non vi
erano ostacoli in maniera significativa all'esercizio della liberta contrattuale,
sebbene vi fosse stata unfazione collettiva che aveva provocato un danno
economico; inoltre, i fatti denunciati non erano il risultato di un esercizio di poteri
di autorita governative, ma riguardavano solo i rapporti contrattuali tra privati, vale
a dire del ricorrente e dei suoi fornitori e dipendenti (par. 53 e 60).
Diverse pronunce hanno riguardato la protezione della liberta sindacale relativa
alla manifestazione del pensiero.
In Csanics c. Ungheria, n. 12188/06, 20 gennaio 2009, la Corte ha ravvisato
una violazione nella condanna di un leader sindacale per le dichiarazioni fatte nel
corso di un conflitto sociale.
La Corte ha affermato in questfoccasione che i conflitti sociali di una certa
dimensione sono discussioni di interesse pubblico che limitano la discrezionalita
degli Stati. Considerando che le parole in questione, benche violente, avevano una
base fattuale e corrispondevano al tono comunemente usato dai sindacati, la Corte
ha riscontrato una violazione dell'articolo 10 (liberta di espressione del
richiedente).
In Palomo Sanchez e altri contro Spagna [GC], n. 28955/06, 28957/06,
28959/06 e 28964/06, 12 Set 2011, la Corte si ef occupata del problema relativo
alla legittimita - affermata dalla giurisdizione domestica e condivisa dalla Corte -
del licenziamento di sindacalisti per aver pubblicato articoli offensivi verso
colleghi.
73
Secondo la Corte, un sindacato che non puo liberamente esprimere le sue idee e
privo di un mezzo di azione essenziale, sicche, al fine di assicurare reali ed
effettive dei diritti sindacali, le autorita nazionali devono garantire che le sanzioni
non siano sproporzionate per non scoraggiare i rappresentanti sindacali nella
liberta di espressione e di difesa degli interessi dei loro membri. Tuttavia, la Corte
ha constatato anche che il rapporto di lavoro deve essere basato sulla fiducia tra le
persone, sicche espressioni volgarmente offensive o insultanti nei luoghi di lavoro
sono, a causa dei loro effetti dirompenti, particolarmente gravi, tale da giustificare
sanzioni severe.
Quindi, la Corte ha ritenuto che il licenziamento dei lavoratori non era
manifestamente eccessivo o sproporzionato.
Nel caso Sisman e altri contro Turchia, n. 1305-1305, 27 settembre 2011,
alcuni lavoratori pubblici avevano subito sanzioni disciplinari in quanto avevano
affisso, non nelle bacheche sindacali, ma sulle pareti dei loro uffici, dei documenti
sindacali che celebravano la Giornata Internazionale del Lavoro 1 ‹ maggio.
La Corte ha ritenuto la violazione dellfart. 11 che tutela la liberta di
associazione in una societa democratica, essendo le sanzioni disciplinari (per
quanto modeste) contrarie all'esercizio della liberta di associazione.
Nel caso Vellutini e Michael C. Francia, n. 32820/09, 6 ottobre 2011, che
aveva visto la condanna di dirigenti sindacali che avevano criticato un sindacato
nella sua qualita di datore di lavoro, la Corte ha affermato la sussistenza della
violazione della Convenzione in quanto i termini usati non erano espressione di
animosita personale manifesta, rientrando al contrario nei limiti della critica
accettabile; la sentenza ha precisato .tra lfaltro- che i ricorrenti non erano, nella
loro qualita di dirigenti sindacali, tenuti a dimostrare lo stesso rigore richiesto a dei
giornalisti nella preventiva verifica della veridicita dei fatti riferiti.
Dunque, l'interferenza statale -derivante dalla condanna dei sindacalisti al
pagamento di unfammenda e del risarcimento dei danni . sul diritto alla liberta di
espressione in qualita di rappresentanti sindacali non era necessaria in una societa
democratica: da cio la violazione dell'articolo 10.
In Danilenkov e altri contro Russia, n. 67336/01, 30 luglio 2009, si trattava di un
caso nel quale i membri del sindacato russo dei lavoratori portuali erano stati
licenziati a causa della riorganizzazione strutturale dopo aver partecipato a due
settimane di sciopero per chiedere salari piu alti e migliori condizioni di lavoro,
unfassicurazione sanitaria ed unfassicurazione sulla vita.
La sentenza e importante perche la Corte ha affermato la responsabilita dello
Stato per un obbligo positivo di istituire un sistema giudiziario che garantisca una
protezione chiara ed efficace contro la discriminazione in base all'appartenenza
sindacale. Nel caso, infatti, si e ritenuta la violazione dell'articolo 14 in combinato
disposto con l'articolo 11, per non essere stata garantita una protezione chiara ed
74
efficace giuridica contro la discriminazione (salariale, disciplinare e per
licenziamento) in base all'appartenenza un sindacato, soprattutto dopo l'apertura di
un procedimento penale contro il datore di lavoro soggetto a condizioni troppo
rigide (la prova "oltre ogni ragionevole dubbio" della deliberata intenzione di
discriminare).
In Kaya e Seyhan c. Turchia, no 30946/04, 15/09/2009, la Corte ha del pari
ravvisato una violazione dellfart. 11 nella punizione di alcuni insegnanti per la
partecipazione a giornate nazionali di scioperi organizzati dal sindacato.
La Corte ha esaminato le misure disciplinari al fine di determinare, in particolare,
se erano proporzionate allo scopo perseguito, rilevando che la sanzione in
questione, per quanto piccola fosse, era tale da scoraggiare gli aderenti al sindacato
dal partecipare a giornate di sciopero legittimo o ad azioni per difendere gli
interessi dei loro membri.
La Corte ha cosi constatato che le sanzioni disciplinari inflitte alle ricorrenti non
soddisfacevano un "bisogno sociale imperioso" e ha concluso, quindi, che esse
realizzavano una ingerenza non "necessaria in una societa democratica", e dunque
una interferenza sproporzionata con il godimento da parte dei ricorrenti del loro
diritto alla liberta di manifestare, ai sensi dell'articolo 11 della Convenzione.
In Societa degli Ingegneri associati Locomotive & Vigili del Fuoco (ASLEF) v.
Gran Bretagna, 27 febbraio 2007, si e discusso della possibilita per il sindacato di
escludere un suo membro a causa dellfadesione di questfultimo ad un partito
politico che sostenga idee contrarie a quelle del sindacato (il membro e stato un
attivo sostenitore del BNP - partito legale di destra, ex Fronte Nazionale). La Corte
ha ammesso tale possibilita, ritenendo la violazione dellfart. 11 della Convenzione
dal parte delle autorita nazionali che avevano ritenuto illegittimo lfoperato del
sindacato. La Corte ha rilevato infatti che i sindacati non sono solo enti che
operano in aspetti politicamente neutri per il benessere dei loro membri, ma spesso
le organizzazioni sindacali sono ideologiche con proprie posizioni su questioni
sociali e politiche.
In Ezelin v. Francia, 26 aprile 1991, si discuteva della legittimita delle sanzioni
disciplinari nei confronti di un avvocato per aver partecipato a un evento pubblico
organizzato da movimenti indipendentisti e sindacati in Guadalupe. La Corte ha
ritenuto la violazione dell'articolo 11 ed ha dichiarato che la liberta di partecipare
ad una riunione pacifica - in questo caso un evento non vietato - e di importanza
tale da non poter subire alcuna limitazione, anche per un avvocato, nella misura in
cui la persona non commette in questa occasione alcun atto illecito.
In Akat v. Turchia, n. 45050/98, 20 settembre 2005, i ricorrenti avevano
impugnato il loro trasferimento deducendo che era stato effettuato a causa della
loro appartenenza al sindacato.
75
La Corte ha, curiosamente, respinto la domanda, considerando la normale
soggezione del funzionario pubblico a trasferimenti in relazione alle esigenze
dellfamministrazione, nonche la possibilita di svolgere attivita sindacale nel luogo
di destinazione.
Sono pendenti altri casi che coinvolgono esponenti del sindacati, puniti per
dichiarazioni fatte alle stampa (Riza Erdogan e altri contro Turchia, n. 15520/06;
Halil Ozbent e altri contro Turchia, n. 56395/08; Murat Isere e altri contro
Turchia, n. 29283/07), ovvero per condanne penali per diffamazione, durante
lfespletamento del mandato, nei confronti di esponente politico (Bernard Michel e
Cedric Vellutini c. Francia, n. 32820/09).
In Akme.e Egitim-Sen e c. Turchia (n. 2575/08), causa pendente, ricorrente e il
sindacato Egitim-Sen (il sindacato dei lavoratori dell'educazione, della scienza e
della cultura), affiliato alla KESK turca (Confederazione dei sindacati per i
lavoratori dipendenti del settore pubblico); nella specie, il ricorrente lamenta che
alcuni insegnanti, che avevano distribuito ai membri del sindacato biglietti
d'auguri scritti in turco e curdo, avevano subito percio sanzioni disciplinari della
trattenuta sullo stipendio.
In Cem Dinc Kanber Saygili e c. Turchia, n. 17923/09, causa pendente, si affronta
il problema della rilevanza della condanna penale dei membri del sindacato per
condotta, posta in essere durante un'azione per sostenere lavoratori che non
avevano percepito i loro stipendi, consistita in istigazione a delinquere,
danneggiamento dei locali commerciali e oltraggio a funzionari pubblici.
In tema di contrattazione collettiva, in Wilson, Sindacato Nazionale dei
Giornalisti e altri c. Regno Unito, 30668/96, 30671/96 and 30678/96, 7.2.2007, la
Corte ha ravvisato una violazione dellfart. 11 nel fatto del datore che impone ai
dipendenti la scelta tra la firma di contratti individuali con rinuncia ai diritti
sindacali, ovvero lfaccettazione di un aumento di stipendio piu basso.
La Corte ha rilevato che nel Regno Unito era consentito ai datori di lavoro di
prevenire qualsiasi protesta da parte dei sindacati o dei loro membri con
l'imposizione di limiti alla contrattazione collettiva volontaria, offrendo ai
dipendenti che avevano rinunziato alla contrattazione collettiva aumenti di
stipendio notevole, che non erano invece concessi a coloro che avevano rifiutato di
accettare la fine della rappresentanza sindacale; in altri termini, nellfordinamento
nazionale, i datori di lavoro erano autorizzati a effettuare un trattamento meno
favorevole ai dipendenti che non erano disposti a rinunciare a una liberta sindacale.
Se il diritto interno non vietava al datore di lavoro di offrire un incentivo ai
dipendenti che avessero rinunciato al diritto di rappresentanza sindacale, la Corte
ha rilevato che questo aspetto della legislazione nazionale .che peraltro era stato
oggetto di critiche da parte del Comitato della Carta sociale europea (Committee of
Independent Experts, section 13 of the 1993, Conclusions XIII-3, Council of
Europe, 1996, p. 108) e dal Comitato dell'OIL sulla liberta di associazione
76
(Case no. 1852, 309th Report of the Freedom of Association Committee,
Vol. LXXXI, 1998, Series B, no. 1). implicava lfinadempimento dello Stato verso
il suo obbligo positivo di assicurare il godimento dei diritti di cui all'articolo 11
della Convenzione.
In Solectron dei sindacati contro Romania (n. 27921/07), causa pendente, il
sindacato ricorrente lamenta lfesclusione della rappresentanza in unfazienda
svolgente attivita in ramo professionale diverso da quello proprio, ma relativo a
sindacato cui il primo ef associato.
In Svoboden zheleznicharski Sindikat "Promyana" c. Bulgaria (n. 5044/04),
causa pendente, il sindacato ricorrente lamenta il rifiuto di negoziazioni da parte
della societa nazionale di gestione delle ferrovie.
Di recente, la Corte ha esaminato per la prima volta la rilevanza della
contrattazione aziendale, in relazione alla sua forza di incidenza su diritti derivanti
da un contratto collettivo (caso Aizpurua Ortiz e altri c. Spagna, n. 42430/05, 2
febbraio 2010).
Nel caso, un contratto collettivo aveva modificato i diritti relativi alla pensione
integrativa derivanti da una contrattazione collettiva di livello superiore.
La Corte ha riscontrato unfinterferenza con l'esercizio dei diritti, ma ha ritenuto
che essa perseguiva degli obiettivi dfinteresse generale (la salute finanziaria delle
imprese e dei loro creditori e la tutela dell'occupazione) e che la modifica dei diritti
dei pensionati non era discriminatoria, in quanto anche collaboratori attivi della
societa da tempo avevano rinunciato alla loro pensione integrativa.
Non risultando che la decisione dei giudici nazionali che avevano ritenuto
legittima la previsione aziendale fosse arbitraria o avesse imposto un onere
sproporzionato per i richiedenti a causa della modifica dei loro diritti a una
pensione integrativa, la Corte ha ritenuto che non vi era alcuna violazione
dell'articolo 1 del Protocollo n. 1.
Veniamo adesso alla materia dello sciopero.
In Urcan e altri contro Turchia, r. 23018/04 ed altri, 17 luglio 2008, nel
giudicare delle condanne penali dei lavoratori - insegnanti in scuole secondarie- a
causa della loro partecipazione a una manifestazione organizzata dal sindacato di
appartenenza, la Corte ha rilevato che la giornata nazionale di azione in questione
era stato oggetto di preventiva comunicazione alle autorita nazionali e che, in
assenza di violenza da parte dei manifestanti, il governo avrebbe dovuto mostrare
una certa tolleranza di riunione pacifica. Ne derivava la sussistenza della
violazione alla liberta di riunione, come garantita dalla Convenzione.
77
In tema di legittimazione del sindacato ad agire in giudizio, si era pronunciata
in passato la Commissione europea dei diritti dell'uomo, nel caso Sindacato
assistenti di volo c. Grecia, n. 19634/92, del 20 febbraio 1995, ove si era posto il
problema del potere di precettazione dei dipendenti in sciopero.
A giudizio della Commissione il sindacato non poteva, nel caso, sostenere di
essere la vittima di una violazione di uno dei diritti o delle liberta protetti dalla
Convenzione, a meno che non vi fosse un nesso sufficientemente diretto tra il
ricorrente e il pregiudizio allegato a causa della violazione (n. 10733/84, dicembre
11.3.85, DR 41, p. 211). Nel caso di specie, secondo la Commissione non era il
sindacato vittima della presunta infrazione del diritto garantito dall'articolo 4 (art.
4) della Convenzione, non essendo la stessa associazione, ma ciascuno dei suoi
membri in quanto individui, che potrebbe essere costretta al lavoro forzato.
Ne consegue che, per quanto riguarda la presunta violazione dell'articolo 4, il
sindacato ricorrente non poteva sostenere di essere vittima di una violazione della
Convenzione, onde il ricorso e stato ritenuto incompatibile ratione personae con le
disposizioni della Convenzione.
Una diversa affermazione si ha in Enerji Yapi-Yol Sen c. Turchia, n.
68959/01, 21 aprile 2009, in un caso relativo a delle misure disciplinari adottate
nei confronti dei funzionari per la loro partecipazione a uno sciopero, ove la Corte
ha affermato che il principio della liberta di associazione (articolo 11 della
Convenzione) puo essere compatibile con il divieto del diritto di sciopero dei
dipendenti pubblici, a condizione che le restrizioni legali siano fissate chiaramente
dalla legge che deve precisare anche le categorie di funzionari interessati dal
divieto.
In particolare, nel caso, ricorrente era un sindacato dei dipendenti pubblici che
lavoravano nel campo del catasto e dellfenergia, nonche servizi di infrastruttura e
la costruzione di autostrade., ai quali era stato fatto divieto (disciplinarmente
sanzionato) dalla disciplina vigente a livello nazionale (una circolare ministeriale,
nella specie) di partecipare a riunioni o manifestazioni sindacali che
compromettessero la continuita del servizio pubblico. Il sindacato ricorrente aveva
ritenuto che la circolare avesse violato il suo diritto alla liberta di associazione ed
aveva invocato l'articolo 11 della Convenzione.
La Corte ha ricordato preliminarmente che, per fare una domanda ai sensi della
Convenzione, un'organizzazione non governativa o gruppo di individui deve essere
in grado di affermare di essere "una vittimah in relazione ai diritti riconosciuti nella
Convenzione e, come tale, deve essere stato direttamente interessato dal
provvedimento in questione (Irlanda c. Regno Unito, sentenza del 18 gennaio
1978, ˜ ˜ 239-240, serie A n. 25; Eckle c. Germania, sentenza del 15 luglio 1982,
˜ 66, serie A, n. 51, Klass e altri c. Germania, sentenza del 6 settembre 1978, ˜ 33,
serie A n. 28). Cosi, la Convenzione non contempla la possibilita che sia esperita
unfactio popularis per l'interpretazione dei diritti riconosciuti nella Convenzione
(Norris c. Irlanda, sentenza del 26 ottobre 1988, serie A n. 142). Con riferimento
78
al caso di specie, la Corte ha ritenuto che il sindacato ricorrente era stato
direttamente colpito dalla circolare in questione e, pertanto, poteva pretendere di
essere vittima di una interferenza con l'esercizio del suo diritto di liberta di
associazione.
Cio premesso, la Convenzione consente ai sindacati di lottare per difendere gli
interessi dei loro membri e lo sciopero, che permette un sindacato di fare sentire la
sua voce, e un aspetto importante per i membri del sindacato a tutela dei loro
interessi ((Schmidt e Dahlstrom c. Svezia, 6 Feb 1976 , ˜ ˜ 34 e 36), essendo
riconosciuto dagli organi di controllo internazionale del lavoro (OIL) come
corollario del diritto di associazione tutelato dalla Convenzione delle Liberta
sindacale (v. Demir e Baykara, cit.).
La Corte, dunque, ha riconosciuto che il diritto di sciopero non e assoluto, e che
puo essere soggetto a determinate condizioni e sottoposto a talune restrizioni: la
Convenzione consente limitazioni di tale diritto, purche previste dalla legge,
purche tale legge persegua un interesse legittimo, e purche lfingerenza sia
necessario in una societa democratica.
Se in astratto, ha ritenuto la Corte, il principio della liberta di associazione puo
essere compatibile con il divieto di sciopero dei dipendenti pubblici che esercitano
l'autorita in nome dello Stato, in concreto, le restrizioni legali sul diritto di sciopero
dovrebbero essere definite nel modo piu chiaro e vedere circoscritte il piu possibile
le categorie di funzionari interessati.
A parere della Corte, nel caso la circolare in questione era formulata in termini
generali che vietavano rigorosamente tutti i dipendenti pubblici il diritto di
sciopero, senza un equilibrio con le finalita di cui al comma 2 dell'articolo 11 della
Convenzione. Inoltre, erano state imposte sanzioni disciplinari sulla base della
circolare in questione, cio che rischiava di scoraggiare i membri del sindacato e gli
altri che desiderassero partecipare legittimamente allo sciopero (Karacay c.
Turchia, n. 6615/03, ˜ 36, 27 marzo 2007). Cosi, la Corte, dopo aver condotto la
propria analisi, ha concluso che l'adozione della circolare e la sua applicazione non
soddisfaceva un "bisogno sociale imperioso" e c'era una interferenza
sproporzionata con il godimento da parte del sindacato richiedente dei diritti di cui
all'articolo 11 della Convenzione. Di conseguenza, la Corte ha riscontrato una
violazione dell'articolo 11 della Convenzione.
In ordine alle azioni collettive, interessante ef il caso Barraco c. Francia, n.
31684/05, 5 marzo 2009.
Si trattava della partecipazione da parte di alcuni camionisti ad un "go-slow"
(operazione "escargot"), parte di una giornata nazionale di sciopero, da cui era
derivato il completo blocco del traffico su una strada pubblica; i camionisti erano
stati condannati in sede penale per il reato di ostruzione del traffico pubblico.
La Corte ha rilevato che il ricorrente non era stato condannato per la
partecipazione all'evento in se, ma a causa di una condotta specifica adottata in
occasione della manifestazione, cioe il blocco di una strada, causando in tal modo
79
una ostruzione ancora piu importante di quanto non potesse derivare dal mero
esercizio del diritto di riunione pacifica, sicche la condanna penale del ricorrente
non era sproporzionata rispetto agli scopi perseguiti. Non vi era dunque violazione
dell'articolo 11.
Sul tema, e altresi pendente la causa Kudrevi.ius and Others v. Lithuania, n.
37553/05, nel quale si discute della compatibilita con la Convenzione della
condanna penale per un blocco stradale durante alcune manifestazioni sindacali.
Ancora in tema di azioni sindacali, va richiamato anche Dilek ed altri c. Turchia,
n. 74611/01, 26876/02 e 27628/02, 17 luglio 2007. Nel caso, a seguito
dellfiscrizione all'ordine del giorno del Parlamento di una legge sulle persone
impiegate nel settore pubblico, un sindacato turco di lavoratori addetti al
pagamento del pedaggio sul ponte sul Bosforo, aveva organizzato delle azioni
sindacali (rallentamenti concertato del lavoro e sciopero con manifestazioni) per
protestare contro le condizioni di lavoro. Durante questo evento, gli automobilisti
passavano al casello senza pagare; lfamministrazione quindi aveva preteso di
trattenere le somme relative al danno subito dalle buste paga dei lavoratori. A
seguito del riconoscimento della legittimita della trattenuta innanzi alle
giurisdizioni nazionali, il sindacato aveva lamentato innanzi alla CEDU la
violazione dellfart. 11 della Convenzione.
La Corte nella specie ha rilevato che le trattenute si basavano su disposizione
di legge che imponeva il lavoro al fine, legittimo, di evitare interruzioni nel buon
funzionamento del servizio pubblico. Con riferimento tuttavia al c.d.
proportionality test, la Corte ha ritenuto che il governo non aveva dato alcuna
spiegazione circa la possibilita per il sindacato di difendere i diritti del personale
con altri mezzi pacifici, sicche l'impegno della responsabilita civile dei candidati
non era "necessaria in una societa democratica".
7.8. PREVIDENZA ED ASSISTENZA SOCIALE
La Corte EDU sta gradualmente estendendo lfambito della propria giurisdizione in
materia di sicurezza sociale, in ordine alle prestazioni sociali previste a livello
nazionale ascrivibili allfinteresse patrimoniale protetto dallfart. 1 del Protocollo
n. 1.
La Corte nella sua giurisprudenza ha affermato reiteratamente che lfarticolo 1 del
Protocollo n. 1 contiene lfenunciazione di tre norme: gla prima, espressa nella
prima frase del primo comma, riveste un carattere generale ed enuncia il principio
del pacifico godimento della proprieta; la seconda, che figura nella seconda frase
80
dello stesso comma, concerne la privazione della proprieta e la sottomette a
determinate condizioni; quanto alla terza, espressa nel secondo comma, riconosce
agli Stati contraenti il potere, tra gli altri, di regolamentare lfuso della proprieta
conformemente allfinteresse generale. Non si tratta di regole sprovviste di rapporto
tra loro. La seconda e la terza, che sono tratte da esempi particolari di violazione
del diritto al pacifico godimento della proprieta, devono interpretarsi alla luce del
principio generale consacrato nella primah (cfr, tra lfaltro, James e altri c. Regno
Unito, 21 febbraio 1986, ˜ 37, Serie A n. 98; Iatridis c. Grecia [GC], n. 31107/96,
˜ 55, CEDU 1999-II; e Beyeler c. Italy [GC], n. 33202/96, ˜ 98, CEDU 2000-I).
La giurisprudenza della Corte ha interpretato in modo assai esteso la nozione di
beni di cui allfart. 1 del Protocollo 1, ricomprendendovi ogni diritto o interesse
avente natura patrimoniale ed anche la legittima aspettativa alla realizzazione di un
credito futuro, purche sufficientemente determinato (Pressos Compania naviera v.
Belgio, 1995; Veselinski c. Macedonia, 2005).
La norma si applica anche al campo della sicurezza sociale, atteso che la
soggezione a versamenti obbligatori per la costituzione di un fondo previdenziale
puo, in date circostanze, creare un diritto di proprieta su una porzione di tale fondo
(Wessel-Bergevoet c. Paesi bassi, 2000) e incidere sul modo in cui il fondo e
distribuito (Zeman c. Austria, 2005). Il principio risale alla giurisprudenza della
Commissione europea dei diritti dell'uomo, che gia aveva affermato che, mentre
nessun diritto a pensione e in quanto tale nella Convenzione, la realizzazione di
contributi obbligatori a un fondo pensione puo, in determinate circostanze creare
un diritto di proprieta in una porzione di tale fondo (Mrs. X c. Paesi Bassi, n.
5763/72, decisione della Commissione del 18 dicembre 1973, Annuario 1973, vol.
16, p. 274; G. c. Austria, n. 10094/82, decisione del 14 maggio 1984, DR 38, p.
84).
Nella loro prima giurisprudenza, la Commissione e la Corte distinguevano tra
regimi contributivi e non contributivi, trovando che solo i primi rientrassero
nell'ambito di applicazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 (v., ad esempio,
Szrabjet e Clarke e c. Regno Unito, n. 27004/95 e 27011/95, decisione della
Commissione del 23 ottobre 1997; Coca-Cola e altri c. Regno Unito, n. 38696/97,
decisione della Commissione 9 settembre 1999; Domalewski v. Polonia (dec.), no.
34610/97, CEDU 1999 V). Con la sentenza Gaygusuz, per la prima volta, si e
ritenuto che anche una prestazione non contributiva sociale possa costituire un
possesso, qualora riconosciuta in giurisprudenza (v., ad esempio, Buchen contro la
Repubblica Ceca, no. 36541/97, ˜ 46, 26 novembre 2002; Koua Poirrez c.
Francia, no 40892/98, ˜ 42, CEDU 2003-X; Wessels-Bergervoet c. Paesi Bassi
(dec.), n. 34462/97, 3. ottobre 2000; Walden v. Liechtenstein (dicembre) non
33916/96, 16 marzo 2000; Van den Bouwhuijsen e Schuring c. Paesi Bassi, (dec.),
n. 44658/98, 16 dicembre 2003).
Il nuovo approccio giurisprudenziale e stato avallato dalla Grande Camera nella
sua decisione Stec e altri c. Regno Unito (n. 65731/01 e 65900/01, CEDU 2005)
che ha riconosciuto lfapplicabilita dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alle prestazioni
81
non contributive, purche in presenza di un diritto al beneficio riconosciuto
dallfordinamento. Con riferimento, poi, allfart. 14 della Convenzione, la Corte ha
affermato che, se il Protocollo n. 1 non comprende il diritto di ricevere un
pagamento di un emolumento previdenziale, se uno Stato intende creare un sistema
previdenziale che prevede degli emolumenti, deve farlo in un modo che e
compatibile con l'articolo 14.
La Corte ha da ultimo esteso la norma dellfart. 14 anche alle prestazioni sociali
assistenziali, alla social security ed ai welfare benefits, eliminando ogni
differenziazione fondata sul carattere solidaristico o contributivo della prestazione.
Secondo la giurisprudenza della Corte EDU, un ricorrente puo addurre una
violazione dellfarticolo 1 del Protocollo n. 1, solo se le decisioni da lui contestate
si riferiscono ai suoi gbenih ai sensi di tale disposizione. Il concetto di gbenih puo
comprendere tanto i gbeni attualih quanto i valori patrimoniali, ivi inclusi, in
alcune situazioni ben definite, i crediti. Perche un credito possa essere considerato
un gvalore patrimonialeh, rientrante nel campo di applicazione dellfarticolo 1 del
Protocollo n. 1, il titolare del credito deve dimostrare che esso ha sufficiente
fondamento nel diritto interno, ad esempio che e confermato da una consolidata
giurisprudenza dei tribunali nazionali. Una volta dimostrato cio, puo entrare in
gioco il concetto del "legittimo affidamento" (cfr. Maurice c. Francia [GC], n.
11810/03, ˜ 63, CEDU 2005 IX).
LfArticolo 1 del Protocollo n. 1 non garantisce, di per se, qualsiasi diritto di
diventare proprietario di un bene (Slivenko c. Lettonia (dec.) [GC], n. 48321/99, ˜
121, CEDU 2002-II; e Kopecky c. Slovacchia [GC], n. 44912/98, ˜ 35 (b), CEDU
2004-IX). Ne garantisce, in quanto tale, il diritto a una pensione di un determinato
importo (cfr., a titolo esemplificativo, Kjartan Asmundsson c. Islanda, n.
60669/00, ˜ 39, CEDU 2004-IX; Domalewski c. Poland (dec.), n. 34610/97,
CEDU 1999-V; e Jankovi. c.Croazia (dec.), n.. 43440/98, CEDU 2000-X). Allo
stesso modo, non garantisce neppure il diritto di conseguire una pensione per le
attivita prestate in uno Stato diverso dallo Stato convenuto (cfr. L.B. c. Austria
(dec.), n. 39802/98, 18 aprile 2002). Tuttavia, un gcreditoh relativo ad una
pensione puo costituire un gvalore patrimonialeh ai sensi dellfArticolo 1 del
Protocollo n. 1, laddove esso abbia sufficiente fondamento nel diritto interno, ad
esempio laddove sia stato confermato da una sentenza definitiva (cfr. Pravednaya
c. Russia, n. 69529/01, ˜˜ 37-39, 18 novembre 2004). Inoltre, se non esiste un
diritto ad una pensione di importo particolare, una sostanziale riduzione dei
benefici esistenti potrebbe essere considerato come incidente sulla sostanza stessa
dei diritti di cui all'articolo 1 del Protocollo n. 1 (Muller c. Austria, n. 5849 / 72,
Rapporto del 1 ‹ ottobre 1975, DR 3, p. 25); dunque, se lfimporto di un beneficio
previdenziale e ridotto o sospeso, cio puo costituire unfingerenza nella proprieta,
che deve essere giustificata (cfr. Kjartan Asmundsson, sopra citata, ˜ 40, e
Rasmussen c. Polonia, n. 38886/05, ˜ 71, 28 aprile 2009).
82
Condizione essenziale affinche unfingerenza sia considerata compatibile con
lfArticolo 1 del Protocollo n. 1 e che essa sia legale. Qualsiasi ingerenza di
unfautorita pubblica nel pacifico godimento della proprieta puo essere giustificata
nella prospettiva dellfinteresse pubblico (o generale).
L'articolo 1 del Protocollo n. 1, secondo la giurisprudenza della Corte, non impone
alcuna restrizione alla liberta di Stati contraenti di adottare o meno un sistema di
assistenza sociale o di scegliere il tipo o il livello delle prestazioni dovrebbe essere
accordato nell'ambito di regime. Gli Stati contraenti godono di un certo margine di
apprezzamento in termini economici o sociali; possono determinare se e in quale
misura le differenze in situazioni altrimenti simili giustificare un trattamento
diverso.
La Corte riconosce in linea di massima che le autorita nazionali, grazie ad una
conoscenza diretta della loro societa e dei bisogni della stessa, possano stabilire
cosa rientri gnel pubblico interesseh meglio del giudice internazionale (sono
gmieux placeesh): di conseguenza, nel sistema di tutela creato dalla Convenzione,
spetta ad esse pronunciarsi per prime sull'esistenza di un problema d'interesse
generale, che giustifichi lfadozione di misure che interferiscono con il pacifico
godimento della proprieta (cfr. Terazzi S.r.l. c. Italy, n. 27265/95, ˜ 85, 17 ottobre
2002, e Wieczorek c. Poland, n. 18176/05, ˜ 59, 8 dicembre 2009).
In Agrati c. Italia, 2011, la Corte ha ribadito che <via di principio in una posizione migliore rispetto al giudice internazionale per
determinare cio che rientra nel concetto di gpubblica utilitah. Nel sistema di tutela
istituito dalla Convenzione, le autorita nazionali devono quindi decidere per prime
se esiste un interesse generale che giustifica la privazione della proprieta. Di
conseguenza, esse dispongono di un certo margine di apprezzamento. La decisione
di adottare una legislazione restrittiva della proprieta di solito comporta valutazioni
di ordine politico, economico e sociale. Considerando normale che il legislatore
disponga di unfampia liberta di condurre una politica economica e sociale, la Corte
deve rispettare il modo in cui egli concepisce gli imperativi di gpubblica utilitah a
meno che la sua decisione sia manifestamente priva di ragionevole fondamento
(Presse Compania Naviera SA e altri c. Belgio, 20 novembre 1995, ˜ 37, Serie A,
n. 332, e Broniowski c. Polonia [GC], n. 31443/96, ˜ 149, C.E.D.U. 2004-V). In
linea generale, il solo interesse economico non giustifica lfintervento di una legge
retroattiva di convalida (di misure restrittive della proprieta)>>.
Nel caso Puzinas contro la Lituania, 2005, la Corte ha dichiarato che "con la
conoscenza diretta della loro societa e dei suoi bisogni, le autorita nazionali sono in
linea di principio una posizione migliore rispetto al giudice internazionale di
determinare quello che e nel pubblico interesse economico o sociale, e la Corte si
riunisce in linea di principio come lo stato sviluppa le esigenze del pubblico, a
meno che la sua decisione si rivela "manifestamente priva di fondamento
ragionevole" (nella specie, la decisione ha ritenuto che rimane nellfambito della
83
discrezionalita dello Stato la scelta politica di utilizzare la maggior parte della
retribuzione del detenuto a titolo di contributo alle spese di manutenzione piuttosto
che al versamento di contributi previdenziali per il lavoro prestato in carcere dal
lavoratore detenuto).
La Corte ritiene tuttavia che, quando uno Stato contraente sta attuando una
legislazione che prevede il pagamento delle prestazioni sociali, ivi compresa quelle
la cui attribuzione dipende dal previo pagamento di contributi, tale beneficio non
puo essere concesso in modo discriminatorio: secondo la giurisprudenza della
Corte (Stec e altri c. Regno Unito (6 luglio 2005), vi e una violazione dell'art. 14 in
tutti i casi in cui una distinzione non persegue un "obiettivo legittimo" o che non
c'e un "ragionevole rapporto di proporzionalita tra i mezzi impiegati e lo scopo
perseguito."
Si richiama sul punto la giurisprudenza riportata infra nel paragrafo relativo alle
discriminazioni ed alla violazione dellfart. 14 della Convenzione.
LfArticolo 1 del Protocollo n. 1 richiede infatti che ogni ingerenza debba essere
ragionevolmente proporzionata al fine perseguito (cfr. Jahn e altri c. Germania
[GC], nn. 46720/99, 72203/01 e 72552/01, ˜˜ 81-94, CEDU 2005-VI), mentre il
requisito dellfequo bilanciamento non e rispettato, se la persona interessata deve
sostenere un onere individuale eccessivo (cfr. Sporrong e Lonnroth c. Svezia, 23
settembre 1982, ˜˜ 69-74, Serie A n. 52).
In tema di prestazioni sociali, sui requisiti previsti vanno richiamate le seguenti
pronunce.
Quanto al requisito dellfincollocamento, si richiama il caso Schuitemaker c.
Paesi Bassi (dec.), n. 15906/08, 4 maggio 2010.
Il caso riguardava leonere di dimostrare il proprio stato di incollocamento per
beneficiare di date prestazioni, secondo le previsioni di legge. Il ricorrente aveva
contestato la legittimita dellfonere, ritenendo che equivaleva ad imporgli di
accettare un lavoro non voluto, in violazione dellfart. 4 della Convenzione che
punisce il lavoro obbligatorio.
La Corte ha rilevato che l'obbligo e in effetti una condizione per la concessione
delle prestazioni ai sensi della disciplina dell'assistenza sociale. A parere della
Corte, si deve, in generale, ammettere che uno Stato che istituisce un sistema di
sicurezza sociale ha pieno diritto di impostare le condizioni per l'accesso alle
persone che desiderano beneficiare. In particolare, una condizione il cui effetto e
quello di richiedere ad una persona di dimostrare che si e adoperata per ottenere e
conservare un impiego ggeneralmente accettatoh non puo essere considerata
irragionevole o pari a un obbligo di eseguire lavoro forzato o obbligatorio ai sensi
dell'articolo 4. Cio e vero tanto piu nellfordinamento interessato dal caso, visto
che la normativa olandese prevede che i destinatari di benefici ai sensi della legge
sull'assistenza sociale non sono tenuti a cercare e accettare un lavoro che non e
generalmente socialmente accettato o per i quali hanno obiezioni di coscienza.
84
Pertanto, la condizione di cui trattasi non puo essere equiparata allfimposizione di
lavoro forzato o obbligatorio, ai sensi dell'articolo 4, ˜ 2 della Convenzione.
Particolarmente importante, per la sua attualita e per la controvertibilita della
soluzione data dalla Grand Chambre, il caso Stummer c. Austria [GC], n.
37452/02, 7 Luglio 2011 (caso relativo al lavoro prestato dal detenuto senza
affiliazione al regime pensionistico108), cui gia si e fatto cenno per alcuni profili
relativi alla compatibilita della fattispecie con lfart. 4 della Convenzione. Si
ricordano qui le posizioni delle parti in relazione alla asserita violazione dellfart. 1
del Protocollo 1.
Il ricorrente aveva allegato: che i detenuti che lavorano si trovavano nella
stessa posizione di altri dipendenti, soprattutto per quanto riguardava la necessita
di sostenersi nel tempo in cui non lavoreranno piu; che lo Stato riceveva il prodotto
del lavoro carcerario, e quindi era ragionevole aspettarsi che provvedesse a versare
contributi alla sicurezza sociale; che considerazioni di bilancio non erano
sufficienti a giustificare l'esclusione dalla previdenza di un gruppo sociale
vulnerabile; che il Governo non aveva dimostrato l'esistenza di ragioni obiettive e
ragionevoli che giustificassero il trattamento differenziato in questione; infine, il
prigioniero non poteva pagare contributi volontari per i piani pensionistici, perche
il costo di assicurazione volontaria avrebbe supererato le limitate risorse
finanziarie dei prigionieri, dal momento che il 75% dei loro guadagni gia modesto
era utilizzato dalla legge sulla esecuzione delle pene, quale contributo alle spese di
manutenzione.
Il ricorrente aveva allegato nel caso la violazione, oltre che, come detto,
dell'art. 4 della Convenzione, anche degli articoli 14 e 1Prot. 1 della Convenzione.
Il governo aveva eccepito che: il lavoro penitenziario era al di la del campo di
applicazione dell'articolo 4, essendo coperto dalla deroga al divieto di lavoro
forzato o obbligatorio ai sensi dell'articolo 4 ˜ 3; il lavoro carcerario si
differenziava notevolmente da normali lavori in quanto non era il risultato di un
contatto, ma mirava essenzialmente a promuovere il reinserimento e la
riabilitazione delle persone interessate, e quindi i prigionieri che lavoravano non
erano in una situazione simile a quella dei lavoratori ordinari; il legislatore non
contava i periodi di lavoro compiuti da un prigioniero come periodi di
assicurazione o come periodi sostitutivi per ragioni oggettive, perche non poteva
equiparare i prigionieri per colpe commesse a coloro che non potevano lavorare
per motivi per socialmente accettabili (come nel caso della formazione scolastica,
108 Sulla medesima questione, in precedenza, il caso Ventuno persone detenute contro
Germania (n.3134/67, Decisione della Commissione del 6 aprile 1968), in cui i ricorrenti
avevano chiesto una maggiore remunerazione del loro lavoro ed avevano lamentato che erano
soggetti a lavoro forzato e obbligatorio in prigione senza pagamento adeguato e senza
assicurazione sociale; la Commissione ha ritenuto irricevibile il ricorso, ritenendo che l'art. 4
della Convenzione non contenesse alcuna disposizione riguardante la remunerazione e
lfassicurazione dei detenuti per il loro lavoro.
85
la nascita di un bambino, la disoccupazione, malattia, servizio militare o servizio
civile); gli Stati contraenti godevano di un ampio potere discrezionale per
organizzare i loro sistemi previdenziali, e nel caso i detenuti erano affiliati al
sistema di assicurazione contro la disoccupazione, ma non quello delle pensioni; in
ogni caso, i prigionieri avevano diritto di versare i contributi volontari ai piani
pensionistici.
La Corte ha respinto la domanda del ricorrente anche in relazione alle allegate
violazioni degli art. 14 e 1 Protocollo 1. La Corte ha considerato, tra l'altro, che la
maggioranza degli Stati contraenti prevedono una protezione sociale per i detenuti
che lavorano (ad esempio la protezione contro gli infortuni o l'invalidita), ma solo
pochi Stati prevedono l'affiliazione del detenuto che lavora al sistema delle
pensioni; dunque, manca allo Stato un gconsenso europeoh sulla questione in grado
di tutelare nel modo richiesto il ricorrente.
E' vero, secondo la Corte, che nelle Regole penitenziarie europee del 2006
emerge una tendenza crescente verso l'adesione dei detenuti ai sistemi di
previdenza sociale, ma secondo la Corte, questa regola non puo comportare un
obbligo degli Stati sotto l'articolo 4 della Convenzione. Secondo la Corte, la legge
austriaca riflette lo sviluppo del diritto europeo, in quanto riconosce a tutti i
detenuti una copertura sanitaria e per gli infortuni e l'affiliazione al sistema di
assicurazione contro la disoccupazione (anche se non a quello delle pensioni).
La Corte ha rilevato che, nel suo insieme, il sistema del lavoro carcerario, con
la copertura ad esso associata, non e "manifestamente privo di fondamento
ragionevole". In un contesto di standard in evoluzione, uno Stato contraente non
puo essere accusato di aver dato la priorita ad assicurazioni - come il sistema di
assicurazione contro la disoccupazione . rispetto ad altre economicamente quasi
equivalenti.
Dunque se cio che era in questione non era tanto la natura del lavoro
penitenziario e l'obiettivo perseguito da essa, ma la necessita di un sistema di
sicurezza per gli anziani, la Corte ha ammesso che gli obiettivi che avrebbero
dovuto giustificare la disparita di trattamento in questione erano legittimi,
consistendo nel preservare la coerenza complessiva del sistema di sicurezza
sociale. La Corte ha osservato che il sistema delle pensioni e strettamente legato
alle scelte fatte in generale dallo Stato in termini economici e sociali: in questa
zona, le autorita nazionali sono nella posizione migliore per determinare cio che e
nel pubblico interesse ed hanno un ampio margine di apprezzamento.
La Corte ha ritenuto che lo Stato convenuto non ha superato il margine di
apprezzamento di cui godeva in questo settore e che pertanto non si e avuta alcuna
violazione dell'articolo 14 in combinato disposto con l'articolo 1 del Protocollo n. 1
alla Convenzione.
La sentenza e stata 'presa maggioranza' (10 voti contro 7). Particolarmente
motivata (e direi convincente) l'opinione dissenziente che, al contrario, dice che il
richiedente e stato oggetto di discriminazioni in quanto, a causa del suo status di
prigioniero, non ef stato affiliato alla pensione.
86
Si ricorda in tema che nelle Regole penitenziarie europee 2006, si stabilisce il
principio di normalizzazione del lavoro in prigione e si raccomanda esplicitamente
(art. 26.17) che "i detenuti che lavorano sono, per quanto possibile, affiliati alla
sicurezza sociale nazionale." Il principio della normalizzazione di detenzione
contenute nelle regole della prigione riduce allora, osserva l'opinione, il margine
di apprezzamento di cui gli Stati possono godere in questo settore.
Si ricorda inoltre che secondo la giurisprudenza della Corte i detenuti
continuano a godere di tutti i diritti e le liberta garantiti dalla Convenzione, salvo il
diritto alla liberta, e che devono escludersi pertanto trattamenti negativi che
costituirebbero une gdouble peineh; dall'altro, nella stessa giurisprudenza vi e una
tendenza che mostra una sempre maggiore protezione dei diritti dei detenuti.
Interessanti sentenze sono state pronunciate in materia di pensione di
reversibilita.
Nel caso Munoz Diaz c. Spagna, n. 49151/07, 2009, il pagamento di una
pensione di reversibilita e stato negato al richiedente sulla base del fatto che la
coppia si era unita secondo un rito rom che non aveva effetto nel diritto civile
spagnolo. Anche sulla base del consenso europeo per il riconoscimento dei diritti
delle minoranze e l'obbligo di proteggere la loro sicurezza, la loro identita e stile di
vita, la Corte ha ravvisato una violazione.
Nel caso Manenc c. Francia (dec.), n. 66686/09, 21 settembre 2010, ef stato
dichiarata irricevibile la domanda con la quale si impugnava il rifiuto di concedere
una pensione di reversibilita al superstite di un patto civile di solidarieta firmata da
due persone dello stesso sesso.
La Corte ha ritenuto che la ricorrente non era, dopo la morte della compagna
cui era legata con PACS, in una situazione simile o paragonabile a quella di un
coniuge superstite: se infatti la conclusione di un PACS ha una certa solennita, nel
senso che va al di la d un'unica comunita di interesse e conferisce diritti e doveri in
materia fiscale, patrimoniale e sociale, il PACS e diverso, pero, dal matrimonio, in
relazione alle condizioni della sua conclusione (in Francia, anche la diversita tra i
sessi), la sua portata specie sul piano successorio (e non essendovi obbligazione
patrimoniale alla solidarieta in caso di morte), e la sua rottura, che puo derivare da
una semplice dichiarazione unilaterale di un partner.
Cosi la limitazione della portata della normativa alle coppie sposate in
esclusione dei partner di un PACS, indipendentemente dal loro orientamento
sessuale, rientra nel margine di discrezionalita che la Convenzione lascia agli Stati
in questo settore.
Nel caso .erife Yigit c. Turchia [GC], n. 3976/05, 2 novembre 2010, la Corte
ha ravvisato la legittimita dellfesclusione del diritto alla reversibilita di una donna
sposata solo sul piano religioso: secondo la decisione, il rifiuto da parte del diritto
turco di concedere alla ricorrente il beneficio dei diritti sociali del suo compagno,
87
in ragione del fatto che lei non aveva contratto matrimonio civile, e ragionevole e
non c'era violazione dell'articolo 14 in combinato disposto con l'articolo 1 del
Protocollo n. 1 alla Convenzione, nef violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
In Willis v. Gran Bretagna, no. 36042/97, 11 giugno 2002, il ricorrente
lamentava la discriminazione per il diniego della pensione di reversibilita, prevista
solo in favore delle vedove (e non anche dei vedovi).
La Corte ha accolto la domanda, rilevando che la moglie del ricorrente aveva
lavorato durante il periodo del matrimonio ed aveva durante quel tempo pagato i
contributi previdenziali come lavoratore dipendente esattamente nello stesso modo
in cui un uomo nella sua posizione avrebbe fatto, e considerando, inoltre, che il
rifiuto delle autorita di concedere al ricorrente il pagamento di un assegno per
vedova era basata esclusivamente sul fatto che egli era un uomo.
La Corte ha quindi ritenuto che la differenza di trattamento tra uomini e donne
per quanto concerne il diritto al pagamento della pensione di vedova, di cui il
ricorrente e stato una vittima, non era basato su una "giustificazione obiettiva e
ragionevole", onde vi e stata una violazione dell'articolo 14 della Convenzione in
combinato disposto con l'articolo 1 del Protocollo n. 1.
Nello stesso senso, piuf di recente, Twizell v. Gran Bretagna, 25379/02, 20
maggio 2008.
In materia di prestazioni sanitarie, vanno ricordate le pronunce relative al
diritto di assistenza medica.
Secondo tale giurisprudenza, la Convenzione impone allo Stato di tutelare
l'integrita fisica delle persone private della liberta, compresa la somministrazione
delle cure medico richiesto (Riviere c. Francia, 11 luglio 2006).
In V.D. c. Romania, n. 7078/02, 16 Feb 2010, la Corte ha ravvisato una
violazione nel rifiuto di fornire cure odontoiatriche e protesi a un prigioniero senza
denti ed indigente.
In Slyusarev v. Russia, n. 60333/00, 20 aprile 2010, la violazione ef stata
ravvisata nella confisca da parte della polizia degli occhiali ad un miope dopo il
suo arresto, e nella privazione di occhiali in custodia: la Corte constata per la prima
volta in questo trattamento degradante contrario all'articolo 3, proprio in quanto
protratto a lungo.
Nel caso Oyal v. Turchia, n. 4864/05, 23 marzo 2010, la Corte ha
riconosciuto, ad un paziente affetto da HIV dalla nascita a causa di emotrasfusioni
di sangue infetto, il diritto a una copertura medica completa e gratuita fino alla fine
della sua vita, non essendo stata ritenuta sufficiente -per l'obbligo positivo di cui
all'articolo 2 (diritto alla vita)- la riparazione offerta alla parte sul piano nazionale
(solo danno patrimoniale e morale).
Altre pronunce hanno riguardato la perdita del diritto a pensione.
88
Nel caso Apostolakis c. Grecia, n. 39574/07, 22 ottobre 2009, la Corte ha
ritenuto che la perdita totale ed automatica alla pensione di anzianita a seguito di
una condanna penale integra una violazione della Convenzione (articolo 1 del
Protocollo n. 1), anche quando sia lfeffetto di una condanna penale presa sulla base
di una disposizione volta a impedire ai dipendenti pubblici di commettere reati:
secondo la Corte si tratta di una misura, ancorche volta a garantire il corretto
funzionamento e la credibilita dell'amministrazione, tuttavia sproporzionata perche
definitiva, indipendente dal delitto commesso e idonea a privare il dipendente dei
propri mezzi di sussistenza.
Nel caso Klein v. Austria, n. 57028/00, 3 Mar 2011, la Corte ravvisa del pari
una violazione nella perdita dei diritti pensionistici subita da un avvocato dopo la
sua radiazione dall'albo, escludendosi che la sanzione possa assicurare un giusto
equilibrio tra gli interessi concorrenti in gioco (essendovi un onere eccessivo per
l'individuo).
Diverse pronunce della Corte hanno riguardato la misura della pensione.
In argomento va ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte, l'articolo 1
del Protocollo n. 1 non comporta di per se il diritto ad una pensione di importo
particolare, e che, tuttavia, il riconoscimento di un diritto alla pensione ef un diritto
protetto dalla Convenzione; pertanto, la riduzione o l'eliminazione di una pensione
puo costituire una violazione della proprieta di una persona, dovendo lo Stato
dimostrare la conformita ai requisiti della Convenzione.
Come gia detto, lfarticolo 1 del Protocollo n. 1 non garantisce, in quanto tale, il
diritto a una pensione di un determinato importo (cfr., a titolo esemplificativo,
Kjartan Asmundsson c. Islanda, n. 60669/00, ˜ 39, CEDU 2004-IX; Domalewski c.
Poland (dec.), n. 34610/97, CEDU 1999-V; e Jankovi. c.. Croazia (dec.), n..
43440/98, CEDU 2000-X). Allo stesso modo, non garantisce neppure il diritto di
conseguire una pensione per le attivita prestate in uno Stato diverso dallo Stato
convenuto (cfr. L.B. c. Austria (dec.), n. 39802/98, 18 aprile 2002).
Tuttavia, se lfimporto di un beneficio previdenziale e ridotto o sospeso, cio puo
costituire unfingerenza nella proprieta, che deve essere giustificata (cfr. Kjartan
Asmundsson, sopra citato, ˜ 40, e Rasmussen c. Polonia, n. 38886/05, ˜ 71, 28
aprile 2009). LfArticolo 1 del Protocollo n. 1 richiede infatti che ogni ingerenza
debba essere ragionevolmente proporzionata al fine perseguito (cfr. Jahn e altri c.
Germania [GC], nn. 46720/99, 72203/01 e 72552/01, ˜˜ 81-94, CEDU 2005-VI).
Il requisito dellfequo bilanciamento non e rispettato se la persona interessata deve
sostenere un onere individuale eccessivo (cfr. Sporrong e Lonnroth c. Svezia, 23
settembre 1982, ˜˜ 69-74, Serie A n. 52).
Fondamentale in materia ef il caso Kjartan Asmundsson c. Islanda, n.
60669/0, deciso dalla Corte il 12 ottobre 2004. Nel caso, ove veniva in rilievo un
trattamento pensionistico eliminato da una legge sopravvenuta, la Corte ha ritenuto
89
lfingerenza nel diritto del privato sproporzionato, proprio per la totale eliminazione
della pensione. La Corte ha accordato quindi in via risarcitoria una compensazione
pecuniaria, non pari tuttavia allfimporto perduto, ma allfimporto ritenuto
sufficiente a proteggere lfinteresse azionato, affermando espressamente che la sola
riduzione del trattamento pensionistico sarebbe stata compatibile con la
Convenzione.
In particolare, la Corte ha ritenuto che il ricorrente era tenuto a sostenere un
onere sproporzionato ed eccessivo, anche tenendo conto del margine di
discrezionalita da riconoscere allo Stato in ordine alla legislazione sociale; secondo
la Corte, sarebbe stato diverso se il richiedente fosse stato sottoposto ad una
riduzione ragionevole e proporzionata dei suoi diritti, senza essere totalmente
privato di essi (Lithgow e altri c. Regno Unito, 8 luglio 1986, serie A n. 102, pp
44-45, ˜ 121).
La Corte ha affermato che il ricorrente ha subito un grave pregiudizio a causa
della violazione e che deve quindi ricevere una compensazione pecuniaria
equamente commisurata al danno subito; tuttavia, la Corte non ha riconosciuto
come detto lfintero importo della pensione perduta, proprio perche una riduzione
ragionevole e proporzionata dei suoi diritti a pensione sarebbe stata compatibile
con la Convenzione.
In Rasmussen v. Polonia, no. 38886/05, 28 aprile 2009, la Corte ha affrontato il
problema della legittimita della perdita dello status di giudice e della relativa
pensione.
In particolare, la disciplina polacca prevedeva che il giudice, dopo il
pensionamento, conservasse degli obblighi speciali (in particolare, lfobbligo
.ancora disciplinarmente sanzionato- di mantenere la dignita della posizione di
giudice) e beneficiasse di un trattamento pensionistico peculiare proprio in ragione
di tale posizione; nel contempo, si prevedeva (c.d. Lustration Act) che tale status si
perdesse in conseguenza di falsita di dichiarazioni relative alla mancata
collaborazione con i servizi segreti comunisti.
Nel caso, si era accertata la falsa dichiarazione del giudice polacco, al quale
conseguentemente era stato tolto lo status (ed i benefici pensionistici speciali ad
esso connessi); cio era stato fatto sulla base dellfapplicazione della legge,
sopravvenuta al pensionamento del giudice, che prevedeva la rilevanza delle
dichiarazioni del tipo suddetto.
Il ricorrente aveva quindi lamentato innanzi alla Corte la violazione dellfart. 6 della
Convenzione (per lfapplicazione della legge sopravvenuta al suo pensionamento a
situazioni pregresse) ed 1 del Protocollo 1 (in ragione della completa perdita della
pensione gia acquisita).
Il ricorso ef stato respinto. Secondo la Corte, il caso ha una somiglianza con una
serie di casi contro la Polonia in cui la Commissione ha dichiarato inammissibile
sostiene ai sensi dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 dai candidati che erano stati
privati ..del loro "stato di veterano di guerra" e relative prestazioni di
90
assicurazione sociale nell'ambito di un legge approvata nel 1991, molti anni dopo
la concessione di tale status, sulla base del loro servizio come collaboratori con il
servizio di sicurezza interna ex comunista. Nel respingere le domande, la
Commissione ha ricordato che l'articolo 1 del Protocollo n. 1 non puo essere
interpretato nel senso che conferisce il diritto a una pensione di importo particolare
e ha osservato che, pur essendo privati ..del loro vantaggi particolari delle
assicurazioni sociali, i ricorrenti avevano mantenuto i diritti alle loro prestazioni
pensionistiche ordinarie dovute ai sensi del sistema generale di previdenza sociale.
Si era osservato inoltre che la legge del 1991 era stata in parte intesa come una
condanna del ruolo politico che il servizio di sicurezza comunista aveva giocato a
reprimere l'opposizione politica al sistema comunista e che tali considerazioni di
ordine pubblico, anche se avevano portato alla riduzione delle assicurazioni sociali
benefici, non avevano influenzato i diritti di proprieta derivanti dal sistema di
assicurazione sociale in maniera contraria all'articolo 1 del Protocollo n. I. (vedi
Styk c. Polonia (dec.), n. 28356/95, 16 aprile 1998;. Szumilas v . Polonia (dec.), n.
35187/97, 1 luglio 1998; Bienkowski c. Polonia (dec.), n. 33889/97, 9 settembre
1998). In queste circostanze, la Corte ha ritenuto che la perdita dello status di
ggiudice in pensioneh e della pensione di vecchiaia speciale allegato a tale status, a
seguito della presentazione di una dichiarazione di falsa, non costituiva una
interferenza con la proprieta diritti del richiedente ai sensi dell'articolo 1 del
Protocollo n. 1.
In Buchen c. Repubblica Ceca, no 36541/97, 26 novembre 2002, il ricorrente,
gia giudice militare, aveva in quanto tale diritto all'indennita di pensione militare e
ad un premio al momento del pensionamento.
A seguito della soppressione dei tribunali militari e del trasferimento del
ricorrente al tribunale regionale ordinario, il pagamento dei detti emolumenti era
stato sospeso fino alla data di definitiva cessazione dellfattivita di giudice sulla
base di un legge giudicata costituzionalmente legittima.
Innanzi alla CEDU, il ricorrente lamentava che la sospensione del pagamento
del suddetto trattamento di fine rapporto costituiva unfinterferenza nei suoi diritti
discriminatoria nei confronti di altri militari di carriera, utilizzati come civili dopo
la cessazione dalle funzioni militari e beneficiari del detto trattamento (ivi inclusi
alcuni ex giudici militari transitati alle giurisdizioni ordinarie superiori).
La Corte ha ritenuto la violazione dellfart. 14 e 1 Prot. 1, essendo ingiustificata
la differenza di trattamento di situazioni simili, e, sebbene il ricorrente avesse
quantificato il danno risarcibile nella somma pari al montante perduto di
trattamento, la Corte gli ha riconosciuto solo una somma minore equitativamente
attribuita come ristoro del danno, materiale e morale insieme.
La Corte si e occupata della tutela dei benefici pensionistici acquisiti in casi che
riguardavano la rimozione di alcuni vantaggi di cui godevano i funzionari statali
91
prima della dissoluzione dello Stato, nel passaggio da un sistema precedente ad
uno nuovo.
Si e trattato essenzialmente di casi maturati nel contesto della dissoluzione della ex
Jugoslavia (casi contro la Croazia, relativi alle pensioni degli ex ufficiali
dell'Esercito del Popolo jugoslavo) e della riunificazione della Germania (casi
relativi alla riduzione dei diritti a pensione dei ricorrenti maturato sotto il sistema
della DDR, dopo il loro trasferimento al sistema nella FRG).
Sotto il primo profilo, si ricordano i casi Jankovi. c. Croazia (dec.), no. 43440/98,
CEDU 2000 X, e Had.i. c. Croazia, n.. 48788/99, 13 settembre 2001, ove la Corte
ha ammesso la legittimita dellfincidenza sul trattamento in godimento.
Nel caso Jankovic c. Croazia, relativo alla contestazione di un ricalcolo di una
pensione militare, si e posto il problema dellfapplicabilita dellfart. 6 ai giudizi
pensionistici. La Corte ha dato soluzione positiva al problema, affermando che la
disputa sull'importo della pensione e di natura finanziaria e coinvolge un diritto
civile ai sensi dell'articolo 6 ˜ 1 della Convenzione (v. sentenza Schuler-Zgraggen
c. Svizzera del 24 giugno 1993, serie A 263, p. 17, ˜ 46; Massa c. Italia, 24 agosto
1993, serie A n. 265-B, p. 20, ˜ 26).
Nella decisione la Corte ha affrontato anche il problema della legittimita della
riduzione della pensione: nel caso, la Corte ha preso atto che la pensione del
ricorrente era stata ridotta, ma in misura non inferiore a quella di tutte le altre
categorie di pensionati in Croazia, sicche il ricorrente aveva perso solo certi
privilegi di cui aveva fruito in precedenza come un ufficiale di uno Stato che non
esisteva piu (in altri termini, la riduzione delle pensioni di ex ufficiali delle forze
armate del popolo jugoslavo era un modo per integrare queste pensioni nel sistema
pensionistico generale, in Croazia: v., mutatis mutandis, Schwengel c. Germania
(dec. ) n. 52442, CEDH 2000).
La Corte ha rilevato inoltre che lo Stato aveva un margine piuttosto ampio di
discrezionalita nel regolare la sua politica sociale. Questo valeva in particolare nel
contesto della dissoluzione della ex Jugoslavia e per le persone a cui il vecchio
Stato aveva concesso privilegi speciali, ad esempio, i membri del vecchio esercito
dello Stato, soprattutto in considerazione del fatto che dal gennaio 1973 tutti i
contributi al fondo pensioni degli ufficiali dell'Esercito del Popolo jugoslavo erano
stati versati al Fondo federale di Belgrado.
Proprio la considerazione della situazione specifica, e tenuto conto del fatto che il
pensionato aveva perso solo una piccola parte della sua pensione, mantenendo per
converso tutti i diritti relativi alla sua pensione ordinaria nell'ambito del piano di
assicurazione sociale, la Corte ha rilevato che il diritto del ricorrente di ottenere
benefici dal sistema di assicurazione sociale non era stata violato in un modo che
poteva ritenersi contrario all'articolo 1 del Protocollo n. 1.
Con riferimento ai casi tedeschi, si trattava di casi, successivi alla riunificazione
della Germania, relativi alla la riduzione dei diritti a pensione dei ricorrenti
maturati sotto il sistema della DDR, dopo il loro trasferimento al sistema nella
92
FRG. In essi, la Corte ha, tra lfaltro, sottolineato il margine di discrezionalita
lasciato allo Stato nel contesto unico della riunificazione tedesca e ha tenuto conto
delle difficolta pratiche di incorporare uno schema di pensionamento in altro
schema conseguente alla trasformazione (Schwengel c. Germania (dec.), no.
52442/99, 2 marzo 2000; Kuna c. Germania (dec.), no. 52449/99, CEDU 2001 V
(estratti); Lenz c. Germania (dec.), no. 40862/98, CEDU 2001 X).
La Corte ha affrontato anche il problema della legittimita del diniego della
rilevanza dei periodi lavorativi trascorsi allfestero ai fini della pensione richiesta in
un altro Stato.
In Kohls c. Germania (dec.), no. 72719/01, 13 novembre 2003, il ricorrente,
cittadino tedesco di origine ebraica, era fuggito in Argentina nel 1937, da dove
aveva fatto ritorno in Germania solo nel 1965; qui aveva chiesto inutilmente il
computo del tempo trascorso allfestero allevando i figli ivi nati. Per la Corte, la
soluzione negativa data dallfamministrazione tedesca era stata giustificata in
considerazione delle ragioni addotte dai giudici nazionali, che non poteva essere
considerata come arbitraria o irragionevole: questi avevano ritenuto che la
situazione del ricorrente non poteva essere paragonata a quella di persone cui era
stato impedito di tornare in Germania a causa di misure coercitive di altri paesi o
situazioni di guerra, atteso che la Repubblica di Germania non aveva mai impedito
il ritorno al ricorrente, che invece aveva scelto di rimanere in esilio.
Secondo la Corte, il legislatore non era obbligato a tener conto del tempo trascorso
dal ricorrente nel paese straniero, ne, per altro verso, la Corte ha riscontrato prove
di discriminazione, atteso che le autorita nazionali non avevano basato le loro
decisioni su considerazioni relative alla religione del richiedente o alla sua
provenienza.
Sul tema dellfimporto della pensione, la Corte si e occupata della legittimita di
previsioni normative che stabiliscono tetti pensionistici.
Nel caso Valkov e altri contro Bulgaria, ric. 2033/04 ed altri, 2011 la Corte ha
ritenuto che il plafonnement aveva perseguito uno scopo legittimo di interesse
generale (il risparmio di spesa del sistema pensionistico) e che nel caso i ricorrenti
avevano dovuto subire non una perdita totale, ma una riduzione ragionevole dei
loro diritti pensionistici.
La Corte ha inoltre riconosciuto che lo Stato gode di un ampio margine di
discrezionalita per quanto riguarda la materia, specie nel contesto di un cambio di
regime o di politica economica, tanto piu che nel caso si aveva avuto una
transizione del paese da un'economia pianificata con mercato centralizzato e
completamente pubblico ad una basata sulla proprieta privata; lo schema adottato
in ogni paese e una scelta delle autorita nazionali, che sono maggiormente in grado
rispetto ad un tribunale internazionale di valutare i bisogni e le condizioni a livello
nazionale.
93
La questione della riduzione del trattamento pensionistico in godimento spesso
si associa a quella, distinta, della retroattivita delle disposizioni normative
sopravvenute, cio che pone anche un problema con riferimento allfart. 6 della
Convenzione (problema gia esaminato nel paragrafo relativo).
Il problema della legittimita delle riliquidazioni delle pensioni sulla base di
disposizioni sopravvenute ef stato affrontato in Pravednaya v. Russia, n.
69529/01, 18 novembre 2004.
Nel caso, si trattava di riliquidazione .di prestazione gia riconosciuta
giudizialmente- secondo un nuovo criterio di aggiornamento, volto considerare il
rapporto tra il salario finale dell'individuo al momento del pensionamento e il
salario medio nazionale, ed avente lo scopo di mantenere un collegamento tra la
pensione di una persona ed i guadagni precedenti.
Secondo la Corte, il possibile interesse dello Stato nel garantire un'applicazione
uniforme della legge sulle pensioni non potrebbe portare alla rideterminazione
retroattiva dellfemolumento gia giudizialmente riconosciuto.
La Corte ha affermato che, privando il ricorrente del diritto di beneficiare della
pensione nell'importo garantito da una sentenza definitiva, lo Stato ha sconvolto un
giusto equilibrio tra gli interessi in gioco (vedere, mutatis mutandis Pressos
Compania Naviera SA e altri c. Belgio , sentenza del 20 novembre 1995, serie A.
n. 332, ˜ 43).
In Domalewski v. Polonia, (dec.), no. 34610/97, 1999, il ricorrente, titolare di
pensione di anzianita e di pensione prevista per i vecchi combattenti, si era visto
revocare questfultima pensione a seguito di una legge che escludeva il beneficio
per coloro che, come il ricorrente, avevano svolto funzioni nel Ministero per la
Sicurezza pubblica. Aveva quindi adito la CEDU lamentando violazione dellfart. 6
(per non essere stato sentito nel procedimento di revoca) e 14 (per essere stato
discriminato rispetto ad altri combattenti).
La Corte ha ritenuto che il ricorrente si fosse lamentato in sostanza dell'esito del
procedimento dinanzi alle autorita e degli errori di fatto asseritamente commessi,
sicche la sua domanda invocava in sostanza una nuova valutazione nel merito; tale
domanda, ha statuito la Corte, ef inammissibile, atteso che, ai sensi dell'articolo 19
della Convenzione, la Corte ha il compito di garantire il rispetto degli impegni ai
sensi della Convenzione per le parti contraenti e non ef chiamata a valutare errori
di fatto o di diritto asseritamente commessi da un giudice nazionale (a meno che, e
nella misura in cui, essi possono avere violato i diritti e le liberta tutelati dalla
Convenzione: vedi Garcia Ruiz c. Spagna [GC], n. 30544/96, ˜ 28, CEDU 1999-I).
Quanto allfasserita discriminazione, la Corte, valutando la domanda come
sostanzialmente ricadente anche nellfambito del campo di applicazione dellfart. 1
Protocollo 1 (norma pero non invocata dal ricorrente), ha sottolineato che le misure
legislative adottate dallo Stato polacco nei confronti dei funzionari del ministero
94
della Sicurezza pubblica avevano una giustificazione oggettiva e ragionevole ed
uno scopo legittimo, essendo volte a governare il funzionamento dei privilegi
eccezionali e ad escluderlo per le persone per le quali non si giustificava
lfonorificenza (la quale presupponeva un impegno estraneo alle occupazioni
ordinarie).
In Bulgakova v. Russia, n. 69524/01, 18 gennaio 2007, il ricorrente, titolare di
pensione di vecchiaia, a seguito di una legge sopravvenuta si era visto ricalcolare
la sua pensione; in particolare, la legge aveva introdotto un nuovo metodo di
calcolo delle pensioni, introducendo un "moltiplicatore individuale" avente lo
scopo di collegare la pensione alla retribuzione precedentemente goduta.
Il ricorrente aveva contestato il ricalcolo della sua pensione in giudizio e la
sentenza favorevole al ricorrente era divenuta definitiva.
Era quindi accaduto che il Ministero del Lavoro aveva emesso istruzioni
dettagliate sullfapplicazione della legge e, sulla base di queste, qualificate come
"circostanza di recente scoperta", il caso era stato riaperto e si era concluso
sfavorevolmente per il ricorrente.
Questi aveva quindi adito la CEDU denunciando la violazione degli articoli 6 e
1 del Protocollo 1 della Convenzione.
Nel caso, la Corte ha intanto ritenuto che la controversia circa una pensione
statale e "civile" ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione: secondo la Corte,
sebbene i diritti socio-economici, come il diritto alla pensione statale, hanno la loro
origine nel diritto pubblico, tuttavia sono tutelati dallfart. 6 ˜ 1 (cfr. Schuler -
Zgraggen c. Svizzera, sentenza del 24 giugno 1993, serie A no. 263, p. 17, ˜ 46, e
Massa c. Italia, sentenza del 24 agosto 1993, serie A no. 265-B, p. 20, ˜ 26;
Androsov c. Russia, no 63973/00, ˜ 48 e ss., 6 ottobre 2005).
La Corte ha quindi affermato la violazione della norma in ragione della
violazione del giudicato e dellfapplicazione retroattiva di una legge sopravvenuta.
Sotto questfultimo profilo, richiamando vari precedenti (Il National Building
Society ed altri c. Regno Unito, sentenza del 23 ottobre 1997, Raccolta 1997-VII, ˜
112; Zielinski e Pradal & Gonzalez e altri c. Francia [GC], n. 24846/94 e
34165/96 a 34173/96, ˜ 57. , CEDU 1999-VII; Smokovitis e altri c. Grecia (n ‹
46356/99, ˜ 23, 11 aprile 2002), la Corte ha dichiarato che, mentre in linea di
principio al legislatore non e precluso in materia civile di adottare nuove
disposizioni retroattive volte a regolare i diritti derivanti da leggi vigenti, il
principio dello Stato di diritto e la nozione di processo equo sancito dall'articolo 6
esclude qualsiasi interferenza da parte del legislatore - diversi da quelli per gravi
motivi di interesse generale - verso l'amministrazione della giustizia destinati ad
influenzare la soluzione giudiziale di una controversia nella quale lo Stato era una
parte.
Tale situazione, a parere della Corte e incompatibile con i principi di certezza
del diritto e parita delle armi, sancito dall'articolo 6 ˜ 1 della Convenzione.
95
Sotto il profilo del giudicato, la Corte rileva che lfinteresse dello Stato alla
garanzia di un'applicazione uniforme della legge sulle pensioni non puo portare
alla rideterminazione retrospettiva del lavoro giudiziario gia fatto e definito
(Pravednaya v. Russia (dec.), no. 69529/01, 25 settembre 2003).
La Corte ha ravvisato anche una violazione dellfart. 1 del protocollo n. 1 , in
quanto, se il ricalcolo di una pensione e la sua conseguente riduzione, come tale,
non violano l'articolo 1 del Protocollo n. 1 (Skorkiewicz v. Polonia (dec.), no.
39860/98, 1 giugno 1998), tuttavia, nel caso concreto, la retrodatazione del
ricalcolo delle somme dovute comporta un onere individuale ed eccessivo per il
richiedente, incompatibile come tale con l'articolo 1 del Protocollo n. 1.
7.9. IL CASO DEI TRASFERIMENTI DI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI
DALLA SVIZZERA IN ITALIA.
Lfaccordo aggiuntivo alla Convenzione tra lfItalia e la Svizzera sulla sicurezza
sociale concluso a Berna nel 1969 e ratificato con legge del 1973 stabiliva la
possibilita per i lavoratori italiani di trasferire in Italia i contributi versati in
Svizzera, anche ai fini del calcolo della pensione secondo il metodo contributivo;
lfINPS calcolava tali contributi tenendo conto della piu bassa aliquota vigente nello
stato elvetico. Si stabilizzava una giurisprudenza anche di legittimita (Cass. n.
4623/2004, Cass. n. 20723/2004, Cass. n. 7455/2005) favorevole ai lavoratori e
veniva quindi adottata nella legge finanziaria per il 2006 una norma interpretativa
che stabiliva che, in questi casi, occorreva guardare non alla retribuzione effettiva
percepita in Svizzera dai lavoratori come da loro richiesto, ma quella imponibile,
ossia quella sulla base della quale sono stati versati i contributi, accedendo quindi
alla prassi INPS.
La norma interpretativa veniva ritenuta legittima della Corte costituzionale con
sentenza 172/2008, secondo la quale gNon e fondata la questione di legittimita
costituzionale dell'art. 1, comma 777, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 - il
quale prevede che "L'articolo 5, secondo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1968, n. 488, e successive modificazioni, si interpreta nel
senso che, in caso di trasferimento presso l'assicurazione generale obbligatoria
italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di
convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione
pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri e
determinata moltiplicando l'importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il
risultato per l'aliquota contributiva per l'invalidita, vecchiaia e superstiti in vigore
nel periodo cui i contributi si riferiscono. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici
piu favorevoli gia liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge." -,
sollevata in riferimento agli artt.3, primo comma, 35, quarto comma, e 38, secondo
96
comma, della Costituzione, per ritenuta violazione del principio di affidamento
imputabile all'efficacia retroattiva di norma di carattere innovativo e per
ingiustificato deteriore trattamento dei lavoratori italiani emigrati all'estero ed
incidenza sulla garanzia previdenziale. Infatti, posto che le previsioni espresse
dall'art. 5, secondo comma, del d.P.R. n. 488 del 1968 e dalle successive
disposizioni in materia - collocandosi nell'ambito di un sistema previdenziale
tendente alla corrispondenza fra le risorse disponibili e le prestazioni erogate, in
ossequio al vincolo imposto dall'art. 81, quarto comma, della Costituzione -
implicano che il rapporto tra la retribuzione pensionabile e la massa dei contributi
disponibili sia quello espresso dalle aliquote contributive previste in Italia, la
disposizione censurata, disponendo che la retribuzione percepita all'estero, da porre
a base del calcolo della pensione, sia riproporzionata al fine di stabilire lo stesso
rapporto percentuale previsto per i contributi versati nel nostro Paese nel medesimo
periodo, - ha reso esplicito un precetto gia contenuto nelle disposizioni oggetto
dell'interpretazione autentica. Sotto tale profilo essa non e quindi irragionevole. La
norma censurata, inoltre, assegnando alla disposizione interpretata un significato
rientrante nelle possibili letture del testo originario, non determina alcuna lesione
dell'affidamento del cittadino nella certezza dell'ordinamento giuridico. Ne sussiste
violazione del principio di eguaglianza, perche la salvezza delle posizioni dei
lavoratori, cui gia sia stato liquidato il trattamento pensionistico secondo un
criterio piu favorevole, risponde all'esigenza di rispettare il principio
dell'affidamento ed i diritti ormai acquisiti di detti lavoratori. Non e leso neppure
l'art. 35, quarto comma, Cost., perche la disposizione censurata non attribuisce al
lavoro prestato all'estero un trattamento deteriore rispetto a quello svolto in Italia,
ma anzi assicura la razionalita complessiva del sistema previdenziale, evitando
che, a fronte di una esigua contribuzione versata nel Paese estero, si possano
ottenere le stesse utilita che chi ha prestato attivita lavorativa esclusivamente in
Italia puo conseguire solo grazie ad una contribuzione molto piu gravosa. Infine,
non e ravvisabile un contrasto con l'art. 38, secondo comma, Cost., perche la
norma censurata non determina alcuna riduzione ex post del trattamento
previdenziale spettante ai lavoratori. - Sulla esplicitazione, ad opera di una
disposizione censurata, di un precetto gia contenuto nelle disposizioni oggetto
dell'interpretazione autentica, v. le citate sentenze n. 274 e n. 135/2006h.
Quindi la Cassazione mutava indirizzo (Cass. n. 3676/2009, 23574/2008) con il
rigetto dei ricorsi degli assicurati. Cass., Sez. L, sentenza n. 23574 del
12/09/2008 (Rv. 604697) precisava in particolare, che, in base all'art. 5, secondo
comma, del d.P.R. n. 488 del 1968, come interpretato autenticamente dall'art. 1,
comma 777, della legge n. 296 del 2006 - che ha superato il vaglio di legittimita
costituzionale a seguito della sentenza n. 172 del 2008 della Corte costituzionale,
in ipotesi di trasferimento presso l'assicurazione generale obbligatoria italiana dei
contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di
convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione
pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri e determinata
97
moltiplicando l'importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato
per l'aliquota contributiva per invalidita, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo
cui i contributi si riferiscono. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza
impugnata che aveva respinto la domanda, proposta da una assicurata nei confronti
dell'I.N.P.S., di riliquidazione della pensione di anzianita, in godimento dal
gennaio 1996, sulla base della retribuzione percepita in Svizzera negli ultimi
cinque anni di lavoro, invocando la Convenzione tra Italia e Svizzera sulla
sicurezza sociale del 14 dicembre 1962, e successivi accordi aggiuntivi, ratificata
con legge n. 283 del 1973). Per Cass. Sez. L, Sentenza n. 3676 del 13/02/2009
(Rv. 606894), in base all'art. 5, secondo comma, del d.P.R. n. 488 del 1968, come
interpretato autenticamente dall'art. 1, comma 777, della legge n. 296 del 2006 -
che ha superato il vaglio di legittimita costituzionale a seguito della sentenza n.
172 del 2008 della Corte costituzionale - in ipotesi di trasferimento presso
l'assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti
previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi
internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi
di lavoro svolto nei Paesi esteri e determinata in conformita dei criteri stabiliti dalla
anzidetta disposizione, anche se piu sfavorevoli di quelli del Paese nel quale la
retribuzione e stata effettivamente percepita dal lavoratore (nella specie, Svizzera),
e cio al fine di rendere omogeneo al sistema italiano il rapporto tra retribuzione
pensionabile e contributi versati.
Con la recente sentenza Maggio del 31.5.2011 la Corte di Strasburgo ha ritenuto
violata la norma di cui allfart. 6 (giusto processo) in quanto la norma retroattiva
incideva su processi in corso mutandone il corso, benche lo Stato fosse parte in
causa. Invece non ha ritenuto violato il Protocollo n. 1 in quanto lo stato aveva una
discrezionalita nel regolare il trattamento pensionistico ed una limitazione della
pensione appariva non irragionevole posta lfaliquota diversa vigente per il periodo
in Svizzera: non e stata conseguentemente ravvisata neppure una violazione del
divieto di discriminazione (art. 14), non essendo tale norma, come detto,
autonoma.
In particolare, la Corte ha rilevato che il ricorrente, per effetto dell'applicazione
retroattiva di una legge interpretativa (fattispecie gia giudicata in violazione
dell'art. 6), ha perso molto meno della meta della sua pensione e, nell'escludere la
violazione anche dell'art. 1 del Protocollo 1, la Corte ha reputato che il ricorrente
sia stato obbligato a sopportare una riduzione ragionevole e commisurata, anziche
essere totalmente privato dei suoi diritti (cfr., a contrario, Kjartan Asmundsson,
sopra citato ˜ 45). Di conseguenza, il diritto del ricorrente di beneficiare del regime
di previdenza sociale in parola, non ha subito ingerenze tali da pregiudicare i suoi
diritti pensionistici nella loro essenza. Nel caso, dunque, la Corte, tenuto conto
dellfampio margine di apprezzamento dello Stato nel disciplinare il suo regime
pensionistico e del fatto che il ricorrente ha perso solo un ammontare parziale della
sua pensione, ha ritenuto che il ricorrente non sia stato costretto a sopportare un
onere individuale eccessivo.
98
Alla pronuncia CEDU e seguita una nuova rimessione alla Corte costituzionale per
contrasto con la Convenzione, sebbene vi sia stata solo una violazione di natura
procedurale, e non sostanziale (il che porrebbe, a ben vedere, problemi di rilevanza
della questione di costituzionalita).
Cass., Sez. L, Ordinanza interlocutoria n. 23834 del 15/11/2011 (Rv. 619655),
ha sollevato nuovamente la questione di legittimita costituzionale, ritenendo non
manifestamente infondata la questione di legittimita costituzionale dell'art. 1,
comma 777, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, con riferimento all'art. 117,
primo comma, Cost., in relazione all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, come interpretato dalla sentenza 31
maggio 2011, Maggio contro Italia, della Corte europea dei diritti dell'uomo, nella
parte in cui prevede che la retribuzione percepita all'estero, da porre a base del
calcolo della pensione, deve essere riproporzionata al fine di stabilire lo stesso
rapporto percentuale previsto per i contributi versati in Italia nel medesimo
periodo, cosi introducendo, nell'ordinamento, un'interpretazione dell'art. 5, secondo
comma, del d.P.R. 27 aprile 1968 n. 488 e successive modificazioni, in senso
sfavorevole alle posizioni degli assicurati anche quando parti di giudizi pendenti
contro lo Stato nella veste dell'ente previdenziale. Difatti, secondo la menzionata
giurisprudenza sovranazionale, benche al legislatore non sia inibito disciplinare,
mediante disposizioni retroattive, diritti derivanti da leggi in vigore, il principio
della preminenza del diritto e la nozione di processo equo precludono, tranne che
per impellenti motivi d'interesse generale che non possono risolversi in
considerazioni di carattere meramente finanziario, l'interferenza legislativa
arbitraria sui procedimenti giurisdizionali. avvantaggiando la posizione dello Stato
e svantaggiando quella delle controparti.
99
7.10. DISCRIMINAZIONE
Con riferimento alla discriminazione, va ricordato che lfarticolo 14 della
Convenzione non ha secondo la giurisprudenza della Corte un'esistenza
indipendente, ma integra le altre disposizioni sostanziali della Convenzione e dei
Protocolli, nel senso che ha effetto unicamente in relazione al "godimento dei
diritti e delle liberta", tutelati da tali disposizioni.
Peraltro, l'applicazione dell'articolo 14 non presuppone necessariamente la
violazione di uno dei diritti sostanziali garantiti dalla Convenzione, essendo
necessario e sufficiente che i fatti cadano "nell'ambito" di una o piu delle
disposizioni della Convenzione.
La Corte afferma in generale nelle sue sentenze che, ai fini dellfart. 14, una
differenza di trattamento tra le persone in situazioni analoghe o simili e
discriminatoria se non si basa su una giustificazione obiettiva e ragionevole, vale a
dire se non persegue un obiettivo legittimo o se non c'e un ragionevole rapporto di
proporzionalita tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito.
Gli Stati contraenti godono di un certo margine di discrezionalita nel valutare se e
in quale misura le differenze in situazioni altrimenti simili possano giustificare un
trattamento diverso (Van Raalte c. Paesi Bassi, il 21 febbraio 1997, serie sentenze
e decisioni 1997-I, ˜ 39; Larkos contro Cipro [GC], n. 29515/95, ˜ 29, CEDU
1999-I, e Stec e altri c. Regno Unito [GC], n. 65731/01, ˜ 51, CEDU 2006 - (VI)).
La Convenzione di solito lascia agli Stati un ampio margine di apprezzamento nel
campo delle misure generali di politica economica o sociale (vedi, ad esempio,
James e altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, serie A [nessun 98, ˜ 46, Building
Society e altri c. Regno Unito, 23 ottobre 1997, Raccolta 1997-VII, ˜ 80). Gli Stati
contraenti possono valutare le peculiarita del caso concreto (v. in particolare
Larkos c. Cipro [GC], n. 29515/95, ˜ 29, CEDU 1999-I), e cio in quanto, a causa
della loro conoscenza diretta della loro societa e dei suoi bisogni, le autorita
nazionali sono in linea di principio in una posizione migliore rispetto al giudice
internazionale nel determinare cio che e di interesse pubblico nella vita economica
e sociale; del resto, la Corte riconosce in linea di principio la scelta del legislatore,
a meno che la sua decisione si rivela "manifestamente prive di fondamento
ragionevole".
L'estensione del margine di apprezzamento varia a seconda delle circostanze e
delle materie interessate (Petrovic c. Austria, 27 marzo 1998, Raccolta 1998-II, ˜
38); cosif, ad esempio, la Corte ha affermato che solo lfesistenza di ragioni molto
importanti puo far ritenere in linea con la Convenzione una differenza di
trattamento basata sulla nazionalita (Gaygusuz c. Austria, 16 settembre 1996,
Raccolta 1996-IV, p. 1142, ˜ 42, e Koua Poirrez c. Francia, n. 40892/98, ˜ 46,
CEDU 2003-X).
100
Il tema della discriminazione ef stato affrontato una delle prime volte nella causa
Stec ed altri c. Regno Unito, n. 65731/01 e 65900/01, 12 aprile 2006, gia citata.
Si trattava di alcune lavoratrici divenute inabili al lavoro per infortunio sul lavoro,
che avevano ottenuto delle indennita per perdita di guadagno (reducing earnings
allowance, REA; special hardship allowance, SHA), indennita che, al
raggiungimento del sessantesimo anno di eta (eta pensionabile per le donne),
erano state poi sostituite dallfindennita .di importo notevolmente inferiore- di
pensionamento (retirement allowance, RA). Le lavoratrici lamentavano la
discriminazione per sesso, in relazione alla diversa eta pensionistica prevista per i
lavoratori di sesso maschile e femminile (e dunque al minore tempo di godimento
per le donne delle indennita di maggior importo sopra dette).
La Corte ha affermato, come gia ricordato, che, benche il Protocollo n. 1 non
comprenda il diritto di ricevere un pagamento di un emolumento previdenziale, se
uno Stato intende creare un sistema previdenziale che prevede degli emolumenti,
deve farlo in un modo che e compatibile con l'articolo 14. Applicando, tuttavia, tali
principi al caso di specie, la Corte ha escluso la discriminazione, rilevando che il
legame delle dette indennita con lfeta pensionabile era obiettivamente necessario
per assicurare la coerenza con il regime pensionistico e che in ogni caso nel
sistema nazionale era in atto un (necessariamente) progressivo riallineamento delle
eta pensionabili di uomini e donne, in relazione al quale rientrava nel margine di
apprezzamento dello Stato la definizione delle tappe del processo.
In Gaygusuz v. Austria, no. 17371/90, 16 settembre 1996, veniva in questione il
diritto di un lavoratore inabile per motivi di salute a beneficiare di un anticipo sulla
sua pensione di anzianita in forma dfindennita di disoccupazione, diritto negato
dallfamministrazione per assenza dei requisiti formalmente richiesti per
lfanticipazione, ed in particolare di quello della nazionalita.
La Corte ha ritenuto discriminatorio il diniego, in considerazione del fatto che la
differenza di trattamento tra austriaci e non austriaci in relazione al diritto agli aiuti
d'urgenza non si basava su una giustificazione "oggettiva e ragionevoleh.
In Luczak v. Polonia, n. 77782/01, 27 novembre 2007, era stata negata al
ricorrente lfiscrizione ad un sistema pensionistico in ragione della sua nazionalita.
La Corte ha ricordato che solo ragioni molto importanti possono giustificare un
trattamento differenziato basato, come nel caso, esclusivamente sulla nazionalita.
Nel caso, veniva in considerazione l'applicazione di un sistema di sicurezza sociale
per gli agricoltori, piu favorevole di quello della generale sicurezza sociale.
Secondo la Corte, se risulta vi siano ragioni obiettive e ragionevoli per escludere
un individuo dal godimento di una prestazione, allora il principio di
proporzionalita entra in gioco: cio significa che, quali che siano le ragioni
giustificative dell'esclusione da un regime previdenziale di un singolo, questa
esclusione non deve lasciare la persona in una situazione in cui, rischiando la sua
101
vita, egli sarebbe stato privato di ogni sicurezza sociale, sia esso fornito da un
regime generale o speciale, non essendo compatibile con le attuali tendenze
europee del diritto della sicurezza sociale la possibilita che un lavoratore
dipendente o indipendente resti privo di ogni sicurezza sociale.
Con riferimento al caso di specie, la Corte, pur riconoscendo il margine di
apprezzamento delle autorita nazionali nel campo della sicurezza sociale, ha
constatato che il governo non ha fornito alcuna giustificazione ragionevole ed
obiettiva per la disparita di trattamento, tanto piu che, per i contributi pagati, il
ricorrente aveva contribuito al sistema previdenziale agricolo cosi come qualsiasi
cittadino polacco.
La Corte ha cosi dichiarato la violazione dellfart. 14 della Convenzione e
riconosciuto una compensazione pecuniaria (anche se qui la Corte espressamente
dichiara di non voler gspeculare sull'importo della futura pensione di vecchiaia a
cui il ricorrente avrebbe avuto diritto e la data in cui avrebbe potuto ottenerlah, al
fine della liquidazione del danno, limitandosi a riconoscere i danni patrimoniali e
non patrimoniali su base di equita).
In Koua Poirrez c. Francia, no. 40892/98, 30 settembre 2003, la Corte ha
giudicato discriminatoria la mancata concessione ad un extracomunitario di
unfindennita per situazione di handicap (allocation aux adultes handicapes) in
ragione della mancanza di nazionalita.
Secondo la Corte, la differenza di trattamento in merito al diritto alle prestazioni
sociali tra cittadini francesi o cittadini di un paese che ha firmato un accordo di
reciprocita e di altri cittadini stranieri non era basata su una "giustificazione
obiettiva e ragionevole" (si veda, a contrario, Moustaquim c. Belgio, sentenza del
18 febbraio 1991, serie A no. 193, p. 20, ˜ 49), ed anche se, all'epoca dei fatti, la
Francia non era vincolata da accordi di reciprocita con la Costa d'Avorio (patria del
richiedente la prestazione), essa si era impegnata, con la ratifica della
Convenzione, a garantire a tutti coloro che erano sotto la sua giurisdizione, i diritti
e le liberta definiti nel Titolo I della Convenzione (v. Gaygusuz, cit, p. 1143, ˜ 51).
Pertanto, la Corte ha ritenuto che vi e stata nel caso una violazione dell'articolo 14
della Convenzione, in combinato disposto con l'articolo 1 del Protocollo n. 1. Ef da
segnalare, peraltro, che nella dissenting opinion di uno dei giudici si evidenzia,
richiamando la decisione Mennitto c. Italia [GC], no. 33804/96, CEDU 2000-X
(che ha affermato che l'articolo 6 ˜ 1 e applicabile per quanto riguarda la
concessione di assegni alle famiglie per la cura dei componenti disabili della
direttamente nelle proprie case), che l'articolo 14 va tutelato nel caso in combinato
disposto con l'articolo 8 della Convenzione.
In Associazione Nazionale Reduci e 275 altri c. Germania (dec.), no. 45563/04, 4
settembre 2007, i ricorrenti - cittadini italiani . avevano denunciato di essere stati
discriminati, sia come stranieri che come ex internati militari italiani, essendo stati
102
esclusi gli ex prigionieri di guerra dai benefici speciali previsti dalla German
Foundation Law per le vittime della seconda guerra mondiale109.
In altro caso, Epstein e altri c. Belgio (dec.), no. 9717/05, 8 gennaio 2008, 2008, si
era posto il problema del carattere discriminatorio della previsione legale del
requisito della cittadinanza ai fini della concessione di una rendita vitalizia prevista
in favore delle vittime della guerra che erano cittadini belgi nel 2003.
In entrambi i casi, la Corte ha escluso la discriminazione, affermando che l'oggetto
del caso di specie era un pagamento una tantum concesso a titolo di risarcimento
per eventi che erano avvenuti anche prima che la Convenzione fosse entrata in
vigore e che aveva rappresentato, in senso piu ampio, un risarcimento dei danni
causati dalla seconda guerra mondiale, al di fuori quindi del quadro della
legislazione sulla sicurezza sociale. La Corte ha concluso pertanto che i casi di
specie non rientravano nellfambito di applicazione dell'articolo 14 in combinato
disposto con l'articolo 1 del Protocollo n. 1"
In Beian c. Romania (n. 1), no 30658/05, 6 dicembre 2007, la Corte si e
occupata dellfindennita prevista dalla legge nazionale rumena in ragione
dellfespletamento di prestazioni obbligatorie in date unita militari. Nel caso, la
prestazione era stata limitata ai soli militari in forze ad una direzione generale e
non ad altri, e lfiniziale estensione operata dalla giurisprudenza era venuta meno a
seguito di un revirement successivo.
La CEDU ha ravvisato una violazione dellfart. 6 della Convenzione, perche il
mutamento di giurisprudenza, specie ove inerente una giurisdizione suprema,
determina incertezza giuridica (Zielinski et Pradal et Gonzalez et autres c. France
[GC], no 24846/94 et 34165/96 a 34173/96, ˜ 59, CEDH 1999-VII; Baranowski c.
Pologne, no 28358/95, ˜ 56, CEDH 2000-III ; Sovtransavto Holding c. Ukraine,
no 48553/99, ˜ 97, CEDH 2002-VII, e, a contrario, Perez Arias c. Espagne, no
32978/03, ˜ 27, 28 giugno 2007).
La Corte inoltre ha ravvisato una discriminazione ingiustificata (v. Marckx c.
Belgique del 13 giugno 1979, serie A no 31, p. 16, ˜ 33), che ha comportato la
violazione dellfart. 14 e 1 Prot. 1 della Convenzione.
109 La Repubblica federale di Germania ha risarcito le vittime del regime nazista, per lo piu
coloro che vivevano in Israele, Germania e altri paesi dell'Europa occidentale, in particolare in
base alle disposizioni della legge federale sulle indennita per le vittime della persecuzione
nazista (Bundes-entschadigungsgesetz), entrato in vigore il 1‹ ottobre 1953. Ha fornito, tra
l'altro, un compenso per la detenzione in un campo di concentramento e danni causati alla salute
dei detenuti, senza coprire, tuttavia, il lavoro forzato come tale. Nel 1961 la Repubblica federale
di Germania e Italia hanno concluso un accordo in base al quale la Repubblica federale di
Germania ha pagato una somma forfettaria per lo Stato italiano, come risarcimento alle vittime di
persecuzioni da parte del regime nazista. Lo Stato italiano non ha avuto alcun riconoscimento dei
benefici per gli ex "internati militari italiani", i quali ricevono da parte dello Stato italiano solo
un supplemento di 0,52 euro al giorno sulla loro pensione di vecchiaia, come tutti gli ex membri
delle forze armate italiane, gia arrestati come prigionieri di guerra.
103
Quanto allfetaf come requisito per beneficiare della pensione, nel caso Andrle
c. Repubblica Ceca, n. 6268/08, 17 febbraio 2011, nel valutare la previsione di eta
di pensionamento diverse per uomini e donne previsto dalla legislazione ceca, la
Corte ha ammesso che la misura ha il legittimo obiettivo di compensare le
disuguaglianze e le difficolta derivanti dal contesto fattuale storico specifico per
l'ex Cecoslovacchia, dove le donne si prendevano cura dei bambini e delle
famiglie, sicche la differenza di eta di pensionamento in base al numero di bambini
cresciuti da una donna era dunque destinata a compensare le disuguaglianze di
fatto tra i sessi e non superava il margine di discrezionalita per lo Stato in questo
settore. Ne derivava lfesclusione della violazione dell'articolo 14 in combinato
disposto con l'articolo 1 del Protocollo n. 1.
Nel caso Zubczewski c. Svezia (dec.), n. doc. 16149/08, 12 gennaio 2010, la
Corte si e occupata della presunta discriminazione della previsione della legge
svedese che riduceva la misura delle pensioni erogate alle persone sposate.
La Corte ha ribadito che lo Stato gode di un ampio potere discrezionale per
quanto riguarda l'attuazione delle misure generali di politica economica e sociale,
ed ha preso atto che il Parlamento svedese aveva stabilito diversi livelli di pensione
per le diverse categorie di persone sulla base del principio che il costo complessivo
della vita di due persone che condividevano una casa e generalmente inferiore a
quello per una persona che viveva da solo.
Benche nel caso la ricorrente sostenesse che la sua situazione fosse peculiare e
meritevole di tutela in quanto il coniuge non aveva reddito, la Corte ha ritenuto che
la soluzione accolta dalla legislazione non avesse superato la discrezionalita dello
Stato.
In materia di contributi previdenziali, nel caso Karlheinz Schmidt c. Germania,
no13580/88, 18 luglio 1994, la Corte ha affrontato il problema della
discriminazione della disciplina che imponeva ai soli uomini il pagamento di
contributi previdenziali per lfespletamento di attivita (nella specie di pompiere). La
Corte ha ravvisato la violazione dellfart. 14 della Convenzione, attesa la disparita
di trattamento basata sul sesso nel pagamento dei detti contributi.
Nel caso Van Raalte v. Paesi Bassi, no. 20060/92, 21 febbraio 1997, il ricorrente,
cittadino olandese non sposato e senza figli, lamentava di esser stato costretto a
versare i contributi previdenziali previsti dal regime di sicurezza sociale,
finalizzato anche alla tutela dei figli dei lavoratori, e cio sebbene la previsione
apparisse discriminatoria in quanto le donne non sposate senza figli, di 45 anni o
piu, erano esenti dall'obbligo medesimo. La Corte ha riscontrato la violazione
dellfart. 14 della Convenzione, precisando che, mentre gli Stati contraenti godono
di un certo margine di valutazione ai sensi della Convenzione per quanto riguarda
l'introduzione di deroghe al regime contributivo, l'articolo 14 prevede che tale
provvedimento, in linea di principio, si applica in maniera eguale sia per gli uomini
104
e le donne, mentre nel caso non erano state fornite ragioni convincenti per
giustificare una disparita di trattamento.
8. ALCUNI CASI DI DIALOGO DIFFICILE.
In linea generale, come si e visto, gvengono fissati, per opera di giudici, grazie alla
loro attivita gcreativah, criteri ripetibili, anzi permanenti, di raccordo tra ordini
giuridici, che attenuano le conseguenze negative dell'assenza di un ordine
superiore, che li comprenda tutti e stabilisca una gerarchia tra normeh110. Talvolta,
tuttavia, si verificano delle vicende giurisprudenziali nelle quali il dialogo tra le
Corti e piuttosto gdifficileh, fino a far balenare alla mente in alcuni casi la nota
descrizione manzoniana del gconvitoh111.
Si tratta essenzialmente di casi in cui pronunce della Corte costituzionale sono
intervenute a valutare leggi di interpretazione autentica ed escludono il contrasto
con lfart. 6 C.E.D.U., contrasto, per converso, ravvisato dalla Corte EDU; il
problema ulteriore deriva dal fatto che la legge, che ha passato indenne il giudizio
di costituzionalita, rimane vigente nell'ordinamento interno anche a seguito della
decisione della CEDU.
In questfambito, una problematica recente che ha riguardato l'Italia (nelle due
sentenze CEDU Agrati c. italia e Maggio c. Italia; sono pendenti sullo stesso
tema, poi, i casi Arras v. Italia 112 e Bucciarelli v. Italia113, in via di definizione)
attiene alla compatibilita con la Convenzione di norme nazionali di leggi
110 CASSESE S., I tribunali di Babele, Donzelli, Roma, 2009, 70.
111 gAttraversati due o tre altri salotti oscuri, arrivarono allfuscio della sala del convito.
Quivi un gran frastono confuso di forchette, di coltelli, di bicchieri, di piatti, e sopra tutto di voci
discordi, che cercavano a vicenda di soverchiarsi.h (Prom. Sposi, cap. V). Tra gli altri,
MASSA M., Agrati: Corte europea vs. Corte costituzionale sui limiti alla retroattivita, in
www.forumcostituzionale.it, 3, dubita che possa parlarsi di dialogo tra Corti, chiedendosi se non
si debbano piuttosto adottare altri schemi descrittivi.
112 In Arras ed altri contro Italia, introdotto nel 2007, si lamenta la violazione degli artt. 6,
14 e 1 Prot. 1 della Convenzione in relazione alle norme italiane di interpretazione autentica (l.
503 del 1992 e 412 del 1992) che eliminarono il sistema di perequazione aziendale (ed il suo
riferimento agli incrementi salariali dei dipendenti, piuttosto che al solo incremento, benche
automatico, del costo della vita) previsto in favore dei pensionati ex dipendenti del Banco di
Napoli.
113 In Bucciarelli ed altri v. Italia, introdotto nel 2007, si lamenta la contrarieta all'art. 1
Prot. 1 dell'eliminazione del meccanismo di calcolo piu favorevole dei contributi ai fini della
pensione per il personale dell'AGENSUD poi transitato in altra amministrazione pubblica e la
mancata piena restituzione dei contributi inutilizzati nella ricongiunzione delle posizioni
previdenziali.
105
interpretative che incidono su diritti patrimoniali rilevanti ai sensi dell'art. 1 Prot. 1
o sulla loro misura.
In generale, la CEDU, nella sua giurisprudenza, ha riconosciuto che le leggi aventi
effetto retroattivo e giudicate unfingerenza legislativa, devono essere valutate sotto
un duplice profilo, relativo da un lato alla compatibilita con l'art. 1 Prot. 1 (che
consente l'ingerenza nel bene protetto se prevista dalla legge e proporzionata: cfr.
Maurice c. France [GC], n. 11810/03, ˜ 81, CEDU 2005 IX; Draon c. France
[GC], n. 1513/03, ˜ 73, 6 ottobre 2005, e Kuznetsova c. Russia, n. 67579/01, ˜ 50,
7 giugno 2007), dall'altro lato in relazione all'art. 6 della Convenzione, sotto
l'angolo della protezione del giusto processo.
La differenza non e da poco, attesa da un lato l'indipendenza delle violazioni e,
dall'altro lato, perche, mentre il riconoscimento della violazione dell'art. 1 del
Protocollo 1 comporta la restitutio nell'attribuzione patrimoniale e nella titolarita
(ed indiscutibilita) del relativo diritto, la violazione dell'art. 6 consente solo un
indennizzo alla parte per il pregiudizio subito (ma non comporta nessuna incidenza
sulla titolarita del diritto e sul giudicato nazionale eventualmente maturato).
Con riferimento alla violazione dell'art. 6 della Convenzione, nella
giurisprudenza della CEDU lfaffermazione dellfesistenza di limiti per i legislatori
nazionali in ordine allfintroduzione ingiustificata di disposizioni retroattive si e
avuta in numerose sentenze relative alla materia della espropriazione114, dei sussidi
e dei benefici fiscali115, del risarcimento del danno e della politica sociale.
114 Si richiamano, tra le tante, le decisioni 19/1/2010, Zuccala c. Italia, 11/1/2007,
Quattrone c. Italia, 29/3/2006, Scordino c. Italia, 18/3/2008, Velocci c. Italia, 25/1/2007, Morea
c. Italia, 6/10/2009, Perinati c. Italia e 6/10/2009, Ricci c. Italia, 30/6/2009, Mandola c. Italia,
8/12/2009, Vacca c. Italia, 8/12/2009, Gennari c. Italia.
115 In materia, si ricorda il provvedimento 18/5/2010, Plalam c. Italia (secondo il quale
Integra la violazione dellfart. 1, Protocollo n. 1, CEDU lfapplicazione retroattiva di una legge in
materia di sussidi pubblici alle imprese recante nuovi criteri per il riconoscimento del relativo
diritto, in quanto essa ha alterato il giusto equilibrio tra le esigenze di interesse generale e gli
imperativi di salvaguardia dei diritti fondamentali della societa ricorrente), il provvedimento
14/2/2006, Lecarpentier c. Francia (che ha affermato che nella specie lfinteresse patrimoniale
dei ricorrenti, la loro aspettativa legittima ad una simile restituzione costituisce un gbeneh ai
sensi dellfart. 1 del Prot. n. 1, pertanto applicabile e violato, in considerazione del fatto che
lfefficacia retroattiva della legge sopravvenuta non e giustificata da una causa di pubblica utilita
tale da giustificare il carico ganormale ed esorbitanteh sui ricorrenti che rompe il giusto
equilibrio tra le esigenze di interesse generale e la salvaguardia dei diritti del singolo), ed il
provvedimento 23/7/2009, Joubert c. Francia (secondo il quale lfintervento della legge, che
regolava in maniera retroattiva e definitiva la controversia tra i ricorrenti e lfamministrazione
fiscale, non era giustificato dallfinteresse generale. Pertanto non e certo che lfingerenza in
questione servisse una causa di pubblica utilita, laddove la legge ha fatto pesare un carico
anomalo ed esorbitante sui ricorrenti, e il pregiudizio recato ai loro beni ha rivestito un carattere
sproporzionato, che ha rotto il giusto equilibrio tra le esigenze dellfinteresse generale e la
salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui).
106
In tema di risarcimento del danno, 6/10/2005, Draon c. Francia, la Corte ha
ritenuto che viola lfart. 1 del Protocollo n. 1 lfapplicazione retroattiva della legge
che abbia lfeffetto di privare i soggetti titolari del diritto al risarcimento di una
parte sostanziale dei crediti cui avrebbero avuto diritto sulla base della previgente
disciplina.
In materia pensionistica, nel caso deciso con provvedimento 19/6/2008,
Ichtigiaroglou c. Grecia, la Corte, pur riconoscendo che i legislatori possono
disporre retroattivamente, ha affermato tuttavia che un siffatto intervento doveva
essere giustificato da imperativi motivi di interesse generale, come richiede in
particolare il principio di gpreminenza del dirittoh (preeminence du droit) (Nella
specie, il giudice europeo, anche se ritiene contestabile la conformita a questi
principi della legge del 1994, ha ritenuto che lfequilibrio fra le esigenze di
interesse generale e la salvaguardia del diritto al rispetto dei beni della ricorrente
fosse stato rotto non dalla legge del 1994, che i giudici di merito non avevano
ritenuto applicabile retroattivamente, ma dalla applicazione che della legge aveva
fatto il Consiglio di Stato oltre undici anni dopo lfinizio della controversia. Vi era
stata percio violazione del diritto di proprieta).
In sede di applicazione dellfart. 6 della CEDU, nella decisione relativa al caso
Scanner de LfOuest Lyonnais e altri c. Francia, del 21 giugno del 2007 la Corte
europea ha ribadito che, mentre, in linea di principio, al legislatore non e precluso
intervenire in materia civile, con nuove disposizioni retroattive, su diritti sorti in
base alle leggi vigenti, il principio dello Stato di diritto e la nozione di processo
equo sancito dallfarticolo 6 della CEDU vietano lfinterferenza del legislatore
nellfamministrazione della giustizia destinata a influenzare lfesito della
controversia, fatta eccezione che per motivi imperativi di interesse generale
(<>). La stessa Corte europea ha ricordato,
inoltre, che il requisito della parita delle armi comporta lfobbligo di dare alle parti
una ragionevole possibilita di perseguire le proprie azioni giudiziarie, senza essere
poste in condizione di sostanziale svantaggio rispetto agli avversari.
Tale orientamento, che trova i suoi precedenti nei casi Raffineries Grecques
Stran e Stratis Andreadis c. Grecia del 9 dicembre 1994, e Zielinski e altri c.
Francia, del 28 ottobre 1999, censura la prassi di interventi legislativi
sopravvenuti, che modifichino retroattivamente in senso sfavorevole per gli
interessati le disposizioni di legge attributive di diritti, la cui lesione abbia dato
luogo ad azioni giudiziarie ancora pendenti allfepoca della modifica. Questa prassi
puo essere suscettibile di comportare una violazione dellfart. 6 della CEDU,
risolvendosi in unfindebita ingerenza del potere legislativo sullfamministrazione
della giustizia116.
116 Nel caso Zielinski e altri c. Francia, in particolare (come prima nel caso Papageorgiou
c. Grecia, sentenza del 22 ottobre 1997), si e riaffermato il principio che nega ogni indebita
interferenza del legislatore, fatta salva la sussistenza di <generale>>. La Corte europea, tuttavia, ha precisato che siffatti motivi non ricorrevano nella
specie, in quanto il mero rischio finanziario, denunciato dal Governo ed espressamente indicato
107
Cio posto, occorre rilevare che la Corte di Strasburgo non ha inteso enunciare
un divieto assoluto dfingerenza del legislatore, dal momento che in varie occasioni
ha ritenuto non contrari allfart. 6 della Convenzione europea particolari interventi
retroattivi dei legislatori nazionali. La legittimita di simili interventi e stata
riconosciuta, in primo luogo, allorche ricorrevano ragioni storiche epocali, come
nel caso della riunificazione tedesca (caso Forrer-Niederthal c. Germania,
sentenza del 20 febbraio 2003)117.
In altri casi, nel definire e verificare la sussistenza o meno dei motivi
imperativi dfinteresse generale, la Corte di Strasburgo ha ritenuto legittimo
lfintervento del legislatore che, per porre rimedio ad una imperfezione tecnica della
legge interpretata, aveva inteso con la legge retroattiva ristabilire
unfinterpretazione piu aderente allforiginaria volonta del legislatore118.
Con le ultime pronunce, ed in particolare con Agrati, 2011, la Corte di Strasburgo
ha chiarito i suoi principi generali in materia di leggi retroattive, osservando che,
se, in linea di principio, il legislatore puo regolamentare in materia civile, mediante
nuove disposizioni retroattive, i diritti derivanti da leggi gia vigenti, il principio di
prevalenza del diritto e la nozione di equo processo sancito dallfarticolo 6 ostano,
salvo che per ragioni imperative dfinteresse generale, allfingerenza del legislatore
nellfamministrazione della giustizia allo scopo di influenzare la risoluzione di una
controversia, e lfesigenza della parita delle armi comporta lfobbligo di offrire ad
ogni parte una ragionevole possibilita di presentare il suo caso, in condizioni che
dalla Corte costituzionale, non consentiva di per se che il legislatore si sostituisse alle parti
sociali del contratto collettivo, oggetto del contenzioso. La Corte, quindi, verificata la sussistenza
di orientamenti giurisprudenziali favorevoli ai ricorrenti, ha censurato la norma interpretativa che
era sopravvenuta retroattivamente, nonostante gli accordi collettivi intervenuti in senso contrario.
117 In questo caso, la Corte europea, di fronte ad una norma che faceva salvi con effetto
retroattivo i trasferimenti di proprieta, senza indennizzo, in <> della ex
D.D.R., ha concluso per la compatibilita dellfintervento con la norma convenzionale; cio non
soltanto per il motivo gepocaleh del nuovo riassetto dei conflitti patrimoniali conseguenti alla
riunificazione, ma anche in considerazione della sussistenza effettiva di un sistema che aveva
garantito alle parti, che contestavano le modalita del riassetto, lfaccesso a, e lo svolgimento di,
un processo equo e garantito.
118 Si tratta, in primo luogo, della sentenza 23 ottobre 1997, nel caso National & Provincial
Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society c. Regno Unito
(utilizzata mutatis mutandis anche nella citata pronuncia Forrer-Niederthal c. Germania), nella
quale e stato ritenuto che lfadozione di una disposizione interpretativa puo essere considerata
giustificata allorche lo Stato, nella logica di interesse generale di garantire il pagamento delle
imposte, abbia inteso porre rimedio al rischio che lfintenzione originaria del legislatore fosse, in
quel caso, sovvertita da disposizioni fissate in circolari. Nello stesso solco si pone la sentenza del
27 maggio 2004, Ogis-institut Stanislas, Ogec St. Pie X e Blanche De Castille e altri c. Francia.
La pronuncia ha affermato che lfintervento del legislatore non aveva inteso sostenere la
posizione assunta dallfamministrazione dinanzi ai giudici, ma porre rimedio ad un errore tecnico
di diritto, al fine di garantire la conformita allfintenzione originaria del legislatore, nel rispetto di
un principio di perequazione. Il caso viene, quindi, assimilato a quello National & Provincial
Building Society del 1997, dove lfintervento del legislatore era giustificato dallfobiettivo finale di
<>.
108
non comportino un sostanziale svantaggio rispetto alla controparte. La Corte ha
inoltre ammesso si ingerenze dellfautorita per ragioni dfinteresse generale, ma
esigendo che queste ragioni siano bilanciate con la garanzia dei diritti individuali,
che i titolari di questi ultimi non siano gravati da sacrifici sproporzionati (˜˜ 77
ss.) e che, comunque, i sacrifici non siano imposti per mere esigenze finanziarie (˜
80).
Con la recente sentenza Maggio c. Italia del 31.5.2011 la Corte di Strasburgo,
mentre non ha ritenuto violato il Protocollo n. 1 -in quanto lo Stato aveva una
discrezionalita nel regolare il trattamento pensionistico ed una limitazione della
pensione appariva non irragionevole posta lfaliquota diversa vigente per il periodo
in Svizzera-, ha ritenuto violata la norma di cui allfart. 6 (giusto processo), in
quanto la norma retroattiva incideva su processi in corso mutandone il corso,
benche lo Stato fosse parte in causa.
Alla pronuncia CEDU e seguita, come gia anticipato (evidenziando qualche
perplessita) , una nuova rimessione alla Corte costituzionale per contrasto con la
CEDU, ad opera di Cass., Sez. L, Ordinanza interlocutoria n. 23834 del
15/11/2011 (Rv. 619655), che ha ritenuto che, benche al legislatore non sia inibito
disciplinare, mediante disposizioni retroattive, diritti derivanti da leggi in vigore, il
principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo precludono,
tranne che per impellenti motivi d'interesse generale che non possono risolversi in
considerazioni di carattere meramente finanziario, l'interferenza legislativa
arbitraria sui procedimenti giurisdizionali, avvantaggiando la posizione dello Stato
e svantaggiando quella delle controparti.
La vicenda Agrati c. Italia, 2011, come gia visto, registra plurimi interventi
contraddittori da parte di entrambe le Corti nazionali di ultima istanza (Cass. e
Corte Cost.) e poi un contrasto espresso Corte Cost. e CEDU, nel quale si e inserita
anche la Corte di Giustizia di Lussemburgo.
Le alternative prospettabili erano a seguito delle richiamate pronunce varie, anche
se si e ben evidenziato che glfesito dei processi ( a migliaia pendenti in cassazione)
e tuttfaltro che chiaro posto che la Corte ha indicato un accertamento di merito
sullfeventuale vulnus economico (e sulla sua rilevanza) come conseguenza diretta
del trasferimento, mentre nella decisione di Strasburgo il pregiudizio economico e
stato dato per scontato. Quid iuris ora? Una quarta decisione della Corte
costituzionale dopo Strasburgo, la disapplicazione ex art. 47 della Carta posto che
si tratta di questione di diritto Ue; cassazione con rinvio per verificare lfeventuale
vulnus economico, la fissazione come principio di diritto delle caratteristiche di
tale vulnus, da accertare in sede di rinvio?h119.
119 BRONZINI G., La giurisprudenza multilivello dopo Lisbona: alcuni casi difficili, in
Europeanrighs,29/2011 2011, 12.
109
Non vi e dubbio che le sentenze di Strasburgo, quelle definitive di condanna
dellfItalia, che ex art. 46 della Convenzione obbligano tutti gli organi dello Stato
condannato, ciascuno nellfesercizio delle sue competenze, ad adottare le misure
generali necessarie a prevenire il ripetersi della medesima violazione; quindi, esse
obbligano anche la Corte costituzionale a provvedere alla dichiarazione di
incostituzionalita della legge che e causa di quella violazione strutturale che aveva
portato alla condanna120.
Peraltro, non sembra questa un'ipotesi concreta, atteso che ormai la riconduzione
della problematica al diritto comunitario consente al giudice ordinario di risolvere
la questione gsaltandoh il contrasto tra la Corte Costituzionale e la CEDU, ed
evitando la riproposizione della questione di costituzionalita. In tal senso si e
orientato il tribunale di Treviso con pronuncia del 13 gennaio 2012, che .pur
senza soffermarsi sullfesistenza in concreto di un pregiudizio economico per i
lavoratori, invero il solo aspetto che e rilevante ai sensi della disciplina
comunitaria- ha direttamente disapplicato le disposizioni nazionali.
Si e cosi opportunamente osservato che gche la via primaria apertasi ora per
rimuovere gli effetti delle normative interna stia nel richiedere al giudice la
disapplicazione della stessa in quanto contrastante col diritto europeo-comunitario,
previo accertamento della sussistenza degli effetti lesivi, svolto nei termini tracciati
dalla Corte di giustizia. Ed e ragionevole pensare che da questa via piu piana e
diretta potra passare una buona parte del contenzioso presente e futuro, con
conseguenze verosimilmente satisfattive per gli interessi dei ricorrenti privati ma
con lfeffetto, non privo di rilievo, di estromettere dallfulteriore corso della vicenda
il circuito Corte di Strasburgo-Corte costituzionale, provvedendo cosi a
depotenziare il conflitto che si era venuto creando sino al punto (quasi) di non
ritorno costituito da Agrati121.
120 LAMARQUE E., Gli effetti delle sentenze della Corte di Strasburgo secondo la Corte
costituzionale italiana, in Corr. Giur., 2010, 7, 958.
121 REPETTO G, Il triangolo andra considerato. In margine al caso Scattolon, in
www.europeanrights.it, osserva in tema che ge possibile ritenere che il solo precedente
lussemburghese non bastera ad assorbire per intero il contenzioso aperto, tenuto conto che, come
detto, e al giudice nazionale che spetta il giudizio in concreto sulla sussistenza del pregiudizio
subito, condizione indispensabile perche il ricorrente si possa avvalere dellfapplicabilita diretta
propria della pronuncia della Corte di giustizia. Si puo quindi ritenere, in altre parole, che vi
saranno dei casi in cui non bastera il dictum di Scattolon a risolvere una certa controversia a
danno dellfamministrazione statale, perche il lavoratore mira a contestare lfinquadramento subito
non per lamentare un pregiudizio subito, ma per dolersi di un mancato vantaggio retributivo. E
sara proprio in unfeventualita del genere, se e quando si verifichera, che potra riaprirsi il fronte
aperto da Strasburgo, considerato che richiamandosi ad Agrati sara possibile attaccare
frontalmente lfintervento normativo statale in quanto tale, prescindendo cioe dalla sua incidenza
sui diritti del lavoratore in termini di maggiore perdita o di minore guadagno. E in questa
eventualita, per cosi dire, la palla ripasserebbe in prima battuta alla Corte costituzionale,
chiamata a fare i conti con un precedente pressoche gin terminih dal quale non sara facile
liberarsi invocando le tecniche sempre piu ricorrenti di distinguishingh.
110
Il problema centrale -come indicato dallfultima Cassazione sul tema sopra
richiamata, che ha cassato con rinvio la decisione impugnata (Cass, Sez. L, n. n.
20980 del 12/10/2011, Rv. 618699; conforme, Cass., Sez. L, Sentenza n. 21282
del 14/10/2011, Rv. 618720, laddove tale cruciale problema ef stato del tutto
dimenticato dalla sentenza della CEDU)- resta quello di sapere se vi sia stato un
peggioramento retributivo sostanziale per i lavoratori o meno122, restando escluso
un contrasto della norma nazionale con la Convenzione EDU ove un simile danno
non si sia verificato in concreto (sicche non viene in applicazione lfart. 1 del
Protocollo 1, ma, al piu -ma anche in tale ambito sono prospettabili consistenti
dubbi123-, solo lfart. 6 della Convenzione, con ben diverse conseguenze, come gia
sopra evidenziato). Si tratta, in altri termini, di un accertamento di fatto rimesso al
giudice ordinario, che ef senza dubbio essenziale per lfattribuzione della tutela che
presuppone la disapplicazione della disciplina nazionale.
Un altro esempio di dialogo multilevel tra Corti in relazione al diritto della
Convenzione ed a quello dellfUnione si ef avuto nella materia incisa dal c.d.
Collegato lavoro, legge 4.11.2010, n. 183. La Cassazione, con ordinanza n.
2112 del 28.1.2011, aveva sollevato questione di legittimita costituzionale dellfart.
32, commi 5 e 6, che forfettizzano lfentita del risarcimento del danno in caso di
conversione di un rapporto a tempo indeterminato anche per rapporti gia esauriti o
in corso. Tra i vari parametri evocati (artt. 3, 4, 24 e 111 Cost.), vi era anche quello
dellfart. 117, primo comma, Cost., la cui dedotta violazione si accompagnava a
quella dellfart. 6 C.E.D.U., per lfasserita indebita interferenza del legislatore nei
processi in corso. In particolare, lfordinanza di rimessione, nel richiamare la
sentenza n. 311 del 2009, aveva sostenuto che le ragioni imperative di interesse
122 La Cassazione ha indicato i criteri dellfaccertamento che il giudice di rinvio deve compiere:
1) Quanto ai soggetti la cui posizione va comparata, il confronto e con le condizioni
immediatamente antecedenti al trasferimento dello stesso lavoratore trasferito (cosi il n. 75, e a n.
77 si precisa "posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano prima del trasferimento".
Idem nn. 82 e 83). Al contrario, non ostano eventuali disparita con i lavoratori che all'atto del
trasferimento erano gia in servizio presso il cessionario (n. 77). 2) Quanto alle modalita, si deve
trattare di peggioramento retribuivo sostanziale (cosi il dispositivo) ed il confronto tra le
condizioni deve essere globale (n. 76: "condizioni globalmente meno favorevoli"; n. 82:
"posizione globalmente sfavorevole"), quindi non limitato allo specifico istituto, ma
considerando anche eventuali trattamenti piu favorevoli su altri profili, nonche eventuali effetti
negativi sul trattamento di fine rapporto e sulla posizione previdenziale. 3) Quanto al momento
da prendere in considerazione, il confronto deve essere fatto all'atto del trasferimento (nn. 82 e
84, oltre che nel dispositivo: "all'atto della determinazione della loro posizione retributiva di
partenza").
123 La totale assenza di pregiudizio di carattere sostanziale pone il problema, invero, anche
dellfapplicabilita dellfart. 6 della Convenzione, posto che la norma presuppone pur sempre
lfesistenza di un diritto sulla base dellfordinamento nazionale. In altri termini, lfassenza di una
situazione sostanziale specifica, tutelabile sulla base dellfordinamento interno, esclude la tutela
del giusto processo.
111
generale, la sussistenza della quali sarebbe in grado di giustificare lfincidenza della
legge retroattiva sulla giurisdizione, non potrebbero essere apprezzate nel caso di
specie, la dove, oltre a non esservi necessita di armonizzazione dei rapporti
pubblico e privato, ne incertezze interpretative sul tenore delle disposizioni,
rilevano soltanto gmotivi di opportunita economicah, legati al pregiudizio
patrimoniale che potrebbe derivare per le imprese obbligate a numerosi
risarcimenti in forza di esborsi di misura non prevedibile, con incidenza sugli stessi
bilanci preventivi.
La miglior dottrina aveva sottolineato124 che glfordinanza sembra dare per scontato
che si tratti di questione di diritto dellfUnione visto che richiama la direttiva; se
questo e vero oltre alla CEDU e senzfaltro applicabile la Carta di Nizza e con essa
immediatamente la giurisprudenza di Strasburgoh, e si era domandata
coerentemente se gnon si sarebbe dovuto optare a quel punto per il rinvio
pregiudiziale per contrasto con la direttiva e/o con la Carta (art. 47) o addirittura
disapplicare immediatamente?h.
La soluzione della Sezione Lavoro di investire invece la Corte costituzionale,
senza tentare un'interpretazione conforme al diritto dell'Unione (come pure da
alcuni proposto), ha portato poi alla sentenza Corte Cost. 10 ottobre 2011, n. 303,
che ha escluso la prospettata lesione dellfart. 117, primo comma, Cost., integrato
dallfart. 6 C.E.D.U.
In particolare, permesso di avere il monopolio in ordine alla valutazione di come il
prodotto dellfinterpretazione della Corte europea si inserisca nellfordinamento
costituzionale italiano, la Corte costituzionale ha affermato che ricorrono tutte le
condizioni in presenza delle quali la Corte di Strasburgo ritiene compatibili con
lfart. 6 CEDU nuove disposizioni dalla portata retroattiva volte a regolare, in
materia civile, diritti gia risultanti da leggi in vigore.
La Corte rileva, in primo luogo, che gla innovativa disciplina in questione e di
carattere generale, sicche, essa non favorisce selettivamente lo Stato o altro ente
pubblico (o in mano pubblica), perche le controversie su cui essa e destinata ad
incidere non hanno specificamente ad oggetto i rapporti di lavoro precario alle
dipendenze di soggetti pubblici, ma tutti i rapporti di lavoro subordinato a
termine: ganzi, a ben vedere, lo Stato-datore di lavoro pubblico a termine, cui la
regola della conversione del contratto a termine non si applica ai sensi dellfart.
36, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sullfordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), non
figura neppure tra i destinatari delle disposizioni censurateh.
Inoltre sussistono in ogni caso, secondo la Corte .che anche qui fa riferimento
proprio alla giurisprudenza della CEDU-, motivi per giustificare un intervento del
legislatore con efficacia retroattiva, quei gmotivi imperativi dfinteresse generaleh
rilevanti, anche in considerazione del fatto che la Convenzione glascia ai singoli
124 BRONZINI, op. loc. cit., 2011, 13.
112
Stati contraenti il compito e lfonere di identificarli. Cio, in quanto essi si trovano
nella posizione migliore per enucleare gli interessi che stanno alla base
dellfesercizio del potere legislativo. Si conferma, cosi, lfavviso che ále decisioni in
questo campo implicano [c] una valutazione sistematica di profili costituzionali,
politici, economici, amministrativi e sociali che la Convenzione europea lascia
alla competenza degli Stati contraenti, come e stato riconosciuto, ad esempio, con
la formula del margine di apprezzamento, nel caso di elaborazione di politiche in
materia fiscale, salva la ragionevolezza delle soluzioni normative adottate.h
Nel caso, le ragioni di utilita generale sono ricondotte gallfavvertita esigenza di
una tutela economica dei lavoratori a tempo determinato piu adeguata al bisogno
di certezza dei rapporti giuridici tra tutte le parti coinvolte nei processi produttivi,
anche al fine di superare le inevitabili divergenze applicative cui aveva dato luogo
il sistema previgente. Donde lfesigenza . stavolta pienamente realizzata seguendo
un criterio piu equilibrato di omogeneita di disciplina . di parificare situazioni di
fatto identiche, a prescindere dalla data dfintroduzione del giudizioh.
Altro pronunciamento si e registrato in materia di determinazione della
retribuzione media convenzionale da porre a base per le prestazioni pensionistiche
e per il calcolo della contribuzione degli operai agricoli a tempo determinato. La
Corte costituzionale, con la sentenza n. 257 del 19 settembre 2011, ha dichiarato
non fondate le questioni di legittimita costituzionale sollevate, in riferimento agli
articoli 3, 111, primo e secondo comma, 117, primo comma, Cost., in relazione
agli artt. 6 e 14 della CEDU, dellfart. 2, comma 5, della detta legge 23 dicembre
2009, n. 191, che prevede che gil terzo comma dellfarticolo 3 della legge 8 agosto
1972, n. 457, si interpreta nel senso che il termine ivi previsto del 30 ottobre per la
rilevazione della media tra le retribuzioni per le diverse qualifiche previste dai
contratti collettivi provinciali di lavoro ai fini della determinazione della
retribuzione media convenzionale da porre a base per le prestazioni pensionistiche
e per il calcolo della contribuzione degli operai agricoli a tempo determinato e il
medesimo di quello previsto al secondo comma dellfart. 3 della citata legge n. 457
del 1972 per gli operai a tempo indeterminato (questfultima norma, a sua volta,
dispone che per i salariati fissi lfammontare della retribuzione comprensiva del
salario base, della contingenza, delle indennita in natura e fisse, e costituito dalla
media della retribuzione prevista per ciascuna qualifica dai contratti collettivi
provinciali vigenti al 30 ottobre dellfanno precedente).
Nel caso, la Corte costituzionale ha ritenuto che norma censurata non e illegittima
in quanto essa: ga) ha affermato un principio gia presente nellfordinamento per gli
operai agricoli a tempo determinato, sia pure limitatamente alla liquidazione delle
prestazioni temporanee (art. 45, comma 21, della legge n. 144 del 1999); b) ha
enucleato una delle possibili opzioni ermeneutiche dellforiginario testo normativo;
c) ha superato una situazione di oggettiva incertezza di tale testo, evidenziata dai
113
diversi indirizzi interpretativi (di cui sopra si e dato conto); d) non ha inciso su
situazioni giuridiche definitivamente acquisite, non ravvisabili in mancanza di una
consolidata giurisprudenza dei giudici nazionali.h Secondo la Corte non e
sostenibile che la disposizione abbia inteso realizzare unfillecita ingerenza del
legislatore nellfamministrazione della giustizia, allo scopo dfinfluenzare la
risoluzione di controversie, avendo essa fatto propria una soluzione gia individuata
dalla piu recente giurisprudenza di legittimita, nellfesercizio di un potere
discrezionale in via di principio spettante al legislatore e nel quale non e dato
ravvisare profili dfirragionevolezza. In altri termini, secondo la pronuncia, la
finalita di superare un conclamato contrasto di giurisprudenza, essendo diretta a
perseguire un obiettivo dfindubbio interesse generale qual e la certezza del diritto,
e configurabile come ragione idonea a giustificare lfintervento interpretativo del
legislatore.
Da ultimo, sul tema, pare assai utile il riferimento ad altra vicenda, anche per la
linearita della soluzione data dal giudice di legittimita in relazione alla rilevanza
delle leggi interpretative ai fini dell'applicazione dell'art. 6 della Convenzione
EDU.
In tema di contribuzione per lo svolgimento di attivita lavorative autonome, si e
posto il problema della contribuzione previdenziale per lo svolgimento di attivita
autonome, nei confronti del socio amministratore di s.r.l. che, al tempo stesso,
svolga attivita lavorativa allfinterno della societa.
Secondo l'INPS ed una parte della giurisprudenza di merito, avrebbe dovuto
procedersi - in base al principio generale secondo cui allfespletamento di duplice
attivita lavorativa, quando per entrambe si prevede la tutela assicurativa, deve
corrispondere la duplicita di iscrizione - allfiscrizione sia alla gestione separata,
che alla gestione commercianti, senza che cio determini una doppia contribuzione,
giacche ciascuna iscrizione riguarda una attivita diversa e differentemente
retribuita. La giurisprudenza della Cassazione (a partire, segnatamente, dalla
sentenza della sezione lavoro Cass. n. 20886 del 5 ottobre 2007, orientamento
fatto proprio dalla sentenza Cass. n. 3240 del 12 febbraio 2010 delle Sezioni
Unite civili) si era invece orientata, per lfapplicabilita della disciplina posta
dallfart. 1, comma 208 della legge n. 662 del 1996, che prevedeva unfunica
iscrizione alla gestione assicurativa individuata sulla base della attivita svolta in
misura prevalente. Il legislatore era quindi intervenuto con lfart. 12, comma 11,
del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dallfart. 1,
comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, dettando una norma
autoqualificantesi interpretativa in forza della quale lfart. 1, comma 108, della
legge n. 662 del 1996 doveva intendersi gnel senso che le attivita autonome, per le
quali opera il principio di assoggettamento allfassicurazione prevista per lfattivita
prevalente, sono quelle esercitate in forma dfimpresa dai commercianti, dagli
artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti
114
gestioni dellfINPS. Restano, pertanto, esclusi dallfapplicazione dellfart. 1, comma
208, della legge n. 662/1996 i rapporti di lavoro per i quali e obbligatoriamente
prevista lfiscrizione alla gestione previdenziale di cui allfart. 2, comma 26, della
legge 8 agosto 1995, n. 335h.
Nel descritto contesto si sono, dunque, pronunciate le Sezioni Unite civili della
Cassazione, con la sentenza Cass. n. 17076 dellf8 agosto 2011, optando
fermamente per lfeffettiva natura di norma di interpretazione autentica da
ascriversi alla disposizione di cui allfart. 12, comma 11, del n. 78 del 2010,
evidenziando come la norma di interpretazione di cui allfart. 12, comma 11, del d.l.
n. 78 del 2010 avrebbe ex post focalizzato lfattenzione su uno di tali significati
plausibili della disposizione originaria
Le Sezioni Unite sottolineando lo stesso fondamento costituzionale (art. 70
Cost.) della funzione legislativa di interpretazione autentica, distingue tra
disposizione di interpretazione autentica e disposizione innovativa con efficacia
retroattiva, la dove la gprima assegna alla disposizione interpretata un significato
plausibile che gia potenzialmente conteneva questfultima; la seconda invece la
modifica e cio fa con efficacia retroattivah. Sicche, la norma interpretativa (che sia
davvero tale) non puo che rimanere dentro la cornice della norma interpretata e
gnon puo fare de albo nigrum perche cio rientra nellfalveo dellfordinario potere
normativo a carattere innovativo anche con efficacia retroattivah.
Secondo tale impostazione, che mi pare del tutto condivisibile, manca la
lesione del principio del giusto processo ex art. 6 CEDU - perche la regula juris
che il giudice, in quanto soggetto alla legge, e chiamato ad applicare nel significato
espresso dalla disposizione di interpretazione autentica era fin dallfinizio
ricompresa nellfintervallo dei significati plausibili che potenzialmente esprimeva la
disposizione interpretata.
Sulla questione si e appena pronunciata la Corte costituzionale, in relazione al
preteso contrasto dellfart. 12, comma 11, del d.l. n. 78 del 2010, con lfart. 117,
primo comma, Cost. e, per suo tramite, con la norma interposta dellfart. 6 CEDU,
su questione sollevata con ordinanza del 22 novembre 2010 della Corte di appello
di Genova. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 15 del 26 gennaio 2012,
ha dichiarato non fondata la questione. Sul punto che qui interessa, relativo al
dedotto contrasto della normativa nazionale con lfart. 6 della Convenzione EDU, la
Corte costituzionale ha motivato richiamando letteralmente le proprie
considerazioni gia espresse nella propria sentenza n. 257 del 2011, osservando che
la Corte di Strasburgo, pur censurando in numerose occasioni indebite ingerenze
del potere legislativo degli Stati sullfamministrazione della giustizia non ha inteso
enunciare un divieto assoluto dfingerenza del legislatore e, sussiste uno spazio, sia
pur delimitato, per un intervento del legislatore con efficacia retroattiva (fermi i
limiti di cui allfart. 25 Cost.), se giustificato da ámotivi imperativi di interesse
generaleâ che gspetta innanzitutto al legislatore nazionale e alla Corte
costituzionale valutare, con riferimento a principi, diritti e beni di rilievo
115
costituzionali, nellfambito del margine di apprezzamento riconosciuto dalla
Convenzione europea ai singoli ordinamenti statalih.
La Corte rileva che nella fattispecie, la norma censurata si e limitata ad enucleare
una delle possibili opzioni ermeneutiche dellforiginario testo normativo, peraltro
gia fatta propria da parte consistente della giurisprudenza di merito; il contrasto
insorto sul tema e stato esaminato anche dalla Corte di cassazione che, secondo
lforientamento piu recente (Cassazione, sezioni unite, sentenza 24 maggio 2011, n.
17076), si e uniformata alla soluzione prescelta dal legislatore; tale soluzione ha
superato una situazione di oggettiva incertezza, contribuendo cosi a realizzare
principi dfindubbio interesse generale e di rilievo costituzionale, quali sono la
certezza del diritto e lfeguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
Conclusivamente, la Corte nota che, se poi il perseguimento di tali risultati abbia
avuto riflessi anche sul gettito contributivo dellfINPS costituisce circostanza
indiretta e di mero fatto, non idonea ad incidere sulla legittimita dellfintervento
legislativo.
Infine, tra i casi difficili di dialogo tra le Corti riporto quello definito dalla
pronunzia del 20 settembre 2011 della seconda sezione della Corte di Strasburgo
sul caso Ullens de Schooten e Rezabek c. Belgio , ove si trattava infatti di stabilire
se il mancato esperimento del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia da parte
dei giudici di ultima istanza (Corte di Cassazione e Consiglio di Stato) potesse
comportare una violazione dellfart. 6 ˜ 1 della CEDU.
La Corte di Strasburgo nella circostanza lo nega, rilevando il carattere non assoluto
dellfobbligo di rinvio, secondo le indicazioni date dalla Corte di Lussemburgo nel
noto caso Cilfit dellf81, sempre che il giudice nazionale motivi adeguatamente
sull'assenza delle ragioni del rinvio. In particolare, secondo tale giurisprudenza,
lfobbligo del rinvio pregiudiziale non sussiste ove la questione non e rilevante,
oppure ove la disposizione di diritto comunitario in questione e gia stata
interpretata dalla Corte di giustizia o infine nel caso in cui l'applicazione corretta
del diritto comunitario si impone con tale evidenza da non lasciare spazio a dubbi
ragionevoli. La seconda sezione della Corte EDU ha inoltre precisato in sentenza
che, in caso di rivendicazione di violazione dell'articolo 6 ˜ 1, il compito della
Corte e quello di verificare che la decisione interna sia adeguatamente motivata. Se
tale verifica deve essere rigorosa, peraltro, non ef compito della Corte di conoscere
di eventuali errori posti in essere dai giudici nazionali nellfinterpretazione delle
norme di diritto applicabili.
116
La dottrina, pur ribadendo che la Corte EDU ben si puo pronunciare sul diritto
comunitario, ha pero sottolineato la singolarita gdi questa sorta di negotiorum
gestio, di cui la Corte di Strasburgo ha ritenuto di doversi fare carico per il fatto di
essere stata chiamata a pronunziarsi in merito ad una presunta violazione della
Convenzione perpetrata per il tramite di una violazione del diritto eurounitario.
Questfultimo insomma . potrebbe dirsi con un linguaggio a noi familiare . e il
tertium comparationis o, forse meglio, la fonte interposta che da corpo al
parametro convenzionale, che da essa interamente si tiene ed alimenta al momento
del riscontro della sua validitah125.
L'Autore126 conclude sottolineando l'esigenza di riequilibrare i rapporti tra le Corti
europee, sicche, con la sola eccezione di macroscopiche violazioni del diritto
dellfUnione che automaticamente ridondino in violazioni convenzionali, per le
quali dunque possa giustificarsi lfappello diretto al giudice di Strasburgo, la regola
dovrebbe essere quella di tenere distinti i canali di gdialogoh tra i giudici nazionali
da un lato, questa o quella Corte europea dallfaltro.
FRANCESCO BUFFA
125 RUGGERI A., Rinvio pregiudiziale mancato e (im)possibile violazione della CEDU (a
margine del caso Ullens de Schooten e Rezabek c. Belgio), in www.forumcostituzionale.it, 2011,
4.
126 Id., ibidem, 2011, 7.